«Sono stato bocciato!»: riflessioni sull’insuccesso scolastico

Breve riflessione sui rischi che nascono dal non saper elaborare il dolore dovuto a un insuccesso scolastico. Considerazioni per gli adolescenti e le loro famiglie.

21 GIU 2016 · Tempo di lettura: min.
«Sono stato bocciato!»: riflessioni sull’insuccesso scolastico

Un momento delicato che alcuni adolescenti possono vivere in questo periodo è quello legato alla bocciatura.

Purtroppo non sono rari i casi di gesti estremi ed esagerati, che coinvolgono tragicamente ragazzi, genitori e amici.

Di sicuro un momento difficile per le famiglie, da affrontare senza ricette precostituite valide per tutti, ma piuttosto calibrate a seconda delle diverse situazioni.

La prima cosa importante da fare è prendere tempo. Mai come nei casi difficili, quello che sembra insormontabile assume connotati meno drammatici con il passare di qualche giorno.

Normalmente si cerca un colpevole: il ragazzo, svogliato, che ha ottenuto quello che si meritava.

Gli insegnanti, che non hanno capito le difficoltà del ragazzo e lo hanno misurato in modo spietato senza tener conto di una serie di fattori. La famiglia, sempre pronta a giustificare il figlio. Per questo certe bocciature suonano come bocciature di tutta la famiglia, e perciò ancora più difficili da accettare.

Il verdetto normalmente è perentorio, inattaccabile, a meno che non ci siano ricorsi che non di rado incrinano ulteriormente i rapporti con la scuola. Non resta che accettarlo costruttivamente, ricercando il positivo che può emergere anche da esperienze così dolorose.

Il diretto interessato, lo studente, va aiutato a non affogare nello sconforto, nella vergogna, nella delusione di sé: i diversi fattori vanno visti e analizzati con obiettività.

I genitori devono sostenere autorevolmente il figlio: non giustificarlo a tutti i costi, soprattutto quando sono chiare le sue responsabilità di mancato studio costante e approfondito. Non spostare tutta la colpa sugli insegnanti "che non capiscono niente", perché questo, se non fosse del tutto vero, non aiuterebbe lo studente ad assumersi la propria responsabilità.

Infine non mortificarlo più del necessario: normalmente i primi delusi di se stessi sono i ragazzi, ed un grave problema per loro è l'aver deluso le aspettative dei genitori. Calcare la mano in questo senso li sprofonda in una situazione depressiva che non li aiuta a ripartire.

C'è stato un fallimento. Grave, sì, ma non va messo in discussione tutto.

Soprattutto, l'insuccesso va elaborato: portato alla luce, non allontanato dalla coscienza perché psicologicamente doloroso, non negato ma accolto, pensato, vissuto e per questo occasione di crescita, non di fallimento.

Dopo un periodo di metabolizzazione del dolore, occorrerà trovare un momento di sincero dialogo in famiglia, e controllando la propria emotività e razionalità, cercare insieme un progetto serio di cambiamento, nel quale magari alcune abitudini a procrastinare, a perdersi nel web o nei social vadano anche drasticamente ridimensionate, al fine di favorire l'impegno costante che dovrà caratterizzare il percorso formativo del prossimo anno.

Un breve aiuto esterno da parte di uno specialista, può aiutare tutti i membri della famiglia, in primis l'adolescente, a ritrovare un'elaborazione costruttiva dell'insuccesso e a potenziare le proprie risorse per cambiare in meglio una situazione che deve essere velocemente messa alle spalle, dopo aver capito cosa fare in modo diverso nel futuro.

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Scritto da

Dott. Mario Zampicinini

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Commenti 1
  • Orlandi

    Buongiorno Mia figlia è stata bocciata l'anno scorso e non ha superato l'esame di idoneità per la maturità

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