13 OTT 2015
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Buonasera Luca, se fossi in lei non mi curerei troppo della frase: anche una locuzione del tipo "penso, dunque sono", estrapolata dal contesto, può voler dire tutto e quasi niente. Inoltre, a me sembra che lei si stia più concentrando (ma questo lo posso evincere solo dalle due righe che ha scritto, dunque qui sì che sono quasi un astro-carto-numerologo) più sull'esterno che sull'interno. Da importanza ai messaggi freddi della partner (siamo sicuri che sia già etichettabile come "ex"?) ed alla frase ad effetto scippata a chissà quale autore, ma a se stesso ci pensa oppure è un dettaglio? Ed eventualmente lo facesse, come lo fa? Rimuginando sui ricordi, su cosa di diverso avrebbe potuto fare? Etc., etc. Perciò, al momento, non le consiglierei una terapia, perché ancora troppo concentrato sulla sua partner o ex partner e, mia ipotesi, su un suo possibile (agognato?) ritorno. La terapia da uno psicologo per un sostegno, la consiglio quando avrà le idee un po più chiare e, forse, meno obnubilate, dalla sofferenza dell'abbandono. Qualche collega e lei stesso potrebbe dire: ma come, proprio adesso, durante la sofferenza dovrebbe essere il momento migliore per una terapia. Generalmente sono d'accordo ma, talvolta, si presentano situazioni (e questa mi sembra una di esse, ma posso chiaramente prendere un abbaglio) in cui tra evento doloroso e psicoterapia è meglio lasciar passare del tempo (comunque non tantissimo). Questo permette al paziente di essere un pochino più lucido nei suoi pensieri e descrizione dei vissuti emotivi passati e presenti e permette al terapeuta di assimilare maggiori informazioni utili piuttosto (ora parlo in generale) che avere di fronte una persona che, per la sofferenza, parla con "un'insalata di parole", piange spesso, ed è disperato. Come noterete, ho utilizzato esempi abbastanza al limite, solo per rendere l'idea. Sicuramente (o almeno lo spero) Luca, questi esempi,o almeno, non tutti, non credo facciano parte di lei, in questo momento; tuttavia, a mio sindacabile parere, forse è meglio aspettare prima di intraprendere un percorso che, in prima battuta, può e forse deve, causare dolore e sofferenza ed entrare all'interno dell'armatura che ciascuno di noi ha, per poter raggiungere l'obiettivo finale della sua gestione del lutto abbandonico e di, con l'aiuto del terapeuta, aumentare la qualità della sua vita, in questo ambito.
Buona fortuna,
dott. Massimo Bedetti,
Psicologo/Psicoterapeuta Costruttivista, Postrazionalista-Roma.