Salve,
è vero che, terapeuta paziente, non possono frequentarsi ed incontrarsi al di fuori dello studio dello specialista? Non possono, ad es.,andare a mangiare una pizza insieme, fare una passegiata,interagire su dei social-network?
È vero che,terapeuta e paziente, non possono abbarciarsi,coccolarsi,scambiarsi gesti di affetto; come, ad es., farebbero un padre ed un figlio?
È vero che, il paziente, in una sorta di transfert,può nutrire affetto nei riguardi del terapeuta; ma, quest'ultimo, deve evitare il contro-transfert; affinché le sedute non risultino alterate?
Se, il paziente, in una sorta di transfert, vuole bene al terapeuta, come fosse il padre; è opportuno che ne parli col terapeuta stesso. Senza temere di essere scacciato dal setting terapeutico?
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17 LUG 2012
· Questa risposta è stata utile per 49 persone
Salve, qualcuno mi aiuti sono disperata, dopo 15 sedute con il mio psicologo ho iniziato a provare dei sentimenti nei suoi confronti. Durante una seduta non riuscivo più a parlare della mia vita e delle mie difficoltà, ma avevo solo un pensiero dirgli quello che provavo. Bene è successo. Da quel giorno lì quando lo vedo provo una gran imbarazzo e questo sta compromettendo la terapia. Premetto che lo penso dalla mattina alla sera. Sto seriamente pensando di interrompere la terapia, malgrado mi faccia soffrire parecchio il solo pensiero di non vederlo più. Sono grave? Grazie....
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37 Risposte
24 MAG 2012
· Questa risposta è stata utile per 12 persone
Caro Claudio
Quello che chiede/afferma è tutto corretto. Terapeuticamente è corretto che venga mantenuta una distanza "utile" al lavoro di psicoterapia, questo non vuol dire che il terapeuta debba essere freddo distaccato e asettico come si teorizzava in passato. In terapia è normale ed importante che si sviluppi uno stato di profondo affetto e vicinanza tra le due parti, questa però deve poter permettere al terapeuta di essere anche scomodo, a volte causa di dolore per il paziente. Il terapeuta deve essere utile, non simpatico al paziente. Non bisogna mai dimenticare che la relazione terapeutica dovrebbe ricoprire tutte quelle valenze emotive ed affettive che in qualche modo sono state causa di dolore nella vita del paziente, permetteno però poi un distacco tale da poter permettere una vita autonoma e integra senza il supporto/sostegno del terapeuta. Insomma, è importante mettere le rotelle alla bici per insegnare a recuperare la fiducia in sè stessi e nella vita, sapendo che però poi le rotelle andranno staccate, tollerando la paura e il dolor di eventuali cadute.
Grazie e buona giornata
Dott. Goffredo Luigi Bordese, Centro di Psicologia Clinica, Pavia
24 MAG 2012
· Questa risposta è stata utile per 5 persone
Salve Claudio,
ebbene ci sono delle regole deontologiche che tutti i professionisti iscritti all'albo sono tenuti a rispettare!
Può capitare di incontrare un paziente ad un convegno, per starda o anche al supermercato, e l'educazione vuole che ci si saluti, ma andare al ristorante insieme, coccolarsi, scambiarsi effusioni proprio non sono comportamenti da professionisti seri!
Un saluto.
Dott.ssa Marianna Vallone. Roma
23 MAG 2012
· Questa risposta è stata utile per 4 persone
Buongiorno Claudio,
tutto ciò che ha scritto è corretto, ovvero la relazione terapeutica comporta un setting nel quale possono emergere delle emozioni e dei sentimenti così come in ogni altro rapporto interpersonale fuori dallo studio ma soprattutto nel caso della sfera sessuale è chiarito fin dall'inizio che non verranno agiti.
I vissuti emotivi diventano elementi sui quali lavorare insieme in terapia.
Sarebbe quindi il caso che lei ne parlasse con il suo terapeuta.
Cordiali saluti, Dott.ssa Barbara Testa
23 MAG 2012
· Questa risposta è stata utile per 7 persone
Salve Claudio,
concordo anch'io con i miei clienti, quello che dice è tutto vero, i confini vanno rispettati e la relazione terapeutica deve restare terapeutica e non può diventare qualcosa di diverso. Quello che mi chiedo è: come mai queste domande?
Saluti.
Dr.ssa Alfonsina Pica, psicologa e psicoterapeuta
23 MAG 2012
· Questa risposta è stata utile per 1 persone
Salve Claudio, credo che non ci sia nulla da aggiungere a quanto detto dai miei colleghi, in quanto sono stati trattati, evidenziati tutti i comportamenti e buone regole del rapporto terapeuta -cliente, proprio perchè si parte da un rapporto diverso ,non amicale e soprattutto non vi è uno scopo diverso da quello terapeutico , e chiaro che il resto non vi deve entrare.
Credo che sia opportuno per lei cercare di capire che cosa la porti a fare tali domande, e che cosa è cambiato nel rapporto con il suo terapeuta, modificandosi di conseguenza cambiano gli obiettivi e gli scopi del lavoro insieme. Il rapporto che si crea è un contratto e da tale contratto si evincono delle regole che devono essere bene chiare e definite, e soprattutto rispettate.
E' chiaro che occorra una certa elasticità , ma questo è legato al tipo di indirizzo anche psicoterapico.
Le chiedo comunque se avesse notato alcuni cambiamenti nel suo rapporto con il suo terapeuta di parlarne apertamente al fine di rivedere il suo contratto e decidere il da farsi.
Saluti
Angelo Lofino
23 MAG 2012
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
Caro Claudio,
le posso dire in tutta onestà che in un lavoro come il mio, fatto di relazioni interpersonali, di momenti in cui le persone confidano i dolori più profondi che spesso faticano a riconoscere anche a se stessi, non è sempre facile rispettare i confini. Tuttavia nel corso della mia esperienza mi sono resa conto, al di là di ogni codice deontologico, che è assolutamente necessario, affinchè lo psicoterapeuta possa mantenere quella visione d'insieme oggettiva senza essere coinvolto in prima persona. Ciascuno di noi professionisti dovrebbe fare un passo indietro se avverte che questi confini sono stati varcati da entrambe le parti, fare un'auotocritica ed essere disposto a riconoscere che in certe condizioni il lavoro psicoterapeutico perderebbe il senso e l'efficacia.
Cordiali saluti. Dott.ssa Francesca Zoppi
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23 MAG 2012
· Questa risposta è stata utile per 1 persone
Caro Claudio, è tutto vero quello che scrivi. Quello che sento di dirti è di parlare al tuo terapeuta del contenuto di questa mail che ci hai inviato. Un buonissimo spunto su cui lavorare. in bocca al lupo.
23 MAG 2012
· Questa risposta è stata utile per 3 persone
Buongiorno Claudio,
quello che scrive rappresenta tutto ciò che le regole deontologiche prevedono per la professione psicologo. Sinceramente io non le condivido del tutto, poichè sono sicura che in base alla persona che decide di aiutare, la flessibilità e l'adattamento a chi si trova davanti, sia una chiave molto importante per chi pratica questa professione. Aderire fedelmente a delle regole non comporta, secondo me, il seguire l'andamento del cliente; è piuttosto aderire staticamente a variabili che possono essere modificate, se esse incidono sul risultato terapeutico.
22 MAG 2012
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
Di sicuro vi sono delle norme e regole che è buona prassi, deontologica ed etica, rispettare. Credo che molto dipenda anche dal tipo di setting in cui la relazione terapeutica si sta svolgendo. Mi chiedo se, magari, queste domande, possono essere indice di un desiderio di approfondire, da parte di uno dei due poli della relazione, la conoscenza e cosa ci possa essere dietro. E' assolutamente naturale che in un rapporto spesso lungo possano svilupparsi e nascere sentimenti ed affetto, così come una autentica preoccupazione da parte del terapeuta, ma vi sono dei limiti che sarebbe bene non valicare. Oggi giorno, tuttavia, interagire su un social network, videochiamate su skype, scambi di mail, non sono così infrequenti tra terapeuta e paziente. Credo che la cosa necessaria sia, come sottolineava la Collega, ascoltare il proprio transfert e lavorare sul controtrasfert al fine di non restare invischiati in una dinamica che potrebbe rivelarsi distruttiva.
La saluto cordialmente.
22 MAG 2012
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
credo che sia importante rispettare il setting, ma la cosa che mi colpiva è che deve parlare con il suo terapeuta del suo volergli bene perchè anche questo è importante.per maggiori chiarificazione mi contatti dott.ssa Eva Scardone
22 MAG 2012
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Gentile utente, ciò che lei dice corrisponde a verità, il rapporto tra i 2 deve rimanere relegato solo alla sfera professionale e mai andare oltre, in ogni caso i sentimenti che il paziente prova verso il suo terapeuta vanno espressi, ovviamente vanno spiegati a parole e non agiti, e ciò può aiutare il terapeuta a lavorare meglio affinchè il paziente riesca a capire il perché di questi suoi sentimenti!
Cordiali Saluti!
22 MAG 2012
· Questa risposta è stata utile per 3 persone
Caro Claudio,
per quanto riguarda la prima parte della tua domanda, cioè quella relativa al rapporto tra psicologo e paziente, ti cito le parole esatte contenute nell'art. n° 28 del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani:
"Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano
interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale
della professione.
Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno
psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene
relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o
sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni
nel corso del rapporto professionale."
Per quanto concerne la seconda parte della tua domanda, relativa al transfert e al contro-transfert, la relazione terapeutica è un aspetto fondamentale di qualsiasi psicoterapia o sostegno psicologico. Lo psicologo, perciò, deve fare molta attenzione: la relazione terapeutica influenza l'esito del trattamento. Alcuni orientamenti prevedono che tra paziente e terapeuta ci possano essere scambi di abbracci e gesti affettuosi; altri approcci, invece, no.
Riguardo al contro-transfert, il terapeuta non "deve evitarlo", ma prenderne consapevolezza: egli deve imparare a non criticare i propri pensieri e i propri sentimenti, ma a prenderne atto senza necessariamente esprimerli apertamente in terapia.
Spero ti sia stata d'aiuto.
Tania De Iaco
22 MAG 2012
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
E' tutto vero caro Claudio, sebbene negli ultimi anni la rigidità di queste regole deontologiche abbia un pò ceduto. Ci sono colleghi che per loro formazione professionale o veduta personale ritengono di potersi permettere di ridurre le distanze con il proprio paziente. Sta poi alla propria esperienza, professionalità ed etica far sì che ciò non inquini il lavoro terapeutico. Anche l'affetto è del tutto normale, così come il transfert ed il controtransfert. Questi ultimi sono anzi elementi-chiave da elaborare (il transfert insieme in seduta; il controtransfert solo dal terapeuta) per raggiungere consapevolezze importanti. con affetto. Dott.ssa sabina Orlandini