Quali sono le cause e le conseguenze psicologiche dell'Alzheimer?

Sulla base della letteratura, la malattia di Alzheimer, pur essendo primariamente una patologia neurodegenerativa, risulta caratterizzata da disturbi psicologici affettivi

11 NOV 2015 · Tempo di lettura: min.
Quali sono le cause e le conseguenze psicologiche dell'Alzheimer?

Nel campione di pazienti AD esaminato la presenza di sintomi di ansia, depressione ed irritabilità sembra inferiore rispetto a quella riportata dagli studi presenti nella letteratura recente; questo risultato potrebbe derivare dalla somministrazione, nel presente studio, di strumenti che richiedono autovalutazione piuttosto che di eterovalutazione, più diffusamente impiegati.

È ipotizzabile comunque che la scarsa presenza di sintomi psicologici autoriferiti sia da ascrivere ad un atteggiamento caratteristico riscontrato nel campione: la difficoltà ad ammettere l'esistenza di altri problemi, soprattutto di tipo psicologico, oltre alla malattia fisica.

Anche l'esito dell'indagine sulla qualità della vita sembra riflettere questa tendenza alla negazione: i soggetti infatti esprimono un buon grado di soddisfazione per tutti i diversi aspetti del vivere quotidiano, tranne quello dell'efficienza mentale. Sembra emergere inoltre la conferma di osservazioni colte durante i colloqui preliminari in cui la maggioranza dei pazienti individua nella memoria l'unico aspetto problematico che genera preoccupazione.

Coerentemente con quanto discusso sopra, alcune correlazioni invitano a riflettere sulla possibile influenza di atteggiamenti disfunzionali o caratteristiche di personalità sulla denuncia dei sintomi psicologici o sull'espressione della propria soddisfazione per la qualità di vita. Ad esempio, porre in secondo piano od escludere problemi considerati non legati alla malattia e attribuirsi capacità di resistenza allo stress fuori dalla norma potrebbe implicare la tendenza a trascurare o sottovalutare le sensazioni più tipiche dell'ansia e dell'umore depresso.

Ancora, abitudini stress-correlate implicano un basso livello di soddisfazione per la propria efficienza fisica anche se rimane da verificare se quest'ultimo aspetto rifletta le aspettative esagerate di uno stile di vita generalmente stressogeno o sia una condizione di esaurimento funzionale ad esso conseguente. Inoltre la tendenza alla negazione e caratteristiche di personalità come l'impulsività potrebbero distorcere in senso positivo la valutazione sulla propria funzionalità fisica.

Sulla base dei risultati ottenuti e della loro lettura discussa sopra, gli autori suggeriscono la necessità di impiegare sistematicamente strumenti che approfondiscano l'indagine sulle caratteristiche comportamentali più stabili allo scopo di pesare e ridimensionare l'esito della valutazione autoriferita sui sintomi psicologici e sulla qualità della vita. Altre correlazioni sembrano validare l'ipotesi circa l'esistenza di variabili psicologiche intervenienti sulla sofferenza individuale in quanto un livello maggiore di sintomi ansiosi sembra essere ascrivibile all'abitudine disfunzionale di mantenere un ritmo incessante nello svolgimento delle attività quotidiane, ad un atteggiamento ipocondriaco e a caratteristiche di personalità come l'eccessiva preoccupazione e dipendenza dagli altri.

Un maggiore livello di sintomi depressivi sembra invece dipendere in generale dalla disposizione all'eccessiva preoccupazione, soprattutto relativa al proprio stato di salute, mentre una maggiore insoddisfazione per alcuni aspetti relativi alla qualità della vita come il sonno, l'alimentazione e il tempo libero sembrano essere legati ad un atteggiamento ipocondriaco e ad un'eccessiva dipendenza.

I risultati sopra descritti suggeriscono quindi che i disturbi psicologici osservati siano in parte spiegabili da modalità comportamentali consolidate che risultano disfunzionali quando interagiscono con la condizione invalidante e frustrante della patologia neurodegenerativa.

Le difficoltà di adattamento dei pazienti AD che presentano le caratteristiche precedentemente discusse possono dunque risultare rilevanti in momenti diversi, dalla comunicazione della diagnosi di demenza, al paziente e ai familiari, all'impostazione di un programma di riabilitazione cognitiva e di mantenimento delle autonomie funzionali.

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Scritto da

Dott. Federico Fontana

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