Amore nel disturbo di personalità ossessivo compulsiva

Inviata da Teresa · 7 dic 2017 Disturbo ossessivo compulsivo

Salve, mi chiamo Sara e ho 20 anni. Sono in terapia da un paio di mesi con una psicoterapeuta bravissima, ma mi sarebbe molto utile un confronto con altri esperti.
Sono andata in terapia per mia volontà, manifestando problemi di ansia e insonnia, e mi è stato riscontrato un disturbo di personalità ossessivo compulsiva, diagnosi con cui mi rispecchio molto bene. Sono (ma non è tanto sicuro) fidanzata da 6 anni, con un ragazzo che amo tantissimo e che mi ha sempre amata, rispettata e sostenuta in tutto. Sotto consiglio della terapeuta non ho parlato subito con lui della diagnosi, ero troppo spaventata dalla reazione che avrebbe avuto. Ultimamente sembrava stesse andando tutto bene, sia tra di noi che nella mia vita, iniziavo a vedere progressi con l'università e con le mie amicizie. Poi, circa una settimana fa, un fulmine a ciel sereno. Abbiamo avuto una brutta discussione ed è venuta fuori da parte sua una cosa che non avrei mai sospettato (perché lui ha avuto sempre problemi a dire chiaramente quello che pensa, quindi me l'ha tenuto nascosto per molti anni). Mi ha detto che, sin dai primi tempi in cui ci siamo fidanzati, lui ha iniziato sempre più ad alienarsi, a nascondere la sua vera essenza; ha smesso di essere se stesso e di essere spontaneo sotto tanti aspetti perché temeva una mia reazione negativa. Gli ho dato ragione, a causa del mio disturbo ho costantemente bisogno di mantenere il controllo su tutto, avevo tanta paura di perderlo avendo anche vissuto una situazione particolare in famiglia negli ultimi anni, per cui mi sono appoggiata totalmente a lui e ai suoi parenti. Non posso negare di essermi arrabbiata spesso ingiustamente con lui negli ultimi anni, ma non avendo pareri (medici) esterni non sapevo di essere dalla parte del torto e, a causa del suo silenzio, non sapevo quanto i miei comportamenti fossero nocivi per lui.
Lui era deciso a lasciarmi, era convinto che tra di noi le cose non avrebbero mai funzionato. Così mi sono vista costretta a confessargli del mio problema, spiegandogli in che modo questo si ritorceva nella nostra relazione. L'ho convinto ad assistere ad una mia seduta con la dottoressa ed in questa seduta lui si è sentito un po' meno spaventato dalla cosa, capendo che forse potevamo davvero farcela con un po' di impegno. Nei primi 3 giorni le cose sembravano andare davvero meglio, ci dicevamo di amarci, di mancarci, ci dicevamo che saremmo riusciti a superare tutto insieme (tutto questo solo tramite messaggi). Poi, come sempre nei momenti più belli della mia vita, si è infiltrato nuovamente il mio disturbo. Mi sono arrabbiata con lui perché non mi aveva chiesto scusa per una cosa che era successa, gli ho mandato un messaggio arrabbiatissimo proprio la sera prima di un suo esame importante (nonostante la dottoressa mi avesse vietato categoricamente di farlo). Ovviamente lui l'ha presa male. Proprio quando iniziava a vedere un cambiamento da parte mia si è trovato a fare i conti di nuovo con la mia parte ossessiva. Io nel frattempo ero molto nervosa. Purtroppo (sempre a causa del disturbo) sono portata a voler tutto e subito, senza aspettare un attimo. Quando ho visto che ci stavamo riprendendo mi sono subito illusa di averlo già convinto a tornare con me, di conseguenza sono ricominciate le mie pretese nei suoi confronti. Purtroppo sto lavorando molto su questo aspetto ma per me è davvero difficile controllare la rabbia, l'ansia, i pensieri ossessivi. Insomma dopo di ciò abbiamo avuto un altro confronto faccia a faccia in cui lui mi ha detto di non sentirsi pronto a salvare la nostra relazione. Gli ho chiesto di lasciarmi definitivamente allora, senza tornare mai più. Non ci è riuscito. Lo sa che tra noi ci sono state anche tante cose belle e non vuole rinunciarci. Io gli ho chiesto scusa per il mio comportamento ma ho cercato di fargli capire che non posso cambiare dall'oggi al domani, mi ci vorranno mesi se non anni. Allora abbiamo deciso di prenderci ancora un po’ di tempo da soli, senza sentirci. Glie l’ho proposto io, pensavo fosse la soluzione giusta. Ora però mi trovo qui, dopo neanche 24 ore dall’accaduto, a pensare che vorrei tanto sentirlo, vorrei tanto rassicurarlo ancora. Io gli ho proposto di stare una settimana separati (se devo aspettare ho bisogno di sapere quanto, è parte del disturbo), lui mi ha detto che invece vorrebbe stare almeno 2 settimane senza di me. Io non riesco ad accettarla questa cosa, non riesco ad aspettare, non riesco a vivere nell’incertezza di non sapere se resteremo insieme o se la finiremo definitivamente. Sto soffrendo tanto, l’appuntamento con la dottoressa è fra 8 giorni, fino ad allora non ho nessun altro con cui parlare perché nessun altro sa del mio disturbo. Io vorrei solo che lui mi sostenesse come ha sempre fatto, ma è tanto paralizzato dalla paura. Non avrei mai voluto tutto questo, sto davvero male. Non riesco a non pensarci e non riesco ad aspettare. Cosa dovrei fare?

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Miglior risposta 7 DIC 2017

Gentile Sara,
a mio parere la migliore cosa da fare per adesso è aspettare le 2 settimane che ti sono state richieste tenendo a freno la tua impazienza e sforzandoti di stare un poco con la tua ansia.
In effetti si ha l'impressione che tu voglia a volte usare il tuo disturbo come un lasciapassare per ottenere ciò che vuoi e/o essere sempre giustificata.
Questo atteggiamento non va bene e dovrebbe essere gradualmente ma decisamente modificato.
Per questo stesso motivo dovresti lasciarti guidare dalla tua terapeuta molto più di quanto fai, eseguire gli homework che ti assegna e non fare di testa tua.
Cordiali saluti.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).

Dott. Gennaro Fiore Psicologo a Quadrivio

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26 DIC 2018

Carissima,
penso che due settimane non siano poi tante a confronto di una. Se poi soffri troppo magari puoi contattare la tua terapeuta via telefono o email se ciò è tollerato dal contratto terapeutico.

Angelo Feggi

Dott. Angelo Feggi Psicologo a Genova

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10 DIC 2017

Buongiorno Sara,
nella sua storia, comprendo le difficoltà ad affrontare ciò che le sta accadendo, ma a volte ho avuto l'impressione nel leggere che ciò che le sta accadendo sia in qualche modo responsabilità di "altri"; il suo disturbo, il suo ragazzo, una tendenza a demandare e a spostare la responsabilità di tante cose. Credo possa essere utile un tempo di riflessione dove anche lei possa far i conti con la frustrazione del non sentire il suo fidanzato e dove poter cercare di comprendere il senso di tante cose. Continui il suo percorso in psicoterapia e cerchi, se le è possibile, di raccontare al suo terapeuta tutto ciò. Potrebbe esserle utile.
Una buona giornata
Francesco T.

Dott. Francesco Tesser Psicologo a Roncade

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8 DIC 2017

Buonasera Sara, tra le cose che ci ha riferito, personalmente, non ho capito quanto lei sia coinvolta, davvero, sentimentalmente con il suo partner. Dico "davvero" in quanto mi sembra che il suo disturbo (attenzione, un'etichetta diagnostica non equivale ad essere quell'etichetta, ma ad avere una sintomatologia molto condizionante su quel versante) faccia da filtro, e non potrebbe essere altrimenti, a ciò che lei sente nei confronti dell'Esterno (fidanzato ma, ipotesi, anche familiari, amici, etc.). Se non riesce a comprendere cosa prova, potrebbe farsi condizionare dall'Esterno, a prescindere da ciò che prova (visto che lo stato interno, ma siamo sempre su piani di ipotesi, sfugge), adottando comportamenti non coerenti con l'interno ed attivando feedback (informazioni che le ritornano, più o meno consciamente) che potrebbero essere vissuti in modo negativo. Naturalmente, quando lei dice di non riuscire a vivere nell'incertezza, questo potrebbe essere il nucleo (o uno dei nuclei) del disturbo ossessivo. Ovvero, tendere alla certezza, senza mai avere il senso di averla raggiunta, e vivendo in modo discrepante il momento presente incerto. Essendo il suo livello di sofferenza tale, la invito ad aderire, quanto più le sia possibile, alle indicazioni della collega, cercando di avere una sorta di "fiducia a prescindere" (visto anche che, da come ci ha detto, sembra ci sia una buonissima relazione terapeutica) sul lavoro clinico che state portando avanti. E, inoltre, anche se molto difficile, non si aspetti risultati immediati, perché ci vorrà un po' di tempo. In terapia, la fatica emotiva che si mette in gioco da molte possibilità di cambiamenti stabili.
Mi sembra che lei sia una persona con una buonissima capacità di introspezione ed analisi di ciò che le accade e queste sono risorse che sicuramente, in terapia, la aiuteranno a dare un senso ed una coerenza di significato (quindi la sua personale cornice interpretativa) al proprio mondo emotivo.
Buona fortuna,
dott. Massimo Bedetti
Psicologo/Psicoterapeuta
Costruttivista-Postrazionalista Roma

Dott. Massimo Bedetti Psicologo a Roma

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8 DIC 2017

Gentile Sara,
Mi sembra che due settimane sono uno spazio che lei può rispettare senza diventare oppressiva verso il suo ragazzo. Altrimenti rischia di ottenere l'effetto contrario cioè un allontanamento definitivo.
Cerchi di non nascondersi dietro la diagnosi per giustificare ogni mancanza, lei è comunque in grado di riparare per gli eventuali errori commessi. Cerchi di rimanere in un attesa costruttiva.
La continuazione del lavoro con la terapeuta le permetterà di rafforzarsi ed affrontare le maggiori criticità. Non abbia fretta!
Cari saluti
Dott.ssa Donatella Costa

Studio Psicologia e Benessere Psicologo a Rezzato

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