Per guardare al futuro è necessario tornare, vedere e toccare il passato

Cosa chiede un essere umano? Molto semplicemente di stare bene, di andare avanti in modo nuovo. Il fatto curioso che emerge, però, è che per questo scopo, c'è bisogno che torni indietro.

30 AGO 2022 · Tempo di lettura: min.
Per guardare al futuro è necessario tornare, vedere e toccare il passato

Introduzione

Cosa chiede un essere umano? Qual è la sua domanda? Molto semplicemente di stare bene, di andare avanti in modo nuovo. Il fatto curioso che emerge, però, è che per raggiungere questo scopo c'è bisogno che lo stesso torni indietro, regredisca.

Più precisamente vi è la necessità da parte sua - per guardare al futuro - di tornare, vedere, toccare il passato, al fine di comprenderne e scoperchiarne le influenze, le percezioni, le mancanze, i dolori, le cose andate storte. Solo così si riduce la possibilità di un'ennesima coazione a ripetere (Freud, 2012): ovvero della ripetizione del medesimo copione e dei soliti sbagli.

L'elaborazione del lutto: tra presenza e assenza

Tra i diversi scenari umani, probabilmente quello del lutto evidenzia maggiormente questo stato di cose. In effetti sappiamo come nella rivisitazione del rapporto con l'affetto perduto - "portato avanti solo poco per volta e con grande dispendio di tempo e di energia d'investimento" (Freud, 1978, p. 127) - vi sia un'azione indispensabile, necessaria all'intero processo di elaborazione.

In particolare non dobbiamo dimenticare un punto: ovvero come l'elaborazione del lutto non sia mai un lavoro costituito da un'apertura e una chiusura - diversamente da ciò che pensava Freud (1978), ma di come contrariamente sia caratterizzato da oscillazioni, da uno sciabordio continuo che va dalla maledizione alla speranza, dalla presenza all'assenza, dal ricordo al nulla.

L'Io, dunque, non è mai liberato del tutto dal male della perdita.

Di conseguenza possiamo affermare che ciò che il lutto mostra è che niente è dimenticato per sempre; che ciò che più non è, in realtà continua ad essere nel suo incessante ritorno. E che per andare avanti, bisogna necessariamente tornare indietro.

Al di là di ciò che è stato: l'indicazione dell'arte

La psicoterapia non costituisce un obbligo, quanto una possibilità. Più propriamente la possibilità di domandare una domanda che vada al di là di ciò che è e ciò che è stato. Si chiede una via, un diritto. Sacrosanto ma fattibile nella misura in cui si ripassa - come il lutto ben ci mostra - per le vie tortuose della propria storia. Il soggetto richiede una strada, una via d'uscita dai sintomi, una spiegazione al suo Brusio di Taos, ma per trovarla dovrà fare un giro, un'inversione a U.

È una scelta, sebbene non vi sia scelta. Regredire, tornare indietro. È questa in fondo l'indicazione proustiana e della sua Recherche: ripassare, riesplorare, rivisitare la propria vita per fare della stessa un'opera.

Per far sì che la vita diventi opera d'arte, è necessario ripercorrere la propria esistenza, fare il giro attorno ad essa.

È solo questo giro che consentirà la sublimazione - dunque la costruzione di una nuova forma, più accettabile - di ciò che all'epoca non fu scelto e che semplicemente capitò, in una parola scritta e dunque immortale. È in fin dei conti la funzione dell'arte in sé: in un'opera d'arte "si tratta sempre in un certo qual modo di circoscrivere la Cosa" (Lacan, 2008, p. 167).

Il passato è nella nostra parola

Il soggetto nel parlare di futuro - per poter vedere un futuro - deve ritornare al passato. Il passato è nella sua parola: in quella storia d'amore finita male, in quell'occasione perduta, in quella notte travolgente.

Qualcosa che si riscontra frequentemente nell'elaborazione del lutto: è necessario un fermacapelli, una fotografia, un oggetto appartenuto alla persona perduta, ed ecco che la stessa torna a vivere in noi. È come se l'anima di chi abbiamo perso non andasse mai via del tutto; non scomparisse insieme al corpo. Piuttosto sembra che questa trovi una dimora, una casa in cui poter riposare e affrancarsi definitivamente dalla fatica della vita. Un luogo in cui potersi nascondere, almeno fino a quando non la troveremo proprio lì, attraverso quell'oggetto, quel profumo, quel suono.

La vita mostra come le cose non si esauriscano mai del tutto. Le persone, in e per noi, non muoiono mai definitivamente. La loro animache rappresenta poi ciò che hanno significato per noi: l'impatto, l'influenza, la bellezza che infusero ai nostri giorni - rimane e prende dimora da qualche parte. Vi è dunque qualcosa di più forte, di più resistente e intenso rispetto al passato in sé.

L'esame di realtà mostra che l'Altro non c'è più, così come il tempo in cui e di cui abbiamo fatto esperienza. Eppure, dell'inesistente - di ciò che ora non esiste più in quanto fatto passato, qualcosa resiste. Oltre il dato fattuale o biologico, vediamo come l'"odore e il sapore restano ancora a lungo" (Proust, 2006a, p. 149) e come il ricordo non rappresenti qualcosa che non esiste più, ma al contrario un passato che ancora brucia in noi, vive, s'accende, inquieta, emoziona. La nostra infanzia e in generale la nostra giovinezza non indicano un mero passaggio, una successione stadiale. I giorni trascorsi non sono mera progressione, bensì "giacimenti profondi" del "nostro suolo mentale", "terrenti resistenti" sui quali ancora ci appoggiamo (Proust, 2006a, p. 292).

Il rischio: un futuro sbarrato

In tutto questo, in un passato che non passa mai, vi è un rischio non da poco. Se il passato ha una forza così attrattiva, tale che "'il padrone di casa non è più che un semplice ospite nel proprio salotto"' (Proust, 2016b, p. 219), il pericolo sottostante diviene quello dell'identificazione melanconica. Ovvero della possibilità che il passato non solo strutturalmente non diventi passato, ma che vada a costituire altresì la parte precipua del presente, impossibilitando di fatto il futuro.

In questo caso il passato non si integra al presente ma si separa da esso, ponendo una distanza siderale rispetto al futuro. In questo scenario, in cui il passato fonda l'essenza dell'essere divenendo la totalità dell'esperienza, non potremo che riscontrare e avere come risultato un vissuto depressivo.

Per tale motivo diviene indispensabile di un passato la sua elaborazione, la sua ripercorrenza. L'attraversamento per le vie dolorose del ricordo, della memoria; il sostare nella dimensione emotiva, al fine non di abbattere il ponte, bensì di superarlo, per osservarlo dalla giusta distanza.

Essere acqua: aprire un nuovo varco

Scopo della psicoterapia è quello di disincastrare. Se la persona sta male perché è fondamentalmente incastrata tra il ricordo e il nulla, tra ciò che è stato ma che continua ad essere, il tentativo non può che essere quello di aprire, come l'acqua, un nuovo varco.

Una falla, un buco che gli consenta di scorrere tra le cose e risalire dal pozzo della sua storia. C'è bisogno però di una disposizione, una responsabilità. L'aiuto, l'empatia e l'incoraggiamento non eliminano la responsabilità del soggetto che, messo dinanzi ad un'alternativa, ad una lettura nuova, dovrà metterci il suo.

È un movimento. Il soggetto deve lanciarsi verso un nuovo tempo. Un tempo fatto non più da un pieno, ovvero da ciò che è stato, dalla certezza, dalla verità, ma da qualcosa che egli ancora non conosce. Il soggetto deve accettare di stare per un po' in uno spazio indefinito. Senza particolari appigli o convinzioni, deve abbandonare ogni esitazione per aprire uno spazio bianco – per concedersi di fatto una possibilità.

In questo senso la vita è il coraggio di non defilarsi più. È quando cominciamo a raccontare che le cose cambiano; è la parola piena e sincera, libera dalla paura, che fa scattare "un'ora nuova nel quadrante della vita" (Proust, 2016c, p. 424).

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Scritto da

Dott. Simone Evangelista

Bibliografia

  • Freud, S. [1915]. Lutto e melanconia, in Metapsicologia. Tr. it. Bollati Boringhieri, Torino 1978.
  • Freud, S. [1920]. Al di là del principio di piacere. Tr. it. Bollati Boringhieri, Torino 2012.
  • Lacan, J. [1959-1960]. Il seminario. Libro VII. L'etica della psicoanalisi. Tr. it. Einaudi, Torino 2008.
  • Proust, M. [1913]. Dalla parte di Swann. Vol. 1. Tr. it. BUR, Milano 2006.
  • Proust, M. [1920]. I Guermantes. Vol. 3. Tr. it. BUR, Milano 2006.
  • Proust, M. [1927]. Il tempo ritrovato. Vol. 7. Tr. it. BUR, Milano 2006.

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