Parlo da sola

Inviata da Valentina · 10 giu 2016 Autorealizzazione e orientamento personale

Lo faccio da parecchi anni ormai e me ne sono sempre vergognata per cui, fino a qualche tempo fa, non lo sapeva nessuno...fino a quando un giorno, il mio compagno attuale mi ha sentita. Io le prime volte negavo ma siccome lo faccio spesso,mi ha sentita più di una volta, non ho potuto più negare e gli ho confessato di parlare da sola e ho provato tanta vergogna perché ritengo che non sia una cosa normale. Mia madre dice che da bambina parlavo spesso da sola, ma adesso lo faccio praticamente in ogni momento della giornata. La stanza dove più mi trovo a mio agio è il bagno, perché la porta è chiusa e so che nessuno verrebbe a disturbare, mentre nelle altre stanze lo faccio con cautela, per paura di essere sentita. Lo faccio appena mi ritrovo da sola...inizio a parlare di un argomento che riguarda una cosa successa durante la giornata, come se avessi qualcuno davanti a me che mi ascolta. Ovviamente non ho visioni, non sento voci che mi rispondono, mi viene in mente una cosa e via, inizio a parlare. A volte lo faccio anche quando il mio compagno è a pochi metri da me ma so che non può sentirmi facilmente per via della tv accesa. Lui ride di questa cosa, mi prende in giro e a me da molto fastidio. Vorrei smettere ma non so come. Aiutatemi

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Miglior risposta 10 GIU 2016

Gentile Valentina,
Parlare a voce alta tra se e se non è in sé un problema, può essere un bisogno cognitivo per ordinare le idee e dar senso alle cose pensate, non è l'unica al mondo che ha questa lecita necessità Il problema è perché questo la fa sentire in imbarazzo di fronte al suo compagno, bisognerebbe spostare la questione e interrogarsi sulla confidenza che ha in lui e sul senso di complicità tra di voi. In bocca al lupo,

Dott.ssa Codruta Ileana Terbea Psicologo a Lecce

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13 GIU 2016

Cara Valentina,
parlare da da soli è un comportamento che tutti mettiamo in atto. La nostra mente inconscia è sempre attiva e parla continuamente (si chiama "dialogo interno") in ogni momento della giornata... tu hai semplicemente imparato a farlo a voce alta e non c'è nulla di strano in questo. Quello che puoi allenarti a fare è condividere con qualcuno, il tuo ragazzo in primis, alcuni di questi tuoi monologhi e impegnarti in un'attività da svolgere mentre parli a voce alta, magari questo potrebbe "impegnare" ancora di più la tua mente a fare altro e a ridurre la necessità di esplicitare a voce alta il pensiero.

Buona vita,
Dr.ssa Ilaria Terrone, Bari

Dott.ssa Ilaria Terrone Psicologo a Bari

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12 GIU 2016

Buonasera Valentina, sono d'accordo con la dott.ssa Codruta. Come mai le da fastidio che un esterno (addirittura il suo compagno, con il quale sarebbe lecito aspettarsi un livello di confidenza ed intimità tali da non sentirsi troppo in imbarazzo per questa sua modalità di auto-comunicazione) la giudichi su questa cosa? E poi, il timore di giudizio è solo su questa cosa, oppure può essere ampliato anche ad altri aspetti, eventi, momenti, emozioni, pensieri, etc.? Rispetto al fatto di parlare da sola, nella percezione sociale, questa è una modalità che viene, spesso, attribuita come comune soprattutto agli anziani. In realtà, il monologo interiore è comune a TUTTI ed il monologo interiore vocale è comune a tanti (ciò che può cambiare è la quantità di verbalizzato all'interno del quotidiano, non tanto se lo si fa o meno), anche se molti di questi lo negherebbero (ed anche per loro si dovrebbe riproporre la domanda appena fatta a lei). Infine, provo a farla riflettere su una questione: facendo finta, utopisticamente, che lei sia l'unica al mondo ad adottare una simile condotta, come mai pensa che questo abbia solo dei risvolti negativi? Personalmente ho ipotizzato giudizi negativi degli altri, ma si può anche pensare ad incipiente pazzia (?!?), disfunzioni cerebrali (?!?), singolarità del comportamento (?!?), etc.; lei, inoltre, ci ha parlato delle derisioni da parte del suo compagno, e così via. Ma non si potrebbe pensare anche ad un aspetto funzionale di questo comportamento di cui lei (inconsciamente) ha bisogno? Ad es., una migliore sequenzializzazione degli eventi che, attraverso il verbo, subirebbero una sorta di oggettivizzazione e certificazione che, solo nella sua testa, non avrebbero, facendole così emergere dei dubbi; oppure, un'abitudine ormai acquisita ma che, a livello di funzionamento globale del suo essere, non solo non l'ha danneggiata (o, per lo meno, non ne ha parlato di questo) ma, inoltre, le ha permesso (insieme a tante altre strategie emotivo-cognitivo-relazionali) di poter "stare" nel mondo in modo per lei vantaggioso. Insomma, se un qualcosa che noi pensiamo o facciamo viene giudicata buona o cattiva solo in base alle etichette esterne, il problema è, forse, l'importanza che viene data a queste etichette ed a chi le elargisce ed a quanto questo condiziona emotivamente il nostro quotidiano. Provi a riflettere con questi altri punti di vista e se si accorge, dopo attento auto-monitoraggio, che l'esterno, significativo o meno, le sembra troppo invadente ed intrusivo, allora forse è il caso di affrontare questo tema in un contesto psicoterapeutico che la possa aiutare a mettere un pò più di "spazio e tempo" (tecnicamente, demarcarsi) tra lei e questo esterno, facendo emergere più chiaramente i confini propri ed altrui.
Buona fortuna
dott. Massimo Bedetti
Psicologo/Psicoterapeuta
Costruttivista-Postrazionalista Roma

Dott. Massimo Bedetti Psicologo a Roma

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10 GIU 2016

Buonasera,
il suo è un pensare a voce, se non vuole essere derisa in ciò dal suo ragazzo eviti di parlare tra sé e sé visualizzando la reazione del suo ragazzo e il suo fastidio.

Anonimo-122284 Psicologo a Roma

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