Prendersi cura di persone con varie forme di demenza

Contesto : lo stress di chi si prende cura di una persona con demenza è l’esito negativo di un processo che coinvolge la valutazione della valenza e significatività personale degli stressors

11 NOV 2015 · Tempo di lettura: min.
Prendersi cura di persone con varie forme di demenza

Alcuni fattori del caregiver, all'interno del processo di stress, hanno il ruolo di influenzare la percezione e la valutazione soggettiva dell'onere del caregiving.

In primo luogo, la motivazione interna del caregiver e la qualità della relazione con la persona bisognosa di assistenza e cura influenzano positivamente la considerazione complessiva dello stress legato al caregiving: se nella coppia maggiori sono la comunicazione, l'intimità, la similarità dei punti di vista, l'armonia, la condivisione e se il prendersi cura di una persona con demenza è un modo per rispondere ai propri bisogni e desideri, i caregivers non percepiscono e non valutano gravoso l'onere del caregiving (Quinn et al., 2012a).

In secondo luogo, nell'esperienza del caregiving, alcune risorse interne come l'autoefficacia, il coping e alcune caratteristiche della personalità assumono anch'esse lo stesso ruolo. Diversi studi concordano nel dimostrare che la stabilità emotiva del caregiver influenza positivamente la sua valutazione dello stress legato al proprio ruolo e al proprio impegno (González-Abraldes et al., 2012; Gallagher et al., 2011; Melo et al., 2011; Campbell et al., 2008; Helmes et al., 2005). Ancora, i caregivers che si aspettano di poter esercitare un controllo sui problemi (locus of control), di dimostrarsi efficaci nell'affrontare le situazioni stressanti in generale (self-efficacy) e, nello specifico, nella gestione dei disturbi comportamentali della persona con demenza (caregiving self-efficacy), considerano meno gravoso l'onere del caregiving (Contador et al., 2012; Gallagher et al., 2011).

Sempre in base ai risultati della ricerca di Gallagher et al. (2011), i caregivers che si caratterizzano per l'aspettativa di dimostrarsi efficaci nella gestione dei disturbi comportamentali della persona con demenza, quando il quadro clinico è più grave, valutano meno stressante il proprio ruolo e il proprio impegno nel caregiving. Tuttavia, nello studio di Romero-Moreno et al. (2011), il ruolo moderatore dello stesso tipo di autoefficacia non è significativo. Dal punto di vista delle strategie di coping, la capacità di assumere un punto di vista positivo, attivo ma anche funzionale nel fronteggiare le difficoltà del caregiving, influisce sulla valutazione soggettiva negativa iniziale delle stesse (Papastavrou et al., 2007; Andrén & Elmstǻl, 2008).

Coerentemente, l'individuazione di aspetti positivi nel caregiving influenza la percezione e la valutazione dello stress che comporta il prendersi cura di una persona con demenza: la capacità del caregiver di trovare fonti di soddisfazione e di significato positivo nel caregiving gli consentono di considerare meno gravoso l'onere percepito nel proprio ruolo e nel proprio impegno (Quinn et al., 2012a; McLennon et al., 2011).

Negli studi individuati, diversi fattori influenzano la salute mentale e fisica del caregiver. Tra questi, alcuni sono già stati citati quali fattori influenzanti la valutazione dello stress legato al caregiving: la motivazione interna del caregiver (Romero-Moreno et al., 2011), la sua stabilità emotiva (González-Abraldes et al., 2012; Gallagher et al., 2011; Melo et al., 2011) e la qualità della sua relazione con la persona di cui si prende cura (Fauth et al., 2012) riducono la sua sintomatologia depressiva. Anche le già citate risorse cognitive, emotive e comportamentali migliorano la condizione psicologica di chi si prende cura di una persona con demenza: i caregivers che si aspettano di dimostrarsi efficaci nella gestione dei disturbi comportamentali della persona con demenza e dei propri pensieri disfunzionali, attivati dalle difficoltà del caregiving, presentano meno sintomi depressivi (Rabinowitz et al., 2009; Gilliam et al., 2006). Mentre Gallagher et al. (2011) e Rabinowitz et al., (2009) dimostrano che questo specifico tipo di autoefficacia modera la presenza di sintomi depressivi nel caregiver, anche quando il quadro clinico è grave, i risultati dello studio di Gilliam et al. (2006) non sono significativi.

Infine, l'autoefficacia del caregiver nella gestione dei propri pensieri disfunzionali modera l'effetto della valutazione soggettiva dello stress legato al proprio ruolo e al proprio impegno nel caregiving sulla propria condizione depressiva (Romero-Moreno et al., 2011): i caregivers che si aspettano di svolgere più efficacemente il proprio ruolo, pur considerandolo altamente gravoso, presentano meno sintomi depressivi.

Anche il senso di padronanza generale non influenza la valutazione soggettiva dello stress legato al caregiving, né l'effetto dello stress soggettivo (Helmes et al., 2005; Pioli, 2011). Essa risulta piuttosto moderare l'impatto dello stress oggettivo, legato all'impegno di per sé nel caregiving, sugli esiti negativi per la salute del caregiver (Roepke et al., 2009). Invece, il senso di competenza (Harris et al., 2011) e le credenze relative alle possibilità di gestire e controllare gli aspetti specifici del caregiving (Pioli, 2011) moderano l'effetto dello stress soggettivo legato alla considerazione negativa del proprio ruolo di caregiver (onere e senso di prigionia percepiti) e dei propri compiti (assistenza e gestione del comportamento del paziente).

La riconsiderazione positiva, insieme al problem-solving e alla richiesta di supporto sia sociale che religioso, contrariamente alle strategie di coping evitanti come il diniego, la distrazione, il distacco comportamentale e il pensiero illusorio, sono le strategie di coping focalizzate sulla gestione del distress emotivo più efficaci a ridurre il rischio di una salute mentale compromessa. (Gallagher et al., 2011; Papastovrou et al., 2011; Cooper et al., 2008). Anche gli aspetti positivi del caregiving predicono gli esiti negativi sulla salute mentale del caregiver: l'individuazione di fonti di soddisfazione e di significato riducono la presenza di sintomi a livello mentale, emotivo, fisico e sociale (McLennon et al., 2011; Hilgeman et al., 2007).

Dai risultati della rassegna, emergono dunque diversi fattori, già considerati da Sörensen et al. (2006), che mediano la valutazione soggettiva degli stressors primari e secondari del caregiving: quando il prendersi cura di una persona con demenza è di per sé un bisogno e un desiderio del caregiver, vissuto nel contesto di una relazione affettiva significativa, l'onere, l'impegno e le difficoltà sembrano passare in secondo piano. Alla luce di quanto teorizzano Folkman & Lazarus (1985), la motivazione interna e la qualità della relazione con il paziente (Quinn et al., 2012a) consentono al caregiver di considerare (primary appraisal; Lazarus & Folkman, 1984) il caregiving non un danno o una minaccia, bensì una prova da affrontare, promuovendo così emozioni positive che rinforzano il coping e alleviano il distress emotivo (Folkman, 1997).

La stabilità emotiva del caregiver (González-Abraldes et al., 2012; Gallagher et al., 2011; Melo et al., 2011; Campbell et al., 2008; Helmes et al., 2005), le sue aspettative di controllo e di efficacia (Contador et al., 2012; Gallagher et al., 2011) e il suo approccio positivo e attivo nel fronteggiamento dei problemi (Papastavrou et al., 2007; Andrén & Elmstǻl, 2008) potrebbero invece influenzare la considerazione dello stress legato al caregiving attraverso una valutazione positiva delle risorse a disposizione (secondary appraisal; Lazarus & Folkman, 1984).

La rassegna ha inoltre messo in evidenza fattori, come sostengono Sörensen et al. (2006), in grado di moderare in gran parte gli esiti negativi (negative outcomes) del caregiving. Probabilmente, la riduzione dei sintomi depressivi e del distress in generale è legata alla loro promozione di emozioni positive (Folkman, 1997): soddisfare i propri bisogni ed esaudire i propri desideri per mezzo del caregiving (Romero-Moreno et al., 2011), vivere una relazione affettiva appagante con la persona di cui ci si prende cura (Fauth et al., 2012), dimostrarsi stabili da un punto di vista emotivo (González-Abraldes et al., 2012; Gallagher et al., 2011; Melo et al., 2011) e cognitivo (Pioli, 2011), competenti (Harris et al., 2011), efficaci (Rabinowitz et al., 2009; Gilliam et al., 2006) e sostenuti, socialmente e moralmente e (Gallagher et al., 2011; Papastovrou et al., 2011; Cooper et al., 2008).

In base agli studi considerati dalla rassegna emergono diversi fattori in grado di consentire un'esperienza più positiva nel prendersi cura di una persona con demenza. In primo luogo, alcuni aspetti sono ascrivibili alla cura della persona piuttosto che del disturbo che l'affligge: i caregivers più soddisfatti si caratterizzano per l'altruismo e la premurosità (Koerner et al., 2009) e si distinguono per l'adeguatezza e competenza nel proprio ruolo, che risulta dalla loro considerazione speciale del paziente e dalla capacità di trasmettergli rispetto e amore (Quinn et a., 2012b; Harris et al., 2011). Inoltre, sono soddisfatti perché il caregiving diventa una possibilità per esprimere il proprio amore, esperire il senso di reciprocità nella relazione con la persona cara e sono appagati dal riuscire a donare aiuto, cura, piacere, felicità e dignità (Andrén & Elmstǻl, 2005). In secondo luogo, altri aspetti sono ascrivibili alla possibilità di valutare o riconsiderare positivamente il caregiving e il senso del proprio ruolo. Attraverso la spiritualità (Hodge & Sun, 2012; Quinn et al., 2012b) i caregivers dispongono di un disegno più generale che orienta la proprie vite e di un contesto che attribuisce un significato trascendente alle tante difficoltà incontrate nel prendersi cura di una persona con demenza. Infine, l'aspettativa di risultare efficaci nel proprio ruolo di caregivers (Semiatin et al., 2012), oltre ad essere gratificante di per sé, permette di vivere più liberamente la relazione con il paziente e consente di individuare e apprezzare gli aspetti positivi dell'esperienza del caregiving.

Conclusione

La presente rassegna evidenzia che alcuni fattori mediano lo stress e moderano i sintomi psicologici del caregiver che si prende cura di una persona con demenza. Altri fattori sono invece in grado di promuovere il caregiving da onere, impegno e distress a esperienza di crescita personale e di relazione gratificante e appagante. Gli aspetti positivi nel caregiving solo recentemente sono diventati oggetto di studio e, ancora più innovativa, rispetto alla ricerca sugli aspetti di resilienza del caregiver, è l'esplorazione e l'analisi dei fattori che favoriscono la soddisfazione e la ricerca di significato nel prendersi cura di una persona con demenza. Altrettanto innovativo, a partire da queste evidenze scientifiche, sarebbe un modello di intervento sul caregiving che avesse come obiettivo la costruzione nuove risorse interne a disposizione dei caregivers.

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Scritto da

Dott. Federico Fontana

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