La funzione materna e paterna adleriana: Significato all'interno del contesto terapeutico

La Psicologia Individuale adleriana, terapia psicodinamica del profondo con trasversalità d’interessi pedagogici, sociali e terapeutici, si spinge in un’analisi della complessità della persona partendo dall’incontro delle figure di accudimento di base: madre e padre.

10 NOV 2023 · Tempo di lettura: min.
La funzione materna e paterna adleriana: Significato all'interno del contesto terapeutico

Materno e paterno possono essere identificati come due stili comportamentali complementari, ma soprattutto sono due dimensioni, due atteggiamenti che coesistono nell'essere. Oggigiorno, con tutte le trasformazioni ed i cambiamenti che ha assunto il concetto di famiglia e di genitorialità, è più difficile rispetto al passato identificare una vera e propria suddivisione della funzione materna e paterna tra le figure genitoriali; al contrario, esse si integrano in una nuova modalità condivisa dalla coppia genitoriale, che non si basa più su ruoli di genere rigidamente definiti, ma piuttosto sulla funzione che ciascun genitore può e deve assumere all'interno della sua famiglia. Si può quindi affermare come il codice materno e paterno si siano staccati da una prerogativa più individuale e univoca dell'uno o dell'altro genitore, per assumere sempre di più una direzione di interscambiabilità, lasciando spazio alla creazione di un contesto di cura responsabile.

Il ruolo di madre e padre secondo Adler

Per Adler, la madre rappresenta per il figlio il primo contatto con un altro essere umano, l'origine dell'interesse per qualcuno diversi da sé: l'autore la definisce infatti come "il suo primo ponte con la vita sociale".

"La madre rappresenta la più grande esperienza di amore e di amicizia che il bambino abbia mai avuto. [...] gradualmente, ella trasforma l'amore e la dipendenza che legano a lei il bambino in un atteggiamento benevolo, fiducioso e responsabile verso la società e l'ambiente". Il bambino, quindi, fa esperienza di una parte relazionale esprimendo il suo bisogno primario e vitale di essere coccolato, abbracciato e rassicurato, cioè quello che viene identificato come bisogno di tenerezza primaria, il quale "fa parte delle sue aspirazioni sociali innate, base e condizione necessarie della sua «educabilità»".

Esso risulta proprio essere quell'innata richiesta del bambino di ricevere affetto, cura, amore, all'interno di un contesto di attenzione e di scambio reciproco con la sua figura di riferimento. È proprio l'attenzione e l'accettazione materna a diventare per il bambino il luogo psicologico, emotivo e sensoriale su cui poter costruire le diverse parti di sé. Tutto questo suo sentire e interpretare le esperienze della vita passano attraverso la madre, che assume su di sé il ruolo di prima e vera educatrice alla compartecipazione e al sentimento sociale. Il passaggio successivo è poi quello di far entrare nella vita del bambino il secondo importante Altro della sua esistenza: il padre.

"Il ruolo del padre nella vita familiare è importante come quello della madre. In principio i suoi rapporti con il bambino sono meno intimi, ed è solo in seguito che diviene efficace la sua influenza. […] Egli (il padre) deve dimostrarsi un buon compagno con la moglie, con i suoi figli e con la società; deve affrontare in modo corretto i tre problemi della vita (occupazione, amicizia, amore); e deve cooperare con la moglie, su un piano di parità. Non dovrebbe mai dimenticare che il ruolo della donna nella creazione della vita familiare non può mai essere superato, e che quindi il suo compito non è quello di detronizzare la madre, ma quello di lavorare con lei".

L'essenza stessa del padre è determinata da alcuni aspetti strutturali che la determinano. Primo fra tutti è che la paternità non può prescindere dalla maternità; in seconda battuta, Ghidoni afferma: "La paternità ha senso nella prospettiva dell'ampliamento ed esplicazione del sentimento sociale; la sua missione non è solo familiare, ma comunitaria ed etica, meglio, la paternità è etica".

Per quella che è la nostra tradizione culturale, oggigiorno è ancora molto difficile riuscire ad abbandonare una visione autoritaria verticale determinata dalla figura paterna e/o maschile. Nel contesto contemporaneo, però, le più recenti trasformazioni storiche e sociali hanno portato ad una vera e propria ridefinizione creativa delle possibilità del padre, che per quasi tutto il secolo precedente si è sentito come disgiunto dai suoi modelli di gestione familiare del passato, senza però intravedere una nuova e più confidente dimensione per il presente e che fosse di ispirazione per le generazioni che verranno. È il momento, per il padre, di ripartire da sé, poiché "non può dimenticare quello (il ruolo) psicologico e sociale di formare, educare alla relazione i figli. Non solo è primaria la dimensione generativa, ma altrettanto fondamentale è la capacità di creare simboli e attraverso questi porsi".

Per fare ciò, come poi aggiunge Lancini, è necessario che la funzione paterna, oltre a spingersi in modo più vigoroso verso il polo affettivo ed emotivo, abbia tra i suoi compiti quello di testimoniare che i momenti di difficoltà e di crisi fanno sì parte della vita, in un modo anche imprescindibili, ma che gli stessi devono essere affrontati come un passaggio verso la piena costruzione del Sé identitario, quindi come passaggio evolutivo ed esistenziale fondamentale per la strutturazione della propria personalità.

Ghidoni, infine, evidenzia che "Adler assegna al padre il compito di operare nell'interno della famiglia lo sviluppo del senso comune come collante della collettività. Fondamentale sarà per il bambino l'attivazione del linguaggio per approdare alla capacità di essere critici, di valutare, di elaborare concetti per attuare il piacere del confronto senza il quale non sono possibili la tolleranza e la democrazia". Così facendo, la funzione paterna concede anch'essa al figlio, in continuità e grazie alla cooperazione con il mandato materno, la possibilità di strutturarsi e di crescere nel presente e nel futuro, ampliando il suo sentimento sociale.

Volontà di potenza e sentimento sociale: le due istanze fondamentali

"Secondo la Psicologia Individuale, il pensare, l'agire, il provare affetti ed emozioni sono guidati, nell'uomo, da due istante innate basilari: la volontà di potenza e il sentimento sociale".

Per Parenti con Volontà di Potenza si intende: "l'energia che indirizza l'uomo, a livello conscio e inconscio, verso finalità di elevazione, di affermazione personale, di competizione o almeno di autoprotezione e di sopravvivenza". Adler scrive che questa istanza fondamentale "non è altro che una particolare forza di compensazione, con l'aiuto della quale l'uomo tenta di porre riparo al suo sentimento di malsicurezza intima", sentimento il quale viene sperimentato da ciascun individuo dal momento della sua nascita. La volontà di potenza permette quindi di maturare come tentare di superare questa limitazione. Quindi, questa spinta da uno stato di minus ad uno di plus risulta essere un desiderio innato che l'individuo sperimenta nel tentativo di superare il proprio sentimento di inferiorità.

Ne "Il temperamento nervoso", Adler delinea alcune caratteristiche e peculiarità del concetto di volontà di potenza, definendola come "desiderio di elevarsi, di esaltare il sentimento di personalità, desiderio spesso potente, anzi irresistibile". In particolare, "tanto sul piano individuale che sul piano dell'evoluzione, la volontà di potenza è certamente da considerare come uno dei fattori peculiari dell'esistenza umana; ad essa si deve innegabilmente attribuire la capacità della specie uomo di prevalere sull'ambiente".

Infine, Pier Luigi Pagani spiega "per un'ottimale stabilità psichica, l'impulso energetico della volontà di potenza deve confrontarsi costantemente con il bisogno fondamentale dell'uomo di cooperare con i propri simili e di compartecipare solidamente alle loro emozioni. Infatti, per noi adleriani, l'autentico stato di salute mentale corrisponde al pieno equilibrio e all'interazione armonica fra volontà di potenza e sentimento sociale".

"Il termine «sentimento sociale» indica un'attitudine innata attraverso la quale un individuo diviene sensibile alla realtà, che, fondamentalmente, è la situazione sociale".

Funzione materna tardiva nella terapia del profondo

All'interno dell'evolversi del pensiero di Adler, questa spinta non riguarda più solo ciò che può controbilanciare la volontà di potenza, ma è proprio ciò che permette la costruzione dello stile di vita sul lato utile dell'esistenza. È grazie alla necessità degli individui di riunirsi in gruppi e di organizzarsi collaborando che è possibile la sopravvivenza e un adattamento favorevole allo sviluppo umano. Questa potenzialità relazionale espressa nella necessità di collaborazione nasce già con il bambino. In una prima fase della vita, è proprio la madre ad accogliere questo primo bisogno di affetto che, se ben coltivato, permette lo sviluppo di competenze sociali e relazionali partendo dalla predisposizione adleriana definita senso sociale. A partire, quindi, da quest'ultimo "si consoliderà il sentimento sociale che andrà via via affinandosi nel bambino più cresciuto, parallelamente all'autocontrollo, all'evoluzione somatopsichica, allo sviluppo cognitivo e, soprattutto al graduale potenziamento della sfera affettiva".

La Volontà di Potenza ed il Sentimento Sociale, in quanto istanze fondamentali, non possono essere concepite come separate o disgiunte, in quanto è la loro continua commistione che produce nell'uomo il soddisfacimento dei suoi bisogni primari di autoaffermazione e di socialità-relazionalità. Esse, quindi, si dispiegano in modo armonico all'interno del comportamento umano. Laddove possa esserci uno squilibrio tra queste due istanze si vengono a creare delle situazioni patologiche o comunque devianti: la carenza di sentimento sociale provoca l'adozione di una finzione rafforzata e crea una distanza dal contesto sociale e dalla realtà; se invece il sentimento sociale risulta essere ben sviluppato, ecco allora che la volontà di potenza lavora affinché si verifichi una compensazione del sentimento di inferiorità, fino a renderlo uno stimolo che spinge il soggetto verse mete di realizzazione autentica.

Funzione materna tardiva nella terapia del profondo

"Un trattamento adleriano costituisce nella sua essenza un evento «ontologico», che coinvolge necessariamente «due persone» in un percorso comune che incide sul vissuto esistenziale sia del terapeuta che del paziente". Come scrive Ghidoni: "La stanza d'analisi adleriana è abitata da persone animate da un unico obiettivo: creare e vivere una relazione", poiché "il trattamento psicoterapeutico è un esercizio e una prova di cooperazione e può concludersi positivamente solo se c'è un sincero interesse per gli altri". Il compito primo e fondamentale del terapeuta adleriano risulta quindi essere quello di risvegliare il sentimento sociale del paziente, e per fare ciò si serve del processo d'incoraggiamento empatico che lo porta ad "avere la capacità di vedere con gli occhi e di ascoltare con le orecchie dei nostri pazienti, avvalendoci del loro contributo per una comprensione comune".

Il setting della individualpsicologia è costruito in un'ottica interpersonale, in quanto diventa il luogo, fisico e mentale, in cui la coppia analitica creativamente si incontra e si scontra per evolvere all'interno di dinamismi emotivo-affettivi che implicano l'intrecciarsi di due stili di vita, quello del terapeuta e quello del paziente appunto. "La diade analista-paziente nel rapporto terapeutico richiama facilmente la diade originaria madre-bambino: l'attività interpretativa e l'offerta emotiva compartecipe all'interno dell'ambiente di sostegno sono confrontabili, infatti, con l'esperienza nutritiva infantile i cui massimi benefici si traggono a condizione che essa si svolga in un ambiente calmo, amorevole, tranquillizzante".

Per Adler, quindi, l'incontro analitico porta il terapeuta ad assumere, nei confronti del suo paziente, una funzione materna tardiva, che, tramite il processo di incoraggiamento empatico, "consente al paziente di esprimere in piena libertà il proprio stile di vita con la garanzia di essere contenuto e capito". Laddove ciò che appartiene al materno permette all'individuo di sentirsi accolto, ciò che appartiene al paterno riguarda una circolare evoluzione creativa ed intersoggettiva: "la paternità sana è la realizzazione del sentire di un figlio o di un paziente che appartiene ad una comunità".

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Scritto da

Dott.ssa Chiara Rosellini

Bibliografia

  • Adler, A. (1912), Il temperamento nervoso, Astrolabio, Roma 1971.
  • Adler, A., (1908), tr. it. (2006), Il bisogno di tenerezza del bambino, Riv. Psicol. Indiv., 59: 7-15.
  • Adler, A., (1931), Cosa la vita dovrebbe significare per voi, Newton Compton, Roma 1994.
  • Ansbacher, H. L., Ansbacher, R. R., (1956), La Psicologia Individuale di Alfred Adler, Martinelli, Firenze, 1997.
  • Ferrigno, G., (2001), L'analisi e la psicoterapia psicodinamica secondo il modello adleriano, Riv. Psicol. Indiv., 49: 15-27.
  • Ghidoni, C., (2006), Il paterno adleriano, Riv. Psicol. Indiv., 60: 37-61.
  • Lancini, M., (2023), Sii te stesso a modo mio. Essere adolescenti nell'epoca della fragilità adulta, Raffaello Cortina Editore.
  • Pagani, P. L., (2003) Dal bisogno primordiale alle istanze differenziate: dal "senso sociale" al "sentimento sociale", Riv. Psicol. Indiv., 53: 25-29.
  • Pagani, P. L., (2006) Dalla pulsione aggressiva al sentimento sociale: sulle tracce del pensiero di Adler, Riv. Psicol. Indiv., 60: 5-36.

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