I disturbi alimentari nelle donne
La società odierna afferma la centralità dell'immagine perfetta del corpo femminile: ciò influenza negativamente le persone affette da disagi alimentari.
La società odierna sancisce la centralità dell'immagine perfetta del corpo femminile. È necessario essere giovani, perfetti, magri. Il corpo della donna, in primo piano, rappresenta un oggetto di consumo istantaneo ed immediato. Il femminile si ritrova cosi incastrato in modelli imposti socialmente artificiali ed innaturali.
L'autostima personale ne risente in quanto continuamente bersagliata da miti irrangiungibili, dalla paura del giudizio degli altri, dal peso dei sensi di colpa. Queste pressioni sociali tendono ad influenzare maggiormente le donne affette da disagi alimentari le quali cercano inutilmente di stare al passo con ideali impossibili da perseguire. Occorre precisare che i disagi dell'alimentazione hanno un'eziologia complessa e multifattoriale, in essi concorrono variabili personali, relazionali, familiari e sociali.
Attualmente tali difficoltà alimentari sono piuttosto diffuse, si fa riferimento alle classiche categorie diagnostiche quali anoressia, bulimia, binge eating. Esistono ovviamente all'interno di tali categorie delle difficoltà intermedie che creano comunque disagio nella persona. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità queste problematiche sono trattabili, l'efficacia terapeutica è realizzata quando i soggetti non attuano comportamenti di controllo, seguono un'alimentazione mediamente equilibrata ed hanno relazioni sociali soddisfacenti. Le recidive sono piuttosto frequenti cosi come le resistenze al trattamento, è opportuno allora intervenire precocemente senza attendere che il disturbo si cronicizzi.
Nello specifico nell'anoressia occorre superare la rigidità del controllo ossessivo sul cibo utilizzato come strumento di difesa per sopravvivere alle minacce interne. Nel percorso psicologico tra l'altro bisogna esplorare le emozioni antiche e recenti come la tristezza, la rabbia, la delusione, il disgusto.
Nella bulimia si trovano tante emozioni inespresse, si accumula allora nel tempo rabbia, tristezza, umiliazione e vergogna. La donna, nello specifico, ha un grande bisogno di riconoscimento e di accettazione. Per stare meglio è auspicabile perdonare se stessi e riconoscere di avere un valore. Occorre autorizzarsi a piangere, ogni lacrima è un'emozione taciuta.
Esempi di pensieri disfunzionali da modificare nel trattamento
- mi sento in colpa, provo vergogna;
- il cibo è il mio nemico;
- sono furiosa con me stessa;
- mi odio a tal punto che mi faccio del male;
- non ho fiducia negli altri, mi sento sola.
Pensieri funzionali alternativi
- voglio essere vista per quello che sono in realtà;
- ho un valore e mi accetto incondizionatamente;
- il cibo è un piacere da condividere;
- nella relazione esprimo quello che sento emotivamente;
- ho diritto ad essere felice senza timori e paure.
«Per essere felici bisogna eliminare due cose: il timore di un male futuro e il ricordo di un male passato; questo non ci riguarda più, quello non ci riguarda ancora», Seneca.
Bibliografia di riferimento
- Psicoterapia dell'anoressia e della bulimia di Aquilar, Del Castello, Esposito Franco Angeli
- Al di la' dell'amore e dell'odio per il cibo G. Nardone BUR rizzoli
Articolo della dottoressa Donatella Costa, iscritta all'Albo degli Psicologi della regione Lombardia
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