Ho bisogno di tornare a credere in me stessa!
Salve,
ho 32 anni e, da circa cinque anni, sto vivendo il periodo più buio della mia vita, perché sto inseguendo, in maniera ossessiva, un sogno professionale, che è ancora lontano dal realizzarsi. Ho sempre vissuto solo per lo studio (lo so, questo è stato il primo errore!). Lo studio, per me, ha rappresentato una sorta di evasione dalla realtà, un modo per dimostrare a me stessa che, con sacrificio, impegno e spirito di abnegazione, avrei potuto realizzare tutti i miei obiettivi e andare via dal mio piccolo paese, che detesto con tutta me stessa. Sono sincera, perché non ho paura di scavare dentro me stessa, lo studio è stato anche lo strumento che ho utilizzato, per eccellere, forse, ho sempre voluto dimostrare di essere la migliore non perché più intelligente, ma perché capace di sacrificarmi. Ciò ha fatto sì che il mio percorso di studi fosse costellato di ansia e di dolori, perché ho constatato, fin dalla prima elementare, che molti conseguivano il mio stesso risultato con minore sforzo e pur non essendo esasperatamente ligi al dovere. Pertanto, ho subito sviluppato un senso di inadeguatezza, ritenendo che avessi bisogno di impegnarmi al massimo, per ottenere risultati. Ovviamente, ciò ha, spesso, inficiato la mia performance. E, tuttavia, ho concluso tutti i vari cicli scolastici, il mio percorso universitario, la formazione "post lauream" con il massimo dei voti. Però, quando ho dovuto affrontare il concorso che rappresenta lo scopo della mia vita, qualcosa si è inceppato. E' un concorso che prevede un limite massimo di tre consegne e questo ha contribuito ancor di più a caricarmi d'ansia. L'ho affrontato, per la prima volta, nel 2014 e, già ai tempi, mi sentivo troppo grande, perché l'anno precedente, il concorso non era stato bandito e, quindi, io lo stavo affrontando con un anno di ritardo rispetto a molti partecipanti (addirittura, con due anni di ritardo rispetto a coloro che avevano fatto la primina). La prima volta, non ho avuto il coraggio di consegnare ed è stato un dramma, per me e per tutti i miei parenti e conoscenti, perché non si capacitavano di questa mia decisione. Alla luce di ciò, l'anno successivo, nonostante avessi pochissima lucidità, ho consegnato, andando incontro alla prima bocciatura della mia vita. Credo di non aver ancora realizzato di essere stata bocciata, mi fa ancora così male quella sconfitta da non averla realizzata pienamente. Dopo questa bocciatura, mi sono immediatamente rimessa sui libri e mi sono presentata a tutti i successivi concorsi, senza mai avere il coraggio di consegnare, come a voler dire al mondo: io ci ho provato una volta, per farvi contenti, ora, si fa a modo mio e, finché non avrò la certezza di aver scritto tre elaborati ineccepibili, io non rischierò. E, però, così sta passando il tempo e i miei genitori, che in parte hanno ragione, non mi danno tregua: non possono più sostenere i costi della preparazione, in più, temono che possa accadere loro qualcosa e quindi vorrebbero avessi una mia indipendenza economica. Questo, però, li induce spesso a dire che, ormai, sono grande; che dovrei mollare, se non ho le capacità per superare questo concorso; che dovrei accontentarmi di esercitare la professione, per la quale sono già abilitata. Queste frasi sono una pugnalata alla mia autostima, già molto fragile. Sono convinta di essere una fallita e il fatto che me lo ribadiscano mi annienta e, soprattutto, ciò carica ancora più di paura il concorso. Io, nel profondo, credo di meritarla di farcela più di chiunque altro, perché ho dato la vita per lo studio e, però, questi sentimenti che mi corrodono l'anima vanno a minare anche la mia preparazione. Negli ultimi anni, proprio per cercare di riappropriarmi della mia vita, ho tentato di fare anche qualche altro concorso(molto pochi, per la verità), ma ho affrontato tutti i concorsi con la convinzione di non farcela, dato che per gli stessi non ho tanto tempo per prepararmi, e, ovviamente, si concludono con un'evitabile sconfitta (anche perché, durante la prova concorsuale, penso già a come dover giustificare la sconfitta ai miei e al resto del paese). In più, ogni volta che tento di fare un concorso diverso, incombe su di me l'idea del fallimento, perché, se avessi superato quel concorso, non sarei costretta a partecipare a concorsi per i quali non ho il minimo interesse. In più, in tutti questi anni, quando partecipavo al mio concorso, mi dicevo: ma se consegno, spreco un'altra possibilità, mentre Tizio ha ancora tutte le possibilità e potrebbe ancora partecipare e vincerlo, sebbene non abbia mai studiato rispetto a me. E sì, perché sto sviluppando una forte acredine nei confronti di coloro che riescono a realizzarsi, pur non essendosi mai impegnati. Come faccio a spezzare questa catena, a uscire da quest circolo vizioso? Io non voglio arrendermi, perché sono convinta di avere le qualità per farcela, ma devo liberarmi da questi blocchi psicologici e devo lasciare che la gente non mi ferisca. Qualche mese fa, ad esempio, una mia parente ha detto che, se sono arrivata a 32 anni senza aver concluso nulla, allora, non ho le capacità per farlo. So che non è così, so che questa tizia è solo una persona cattiva e meschina, ma parole come queste mi feriscono, mi lacerano dentro. Io so di valere, l'ho dimostrato in tutti questi anni, ma ora è tempo di agire. Devo superare le mie paure, voglio riacquistare la mia proverbiale "forza di volontà", vedermi così, fallita, senza lavoro, in balia degli eventi, mi distrugge. Certo, studio tutto il giorno e tutti i giorni, ma voglio essere serena e non so come farlo, dato che non posso nemmeno allontanarmi da casa, dipendo economicamente dai miei. Non capiscono che, con le loro parole, invece di spronarmi, non fanno altro che allontanarmi dall'obiettivo. E non voglio permettere che ciò accada, voglio essere indifferente alle critiche altrui. Confido in una vostra risposta.