Tecniche di stabilizzazione con pazienti sopravvissuti al trauma

La stabilizzazione è il primo passaggio quando si ha a che fare col trauma. E' un momento della psicoterapia preliminare al procedere con l'elaborazione dei contenuti e dei ricordi traumatici.

10 NOV 2022 · Tempo di lettura: min.
Tecniche di stabilizzazione con pazienti sopravvissuti al trauma

Quando parliamo di trauma ci riferiamo ad una violenta ferita con il duplice significato sia di lacerazione che di effetti di tale shock sull'organismo.

Esperienze traumatiche diverse si associano a differenti probabilità di sviluppare un disturbo post traumatico perché le conseguenze sugli individui dipendono sia dal tipo che dalla gravità del trauma subito.Esistono infatti differenti esperienze potenzialmente traumatiche che può vivere un individuo nel corso della vita: ci sono "piccoli traumi" o "t", che sono esperienze soggettivamente disturbanti caratterizzate da una percezione di pericolo non particolarmente violento (ad esempio un'umiliazione o delle interazioni brusche con delle persone significative durante l'infanzia); ed esistono "grandi traumi" o "T", che sono quelli implicano un pericolo di morte o di minaccia dell'integrità fisica propria o delle persone care (ad esempio disastri naturali, abusi, incidenti etc.).

Nel DSM-5 per lo sviluppo di un PTSD (DSM-5; APA, 2013) è necessario:

– Criterio A: essere esposti in modo diretto o indiretto ad un trauma, come la morte reale o minacciata, una grave lesione, una violenza sessuale, oppure se a conoscenza di un evento traumatico violento o accidentale accaduto ad un familiare o ad un amico stretto

– Criterio B: intrusioni correlate all'evento traumatico come ricordi, sogni, flashback. Possono essere accompagnati da intensa o prolungata sofferenza psicologica e reattività a trigger che rimandano al trauma

– Criterio C: evitamento a seguito dell'esperienza traumatica degli stimoli ad essa associati, ossia fattori interni come ricordi, pensieri o sentimenti e fattori esterni come persone, luoghi, conversazioni, attività, oggetti e situazioni

– Criterio D: alterazioni negative di pensieri ed emozioni associate al trauma. Si può ad esempio manifestare amnesia per qualche aspetto importante dell'evento traumatico, sviluppare persistenti ed esagerate convinzioni, pensieri distorti o aspettative negative su se stessi, gli altri, o sul mondo. Si può inoltre vivere uno stato emotivo negativo e provare sentimenti continui di paura, rabbia, colpa o vergogna, si può sperimentare una marcata riduzione di interesse o adesione ad attività significative, mostrare vissuti di distacco o di estraneità verso gli altri o incapacità di provare emozioni positive come felicità, soddisfazione o sentimenti d'amore

– Criterio E: alterazioni significative dell'arousal e della reattività associati all'evento traumatico, come irritabilità ed esplosioni di rabbia, comportamento autodistruttivo, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme, problemi di concentrazione, difficoltà relative al sonno

– Criterio F: la durata dei sintomi è superiore ad un mese

– Criterio G: il disturbo causa un disagio clinicamente significativo o una compromissione del funzionamento psico-sociale

– Criterio H: il disturbo non è riconducibile agli effetti fisiologici di una sostanza (come farmaci o alcol) o ad altra condizione medica

A seguito di un evento traumatico, oltre a sviluppare un PTSD, si possono manifestare anche sintomi dissociativi di depersonalizzazione (il sentirsi distaccati da sé come essere un osservatore esterno al proprio corpo) e derealizzazione (il vivere esperienze di irrealtà).

LE TECNICHE DI STABILIZZAZIONE

La stabilizzazione è uno strumento utile per abbassare l'arousal e di conseguenza le condotte impulsive e autodistruttive di pazienti sopravvissuti a un trauma.

Sono necessarie nella prima fase del trattamento prima di procedere con la rielaborazione delle memorie traumatiche.

Addentrandosi nei diversi strumenti di stabilizzazione, esistono:

§L'approccio farmacologico, utile soprattutto nei casi più complessi;

§L'approccio relazionale/interpersonale, con tecniche di natura interpersonale come contatto fisico e compagnia, oppure il riuscire a mantenere stabili confini chiari e appropriati entro i quali l'individuo rispetta se stesso e l'altro;

§L'approccio autonomo/regolativo, utile per la persona per riuscire a gestire in autonomia i propri sintomi e le emozioni soverchianti. In questo approccio ad esempio troviamo strumenti utili come la psicoeducazione, gli esercizi di riorientamento, la mindfulness, il grounding, il respiro.

Nel dettaglio, la psicoeducazione è utile per normalizzare i sintomi e le reazioni del paziente spiegando all'individuo anche i meccanismi neurobiologici che vi sono alla base. Gli esercizi di riorientamento e di grounding invece sono utili per riportare il paziente nel qui ed ora quando si trovi al di fuori della finestra di tolleranza e vi siano sintomi dissociativi. Gli esercizi di centratura servono a recuperare il contatto con il proprio corpo e riprendere l'equilibrio.

Tra le tecniche di stabilizzazione troviamo anche quelle immaginative che servono al paziente per rientrare nella finestra di tolleranza e abbassare l'attivazione emotiva e fisiologica. Tra queste, una tecnica particolarmente utile è quella del "posto sicuro", che consiste nell'immaginare un posto in cui l'individuo si senta molto tranquillo, al sicuro e protetto.

Queste sono solo alcune tra le tecniche che il clinico può impiegare per stabilizzare i pazienti e per la cura del trauma, ma è indispensabile ricordare l'utilità di un approccio integrato di più strumenti che mantengano il paziente al centro dell'intervento terapeutico.

Bibliografia

Puliatti, M. (2017). La psicotraumatologia nella pratica clinica: interventi di stabilizzazione con adulti, bambini e adolescenti. Roma: Mimesis

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Scritto da

Centro di Psicologia e Psicoterapia Senago

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