Cosa significa essere neurodivergenti: Perché è importante parlarne?

Da dove ha origine il termine “neurodivergenza”? Quanti e quali tipi ne esistono? Quali sono i suoi segnali?

5 MAR 2024 · Ultima modifica: 26 GIU 2024 · Tempo di lettura: min.
Cosa significa essere neurodivergenti: Perché è importante parlarne?

Oggi parlare di neurodivergenza è fondamentale per favorire la creazione di un ambiente positivo e portare un cambiamento sociale verso l’inclusione e l’accettazione di tutti coloro che presentano un funzionamento cognitivo diverso dalla media. 

Cosa si intende per neurodivergenza?

La neurodiversità o neurodivergenza o neuro-atipicità rappresenta la vasta gamma di differenze neurobiologiche esistenti tra gli esseri umani, le quali includono variazioni neurologiche che sono parte integrante della condizione umana: ciò vuole sottolineare come tali differenziazioni debbano essere considerate NON come una devianza rispetto alla norma, bensì come espressione di una naturale variabilità umana. 

Il termine è stato coniato nel 1997 dalla sociologa Judy Singer. In origine esso veniva utilizzato per indicare tutte le persone rientranti nel Disturbo dello Spettro dell’Autismo, ma ad oggi viene comunemente utilizzato per riferirsi anche ad altre problematiche, quali i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD), la Plusdotazione (APC) e via dicendo. 

Seguendo questa concezione di neuro-atipicità possiamo distinguere persone neurotipiche (circa l’80% della popolazione) e persone neurodivergenti (circa il 20%): le prime hanno un’elaborazione ed un funzionamento cerebrale “standard”, mentre le seconde hanno uno sviluppo neurologico che si discosta da quello considerato “tipico”. 

La neurodivergenza è una malattia? 

La neurodivergenza non deve essere considerata come una malattia: è infatti, come si è visto, solo una diversa modalità di funzionamento e di interazione con il mondo che quindi contribuisce ad arricchire la varietà dell’essere umano. Le differenze neurologiche alla sua base, pertanto, dovrebbero essere riconosciute e rispettate alla pari di qualsiasi altra forma di diversità, come quelle di genere o etnia di appartenenza.

Quali sono i tipi di neurodivergenza?

  1. Disturbo dello Spettro dell’Autismo: ampio insieme di condizioni che possono includere sfide in ambito cognitivo, sociale, comportamentale, emotivo e linguistico che portano chi ne è affetto a comunicare attraverso risorse alternative (come i gesti o tramite l’ausilio di strumenti elettronici).
  2. Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività: comporta la disregolazione delle funzioni esecutive, portando a conseguenti difficoltà nel controllo dei pensieri, nell’attenzione, nei comportamenti e nella regolazione emotiva. Chi ha un ADHD potrebbe avere inoltre difficoltà nell’organizzazione, apparire disinteressato o distratto e mostrare comportamenti psicomotori inappropriati soprattutto quando prova forti emozioni.
  3. Disturbi Specifici dell’Apprendimento: in Italia sono compresi sotto tale acronimo disturbi quali la Dislessia, la Discalculia, la Disortografia e la Disgrafia. Essi si verificano quando, a fronte di un Quoziente Intellettivo (Q.I.), le persone hanno difficoltà specifiche nella lettura, nella grafia, nell’ortografia e/o nel senso del numero, che le portano a ragionare in modo atipico e spesso disordinato. 
  4. Plusdotazione: comporta maggiori possibilità di sviluppo cognitivo rispetto alla media della popolazione, dovute all’alto Quoziente Intellettivo (di solito superiore a 130), alla fervida immaginazione, alla spiccata curiosità e al ricco bagaglio emotivo. 
  5. Altri tipi: come precedentemente accennato, all’interno del termine-ombrello “neurodivergenza” rientra una molteplicità di condizioni, tra cui - oltre a quelle sopra citate - troviamo la Sindrome di Tourette (TS), la Disabilità Intellettiva, la Sindrome di Down (DS), il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) e il Disturbo Borderline di Personalità.

Quali sono i “segni” di una neurodivergenza?

Quali sono i “segni” di una neurodivergenza?

La neurodiversità può manifestarsi in svariati modi e i suoi “segnali” cambiano da persona a persona; tuttavia è possibile individuare alcuni indicatori comuni, quali:

  • Difficoltà nella socializzazione: incapacità di mantenere il contatto oculare, difficoltà nel cogliere ed interpretare i segnali non verbali o nel comprendere le norme della società di appartenenza
  • Iper o Ipo-sensibilità sensoriale: reazioni esagerate o, al contrario, quasi assenti nei confronti del contatto fisico o di altri stimoli esterni come luci, suoni e odori (tipiche dell’Autismo)
  • Difficoltà negli apprendimenti: fragilità nella letto-scrittura, nel ragionamento logico-matematico o nella comprensione scritta (tipici dei DSA)
  • Comportamenti stereotipati: compimento di azioni ripetitive, rituali e abitudini specifiche, comportamenti problematici o che incidono negativamente sulla vita quotidiana propria e/o familiare
  • Disregolazione emotiva: variabilità nell’elaborazione delle emozioni particolarmente intense o inusuali
  • Difficoltà di concentrazione: problematiche relative all’attenzione sostenuta, al mantenimento della concentrazione e alla gestione di stimoli distrattori oltre a quelli target (tipiche dell’ADHD).

Sebbene la neurodivergenza sia comune, ci sono molti casi in cui le persone non si rendono conto di essere neurodivergenti finché non raggiungono l’età adulta. Ciò può comportare molte sfide perché queste persone possono incontrare problemi di adattamento ad alcune situazioni, oltre a percepire differenze nel loro modo di pensare ed elaborare le informazioni rispetto ai coetanei.

Giungere a una diagnosi di neurodivergenza, quindi, è fondamentale per riuscire a spiegare ed accettare ciò che prima risultava inconcepibile, per sviluppare strategie ed interventi ad hoc utili ad affrontare le sfide che la vita di tutti i giorni comporta e per accedere a programmi individualizzati di supporto sia nel contesto scolastico che in quello lavorativo. 

Per ottenerla è necessario rivolgersi a dei professionisti esperti in materia, che condurranno valutazioni approfondite che non si limiteranno a considerare i sintomi, ma anche il loro impatto sulla vita quotidiana e la storia personale del Paziente.

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Scritto da

Dott.ssa Viviana Cesana

Bibliografia

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Commenti 1
  • Marco Ferrari

    grazie, molto interessante. Approfondirò.

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