Buonasera, sono una giovane donna di 33 anni. Vi scrivo per accertarmi di non stare impazzendo. Sono quasi 4 anni che sono seguita da uno psicoterapeuta per il disturbo paranoide di personalità. La terapia stava andando bene fino a qualche tempo fa. Ho fatto molti miglioramenti nel diluire la rabbia,nel socializzare e nel riuscire a pormi nei panni degli altri. Lui dice che ho tutte le capacità cognitive e tutte le risorse per superare i miei problemi. Oltre ad essere paranoica, ho anche molta ansia ,che mi prende quando devo affrontare qualcosa che reputo insormontabile (quasi tutto perchè ho un'autostima bassa). Oltre a tutto ciò purtroppo soffro molto per l'abbandono da bambina da parte della mia madre naturale. Cerco un aiuto perché il mio psicoterapeuta non lo capisco più. Si comporta in modo strano: corre per aprirmi la porta, ha iniziato a farmi complimenti, parlo di cose tristi e lui ride. Mi ha detto che vorrebbe portarmi in privato io sono seguita in asl). Ora, io vorrei parlare di tutto ciò, ma temo di poterlo deludere, in quanto la nostra relazione è diventata molto personale e ho capito che lui è sensibile alle critiche.Lui stesso ha ammesso di essere in controtransfert e mi ha parlato del fatto che io sono in transferta. La settimana scorsa mi ha chiesto di essere amici al termine della terapia e credo che questa cosa mi stia condizionando, perché non riesco più ad essere libera ed aprirmi.
Cosa posso fare in questa situazione?
Mi aiutate?
Io riesco a fidarmi solo di lui!
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5 LUG 2022
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Cara Farfallinablu, la cosa migliore che possa fare è parlarne con il suo terapeuta. Se lui è in difficoltà nel gestire la relazione terapeutica sta alla sua professionalità cercare una soluzione, che sarebbe andare in supervisione, o in analisi lui stesso, per capire cosa gli stia succedendo. Che il paziente non sappia gestire il transfert è un conto ed è una cosa normale, che il terapeuta non sappia gestire il controtransfert no. Ora lei, dal suo punto di vista, percepisce, giustamente, limitazioni al setting terapeutico, che non è più neutrale e non le permette di esprimersi. è un grave errore, dal mio punto di vista, chiedere ad una paziente di diventare amici alla fine della terapia, a terapia in corso. Ne avreste potuto parlare al termine effettivo della terapia. Tutto ciò sta creando aspettative da parte di entrambi che alterano il setting terapeutico e di conseguenza io non chiamerei più "terapia" quello che sta succedendo. Lei non dovrebbe distrarsi pensando alle aspettative del suo terapeuta e potrebbe prendere in considerazione l'idea di cercarne un altro, per quanto le possa sembrare doloroso il farlo. Si ricordi che lei ha cercato un terapeuta per stare meglio e, in questo momento, rischiate di vanificare i progressi fatti in questi 4 anni. E la responsabilità non è certo sua.
6 LUG 2022
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Gentile Farfallinablu,
purtroppo anche gli psicoterapeuti possono avere dei limiti e delle mancanze emotivo-affettive in forza delle quali commettere l'errore che sta commettendo il suo psicoterapeuta col rischio di non riuscire a gestire il suo controtransfert e non comportarsi più in maniera neutrale e professionale, per di più essendo ancora in corso la psicoterapia.
Pertanto, a mio parere, ritenendo difficile recuperare la relazione terapeutica antecedente, la cosa migliore che lei può fare è rivolgersi ad un altro terapeuta (preferibilmente di sesso femminile) se ha ancora bisogno di aiuto psicologico.
Cordiali saluti.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).
5 LUG 2022
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Salve, da terapeuta mi sentirei di consigliarle di parlarne tranquillamente con il suo terapeuta senza paura. Il suo terapeuta ha tutte le risorse e strumenti per elaborare quanto lei gli dirà e inoltre sarà materiale su cui lavorare insieme.Così potrà finalmente scrollarsi di dosso questi dubbi che la fanno stare male. Vada tranquilla e gliene parli.