Luci ed Ombre del lutto

Un mondo che non contempla più la presenza di una persona amata diventa un luogo vuoto e superficiale, di conseguenza la vita stessa, in esso, diventa meno frequentabile.

15 MAR 2024 · Ultima modifica: 22 MAR 2024 · Tempo di lettura: min.
Luci ed Ombre del lutto

"Traggo forza, energia, potenzada ciò che non è piùe che non sarà mai piùperché la sua luce,come quella delle stelle morte,ancora mi raggiunge e mi illumina."

Recalcati M., La luce delle stelle morte.

La vita è una costellazione di perdite, separazioni e lutti.La nostra esistenza è inevitabilmente influenzata anche dall'ombra di oggetti che abbiamo perduto, i quali possono essere ancora assiduamente presenti nel campo esperienziale, possono essere illusoriamente rinnegati o dimenticati o, ancora, possono accedere ad uno stato di oblio. Un mondo che non contempla più la presenza di una persona amata diventa un luogo vuoto e superficiale, di conseguenza la vita stessa, in esso, diventa meno frequentabile.

Com'è il processo di elaborazione del lutto?

È inevitabile una prima reazione depressiva al trauma di una perdita e, di norma, l'elaborazione di essa avviene entro 2 anni dalla scomparsa dell'oggetto. All'inizio, l'oggetto perduto è ancora sentito come presente, pur non essendoci più, e a partire da questa situazione, il processo del lutto consiste nel far prevalere, gradualmente, quella realtà che porta con sé un'assenza irreversibile. Tuttavia, può capitare che l'assenza dell'oggetto diviene intollerabile per il soggetto, il quale inizia a raccontarsi, inconsciamente, un'altra realtà. È sottile il confine che separa un lutto normale da uno patologico (in termini freudiani, "melanconia") e il dolore sperimentato a seguito di una perdita importante, concreta o astratta che sia, è difficilmente sopravvalutabile.

"L'oggetto penetra profondamente nell'Io, è alle sue radici, l'individualità è fatta di Altro, delle ombre degli oggetti. Prima dell'Io, prima delle rappresentazioni e degli investimenti appassionati, c'è un'area indifferenziata rispetto all'oggetto che anticipa l'Io. Per cui la perdita dell'oggetto è una perdita dei propri pezzi, lacera e lascia dei buchi […] Dopo la perdita, che sia di morte, abbandono o delusione e mortificazione, tutto è cambiato, la realtà non è più quella di prima, l'oggetto stesso, dopo l'esperienza della perdita, non è più lo stesso, e non sarà mai più lo stesso, l'intimità ha cambiato volto, e naturalmente anche il sé non è più lo stesso, si scopre limitato e ambivalente, capace di un amore poco tenace. Il lavoro che occorre compiere è proprio di rimodellare l'intera esperienza: tollerare il distacco, non solo attraverso il disinvestimento, ma proprio attraverso la disidentificazione, concepire che tale distacco è parte delle cose, che l'intimità è un attimo in uno spazio di distanze, che il sé e l'altro sono intrecci in continuo divenire" (Ambrosiano, 2021).

Freud e il processo del lutto

Già in "Caducità" (1915), Freud definisce lutto quella fase in cui la libido non vuole rinunciare agli oggetti perduti, neppure quando sono già disponibili nuovi oggetti su cui poter investire. Ma, pur doloroso che sia, il periodo di lutto si estingue spontaneamente e la sua fine coincide proprio con la libertà della libido di rimpiazzare gli oggetti perduti con nuovi oggetti.

In quest'opera, in realtà, Freud ricollega il vissuto del lutto all'esperienza della guerra, sostenendo nostalgicamente che il lutto per ciò che la guerra ha distrutto avrà termine nel momento in cui la civiltà si sentirà pronta a ricostruire ciò che è stato perduto, magari su un fondamento più solido e duraturo.

Perdere un oggetto amato

La sparizione dell'oggetto non coincide mai con la separazione da esso, infatti quest'ultima necessita di una simbolizzazione da parte del soggetto che possa permettergli di "digerire" la perdita subita. Quando l'esperienza della perdita diventa intollerabile, l'individuo potrebbe, anziché simbolizzarla ed introiettarla, inconsciamente rifiutarla. Nella persistenza della reazione depressiva il lavoro del lutto non trova confini e si cronicizza: è in questi casi che si naufraga verso una stagnazione melanconica del lutto, sulla cui isola il soggetto "vive l'assenza dell'oggetto come la forma più estrema della sua presenza rendendo lo stato luttuoso la propria condizione permanente di esistenza" (Recalcati, 2022).

Egli non si stacca da chi lo ha lasciato, al punto di identificarsi pienamente con esso; ne preserva la presenza, dunque, non contempla la sua assenza. L'individuo melanconico finisce per perdere di vista ciò che ha realmente perduto, ritrovandosi con l'angosciosa sensazione di aver perduto qualcosa, ma di non sapere cosa. In tale prospettiva, l'oggetto diventa tutto e il soggetto niente: "Il mio corpo è come una casa vuota […] non c'è risposta. Solo la porta sbarrata, la cortina di ferro, il vuoto, lo zero assoluto" (C. S. Lewis, in Diario di un dolore).

Melanconia

"Nel lutto normale, il soggetto è capace di rinunciare all'oggetto perduto e di ritirarne la libido, di modo che la libido divenuta libera può essere spostata su di un nuovo oggetto; invece, nella melanconia, il soggetto non ritira la sua libido dall'oggetto perduto, il suo Io divora questo oggetto come fantasma per non separarsene e per diventare uno con esso, prendendo così la strada di una identificazione narcisistica: l'ombra dell'oggetto cadde così sull'Io che d'ora in avanti poté essere giudicato da un'istanza particolare come un oggetto, e precisamente come l'oggetto abbandonato. […] La perdita dell'oggetto si era trasformata in una perdita dell'Io e il conflitto tra l'Io e la persona amata in un dissidio fra l'attività critica dell'Io e l'Io alterato dall'identificazione". Quest'ultima affermazione freudiana ci fa ben intendere che l'Io del soggetto melanconico subisce una scissione: una parte va a confondersi con l'oggetto perduto, l'altra parte esercita una funzione critica (quest'ultima sarà la precorritrice del Super-Io).

Nella situazione melanconica il soggetto continua ad amare l'oggetto perduto, ma in una forma regredita, ossia mediante l'identificazione con esso, in una dinamica in cui l'amare e l'essere si sovrappongono. Di conseguenza, però, l'odio e la rabbia provata nei confronti dell'oggetto perduto, in primo luogo scaturite proprio dall'abbandono che si è verificato, vengono rivolti sulla persona stessa del soggetto.

Alla luce di ciò, il melanconico potrebbe ottenere una perversa rivincita sull'oggetto perduto mediante l'autopunizione e l'autodenigrazione. Nei casi più gravi, la massima vendetta nei confronti dell'oggetto ha luogo mediante il suicidio. Ricapitolando, Freud sostiene che il lutto normale è un processo cosciente e verrà naturalmente superato dopo un certo periodo di tempo, reputando inopportuna o addirittura dannosa qualsiasi interferenza, mentre il lutto patologico, ossia la melanconia, approda nell'inconscio ed è lì che l'angoscia scaturita dalla perdita comincia ad albergare, fino al punto in cui il soggetto non riesce più a rendersi conto coscientemente di quel che ha realmente perduto. In altri termini, la melanconia è un lutto che persiste fino a disturbare il sentimento di sé: la melanconia consuma l'Io del soggetto.

Di fatti, sia il processo luttuoso che quello melanconico sostanziano una significativa inibizione dell'Io affiancata da una caduta d'interesse per il mondo esterno. In entrambi i casi l'Io viene assorbito dal dolore, ma la melanconia ha qualcosa in più: l'avvilimento del sentimento di sé. "Nel lutto il mondo si è impoverito e svuotato, nella melanconia impoverito e svuotato è l'Io stesso" (Freud, 1915)

Freud e il processo del lutto

Mania

Un'altra reazione disfunzionale all'esperienza della perdita può riguardare il quadro maniacale. Laddove nella melanconia l'Io viene sopraffatto, nella mania l'Io riesce a padroneggiare. Rispetto al lutto, invece, nella melanconia esso risulta essere cronico e il suo lavoro incompiuto, mentre nella mania assistiamo ad un suo radicale misconoscimento: il trauma della perdita viene rinnegato fino al punto in cui l'oggetto che è andato perduto viene spogliato della sua reale importanza che aveva per il soggetto e, di conseguenza, la perdita stessa appare poco impattante per il soggetto (inconsciamente, però, essa è insopportabile).

La reazione maniacale può rivestire anche un ruolo protettivo nella misura in cui va a contrastare in massimo grado la depressione/malinconia. Tuttavia è bene evidenziare che la componente autodistruttiva è presente tanto nella melanconia quanto nella mania: se nel primo caso emerge con drammatica chiarezza mediante l'autodenigrazione, l'autorimprovero e la tendenza suicidaria, nel secondo caso assume forme apparentemente meno visibili ma altrettanto nefaste, come ad esempio l'adozione di agiti spericolati (suicidio differito: messa in atto di condotte estreme la cui conseguenza è la propria morte. È un tipo di suicidio che agisce in differita dal momento che non lo si progetta né medita, almeno consapevolmente, ma si mettono in atto atteggiamenti e condotte che potrebbero assumere il suicidio come una loro diretta conseguenza. Un esempio di quest'ultimo caso potrebbe essere l'anoressia portata all'estremo: qui il suicidio non sembra essere il fine della condotta in sé, ma solo una sua potenziale conseguenza.).

L'ombra dell'oggetto

Il fenomeno astrofisico della luce delle stelle rivela che lo scintillio che osserviamo in cielo "non emana da una stella effettivamente esistente nello spazio celeste. Piuttosto arriva a noi con molti anni di ritardo (probabilmente milioni) da una stella già morta, scomparsa nel grande buio dell'universo. Quando guardiamo il cielo stellato sopra le nostre teste, ammiriamo una presenza che è fatta di assenza o una assenza che si rende presente." (Recalcati, 2022) Parimenti, un oggetto da noi conosciuto e perduto non esiste più nel mondo, ma ne ha fatto parte in passato, perciò, continua inevitabilmente ad esistere in noi per mezzo dell'impronta indelebile che ci ha lasciato e che Influenza, o ha influenzato, il nostro agire e divenire.

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Scritto da

Maria Maddalena Scuotto

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Bibliografia

  • Ambrosiano, L. (2022). Nello spazio del lutto: Melanconia, violenza, tenerezza. Mimesis Edizioni.
  • Freud, S. (2014). La teoria psicoanalitica. Raccolta di scritti 1911-1938. Ediz. integrale. Bollati Boringhieri.
  • Lewis, C. (2016). Diario di un dolore. Adelphi.
  • Recalcati, M. (2022). La luce delle stelle morte: Saggio su lutto e nostalgia. Feltrinelli Editore.
  • Quinodoz J.M. (2004), Leggere Freud. Borla.
  • Stivala P. D., (2016). La sindrome pre-suicidaria. Aldenia Edizioni, Firenze.

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