Difficile rapporto con mia madre. Come gestirlo?

Inviata da Matilde · 8 feb 2017 Terapia familiare

Salve vi scrivo per avere una vostra opinione sul difficile rapporto che ho da sempre con mia madre , per capire come affrontarlo e se sia il caso di valutare un sostegno psicologico. Di seguito vado quindi a raccontarvi la situzione dandovi alcuni dettagli su e me e mia madre.
Io sono una ragazza di 30 anni, e mia madre mi ha avuta a 40 anni ( dato che lei e mio padre si sono sposati già grandi rispetto alla media); quindi già la differenza di età ha creato tra noi una forte barriera data da mentalità troppo diverse, a ciò si aggiunge la forte differenza di caratteri. Lei è sempre stata molto apprensiva con me e mio fratello, cosa accentuata dal suo carattere un pò "ansioso" ed eccessivamente premuroso. il punto è che tutto questo con l'avanzare dell'età secondo me è preggiorato notevolmente sfociando in un attaccamento eccessivo soprattutto a me. Cè da dire anche che mia madre , da quando ha avuto me e mio fratello, ha fatto la casalinga, ma non ha mai coltivato particolari interessi o hobbies per cui tutto il suo impegno è sempre stato dedicato solo a noi. Ora che siamo adulti le sue giornate sono più vuote. Tra l'altro lei a causa di un problema di vista non può più guidare, quindi non è autonoma negli spostamenti , e mio padre, che ormai ha 76 anni, non riesce ad assecondarla in tutto,
Nonostante la sua p remurosità non è mai riuscita a costruire con me un rapporto di dialogo (e ovviamente in questo forse sarò anche io resposanbile). E' sempre molto critica nei miei confronti, non mi da mai ragione su nulla, non ascolta consigli dati nel suo interesse da me , mio fratello o mio padre, vuole sempre fare di testa sua nonostante sia palesemente in torto. Non parla con noi dei suoi stati d'animo. Abbiamo continue discussioni ma lei non è in grado di vedere i suoi sbagli, continua per la sua strada al punto che quando esasperata mi innervosisco e reagisco di conseguenza lei a quel punto mette il muso e chiude la coversazione dicendo che la colpa è mia perchè le rispondo male. Quindi non si riesce mai ad avere uan conversazione che sia davvero costruttiva perchè lei si concentra solo sulla conseguenza e non sulla causa. Ho iniziato a pensare che non riesca a seguire i discorsi, o non voglia farlo ,perchè non presta attenzione a ciò che le dico (infatti poco dopo non lo ricorda) e in ogni caso poi fa sempre di testa sua. Tutto ciò mi scoraggia dall'iniziare qualunque conversazione e quando succede finisce sempre in discussione, e io ci sto malissimo.
Da un paio d'anni poi non appena succede qualcosa che a lei non sta bene ( quindi qualunque cosa), inizia a piangere, ma non vuole spiegarci il motivo. La sua unica giustificazione è che noi non le vogliamo bene e siamo poco affettuosi con lei.
A proposito di questo devo dire che io e mio padre non abbiamo un carattere espansivo quindi le nostre manifestazioni d'affeto ( con chiunque) non sono molto calorose, a differenza di mio fratello, ma questa è una cosa nota a chiunque ci conosca e non credo che possa essere considerata "una colpa". Siamo sempre stati una famiglia normale, senza particolari problemi più gravi che una famiglia possa affrontare. Ciò nonostante per lei non basta, tende sempre a fare paragoni con altre persone ; mai sia che il paragone lo faccio io (a suo discapito), succede una tragedia! Mio padre mi ha raccontato che appena sposati lei piangeva molto spesso ma non ha mai voluto dirgli il perchè, al punto che lui era preoccupato della cosa.
Dicevo prima che lei è molto apprensiva, ma la sua apprensione è legata solo a quei bisogni più "banali", di cui magari ti preoccupi se ha figlii piccoli, ma che se hai dei figli adulti passano in secondo piano. Ad esempio si preoccupa di chiedermi se ho mangiato o di dirmi copriti che fa freddo, ma non mi chiede nulla sulle mie emozioni, sulle mie aspirazioni, su quello che mi piace; quindi non mi conosce in realtà!
Circa 4 anni fa c'è stato un episodio che ci ha fatto preoccupare. Era il giorno della mia laurea, io all'epoca ero da un paio d'anni fuori casa, poichè studiavo in un'altra città lontana 600 km ,(naturalmente mia madre non ha vissuto benissimo il mio allontanamento, ma era attutito dal fatto che mio fratello vivesse ancora in casa con loro). Dicevo, era il giorno della mia laurea, i miei erano in un b&b con i miei ziii, mentre io ero a casa per cui ci saremo visti direttamente in università. Secondo il racconto di mio padre, già dal mattino sembrava confusa ( andò in bagno per lavarsi, al ritorno in camera non ricordava se si fosse lavata o meno), ma li per li mio padre non si preoccupò troppo e comunque non voleva allarmarmi. Durante la giornata la confusione continuò, tipo un'amnesia temporanea, infatti lei non ricorda il momento in cui eravamo in aula per la proclamazione. Solo una volta usciti dall'università mio fratello mi ha detto che lei non stava bene e a quel punto ho notato che lei era spaesata, non ricordava cosa stesse accadendo, mi chiedeve sempre le stesse cose. E' stato cosi per tutta la giornata, nel pomeriggio l'anno portata in ospedale per fare dei controlli, ma era tutto a posto, infatti il giorno dopo si è ripresa. Anche una volta tornati a casa abbiamo fatto dei controlli neurologici ma non c'era nulla. I meidci hanno motivato l'episodio come una situazione di forte stress emotivo e ansia. Abbiamo insistito perchè andasse a parlare con uno psicologo ma lei non ha voluto.
Un episodio del genere fortunatamente non si è più verificato, ma l'idea mi spaventa molto, prima di tutto per la sua salute e anche perchè da parte mia ho un bruttissimo ricordo di quella giornata nonostate dovesse essere per me un'occasione di gioia e soddisfazione.
A brevissimo io mi trasferirò nuovamente lontano da casa ( dopo 3 anni circa passati a casa) per andare a vivere con mio ragazzo con il quale sto da 6 anni. Dopo anni di rapporto a distanza abbiamo finalmente preso la decisione di vivere nella stessa città. La scelta tra la mia e la sua città era al 50 e 50 % ma tirando la somma dei pro e contro e approfittando del fatto che i suoi genitori ci hanno reso disponibile un appartamento che avevano in affitto, abbiamo optato per la sua città, cosa che a me non dispiace affatto. Per cui il mese prossimo io mi trasferirò li mentre il prossimo anno ci sposeremo. Mia madre ovviamente non ha accolto bene questa notizia, perchè si era prefigurata nella sua testa che io sarei stata sempre vicino a lei ( tipo badante), a maggiore ragione ora che anche mio fratello si è sposato e nonostante viva a 20 minuti dal nostro paese, non è più molto presente (e qui potremmo aprire un altro capitolo). Sicuramente questa cosa fa star male mia madre (dobbiamo anche dire che lei deve accettare che una coppia di freschi sposi voglia anche godersi il matrimonio nei primi tempi), ma non è un motivo per far ricadere su di me tutte le responsabilità di figlia, che sono ben lieta di assumermi ma non del tutto a discapito della mia vita. Quindi negli ultimi tempi l'agormento trasferimento e matrimonio ha scatenato infinite discussioni. Lei rimarca sempre il fatto che è contraria alla convivenza, che sarà sola, e che io sari dovuta rimanere qui con lei. Mio padre dal canto suo, nonostante anche lui abbia una mentalità un pò all'antica, ha ragionevolmente compreso la situazione, mi ha appoggiato in pieno e cerca di far ragionare mia madre , ma senza successo. Ogni volta che si tira in ballo l'agomento lei piange. Io non so come aiutarla, ciò mi fa sentire un pò in colpa, ma anche molto triste e piena d risentimento nei confronti di mia madre che non riesce ad andare oltre il suo "egoismo" e ad essere una madre presente e di sostegno in questa scelta cosi importante per me. Vorrei che mi desse dei consigli sulla casa, sull'organizzazione del matrimonio ma o piange o critica tutto ciò che faccio. Va da se che il mio stato d'animo in questo momento è sotto terra.
Sto provando a rassicurala dicendo che verrò a trovarla il più spesso possibile e che anche loro potranno venire quando vogliono, che deve essere felice per me, che deve mettere un pò da parte quello che vuole lei e pensare a quello che voglio io perchè il suo atteggiamento mi fa star male ma nulla da fare.
Ora quello che vorrei fare è farla parlare con uno psicologo, perchè penso che tutto quello che vi ho raccontato nasconda qualcosa di più profondo. Devo indirizzarmi verso una specializzazione particolare? E soprattutto come faccio a convincere lei? Posso portarla anche contro la sua volontà?
Non vorrei mai che le succedesse quello che è accaduto alla mia laurea, e stando lontano on mi sento per niente tranquilla a lasciarla in questo stato.
Cosa devo fare secondo voi?

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Miglior risposta 10 FEB 2017

Cara Matilde, la mia risposta potrà parerti sbrigativa in rapporto a quanto hai scritto ma è fondamentale andare al nocciolo della questione. Ovvero, ci sono situazioni sulle quali non possiamo agire in alcun modo. Alcune di queste son quelle che riguardano gli altri, sui quali non abbiamo alcun potere. Prova, nella vita di tutti giorni, a chiederti che cosa vuoi? Tu che cosa vuoi? I malesseri e i disagi dei genitori non devono diventare la scusa per non vivere. IO che cosa voglio? Si mi prendo cura dei miei, li aiuto come posso ma poi che cosa voglio? che cosa non sto facendo per me? Lamentarsi non serve a nulla, considerarsi delle vittime neanche. Quello che serve è iniziare a riportare l'attenzione sull'interno, sulle nostre emozioni e sui nostri bisogni. Il contesto in cui viviamo spesso non può essere modificato ma il nostro atteggiamento mentale si. E a 30 anni è giusto che tu cominci a centrarti veramente sulla tua, di vita, l'unica sulla quale hai davvero potere.

dott.ssa Chiara Pica

Dott.ssa Chiara Pica Psicologo a Grosseto

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6 OTT 2022

Buongiorno Matilde.
Vorrei subito farle notare che la sua storia è davvero lunga e non è possibile esaudire così tante richieste in una singola risposta. Le raccomando quindi di intraprendere un percorso, di orientamento sistemico-relazionale o cognitivo ad esempio, che possano andare al nòcciolo della sua relazione con la figura materna.
Seppur sembri esserci un disagio a mantenere questa relazione va riconosciuto che sua madre stia attivando in lei delle parti di sé che non ha mai sviluppato e si sente più vicina a suo padre in materia di affettività. Proviamo però a chiederci che cosa di questa mamma eccessivamente premurosa attiva in noi e che cosa potrebbe essere di aiuto per iniziare un dialogo diverso rispetto a quelli fino ad ora condotti con sua madre?
Si ricordi che il lavoro va prima fatto su di lei e, se possibile, va poi esteriorizzato nel dialogo con l’altro, pur sempre considerando che l’altro non ha fatto un lavoro su di sé e potrebbe non corrispondere alle sue richieste.
Le mando un saluto. Dott.ssa Silvia Leoni

Silvia Leoni Psicologo a Montegiorgio

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9 FEB 2017

Gentile Matilde,
mi sembra evidente che la fragilità psicologica di tua madre risale a molto tempo fa e che il suo ruolo genitoriale è stato un pò viziato dalla difficoltà di crescere i figli favorendone la auto-realizzazione e l'autonomia personale.
Penso che tu hai diritto a questa autonomia ma forse potresti migliorare la qualità del difficile dialogo con lei stemperando la rabbia più o meno consapevole nei suoi confronti e rassicurandola sul tuo affetto senza rinunciare a garbate restituzioni sulla sua modalità relazionale un tantino egoistica nei confronti dei figli.
Forse per fare questo con delicatezza e senza caricarti di sensi di colpa, anche tu potresti giovarti di un supporto psicologico che è invece indispensabile per tua madre che, come tu fai intendere, è contraria a questa possibilità.
Ciò non mi stupisce perchè spesso, dietro la tendenza a scivolare nella depressione di certe persone che inducono nei familiari sensi di colpa c'è una rigidità strutturale che non concede spazi alla possibilità di aiuto psicoterapeutico.
Su questo tema potresti consultarti con tuo padre e con tuo fratello cercando di fare fronte comune per persuadere tua madre ad accettare la psicoterapia.
Se questa cosa dovesse risultare proprio impossibile da fare, potresti essere tu, con l'aiuto della terapia, a perfezionare il tuo modo di relazionarti a lei senza rinunciare alla giusta realizzazione dei tuoi progetti di vita.
Cordiali saluti.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).

Dott. Gennaro Fiore Psicologo a Quadrivio

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9 FEB 2017

Carissima , capisco bene il problema e il suo stato d'animo. Lei vuole bene a sua madre e non la vuol vedere soffrire, ma sa che non può rinunciare alla sua vita per accontentarla.
Sua mamma è una donna che come tante, si è dedicata alla famiglia e che ora deve accettare l'allontanamento dei suoi figli il cosiddetto "nido vuoto". Questo passaggio è molto difficile per qualunque genitore, nel caso di sua mamma vi è in più il problema dell'età, che porta con se una maggiore emotività ed insicurezza, insieme a quello della consapevolezza di aver portato a termine un ruolo, quello di mamma di un adolescente. Sente che le cose sono cambiate e non sa come farvi fronte. Non può costringerla ad andare da uno psicologo, dagli psicologi ci si va se si ha intenzione di impegnarsi per superare un problema e soprattutto se si ha fiducia di potercela fare, altrimenti è tempo perso. Penso che sua mamma nonostante tutto, accetterà la cosa anche se ci vorrà un po di tempo e poi ne sara lieta, se lei sapra coinvolgerla nel giusto (si ricordi che la sua vita è sua).
Lei consideri che l'eta che avanza ci mette difronte a molte incertezze e paure (tristezza) e anche a tanti acciacchi (amnesie), i figli rapresentano la vita e anche se non lo si dice, il punto di riferimento per dare senso all'esistenza che abbiamo vissuto e il motivo per non arrendersi ancora.
Qall'ora lo volesse sono a vostra disposizione.
Cari saluti.
Dott.ssa Barbara De Luca

Dott.ssa Barbara De Luca Psicologo a Catanzaro

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9 FEB 2017

Cara Matilde

riesco a capire molto bene la situazione difficile ed esasperante in cui ti trovi!
Mamma ha delle difficoltà che hanno reso difficoltoso anche il rapporto con te e gli altri membri della tua famiglia. Tuttavia io sconsiglio di costringere una persona a incontrare uno psicologo contro la sua volontà: la motivazione è lo strumento principale per realizzare un cambiamento e se manca è molto difficile (se non impossibile) ottenere dei risultati. Però nella relazione mamma non è sola: ci sei anche tu! E anche tu riscontri delle difficoltà e delle emozioni negative che ti creano disagio. Quando il problema è di natura relazionale, la responsabilità (e quindi anche la possibilità di cambiamento) è a carico di tutti gli attori coinvolti; spesso se uno di essi cambia il suo modo di entrare in relazione, oltre a stare meglio lui, crea una modificazione del sistema che quasi inevitabilmente porta a cambiare anche gli altri membri. Quindi, il mio consiglio è di concentrarti su quello che puoi fare tu per stare meglio all'interno di questa situazione e per rendere la relazione con mamma più positiva: è molto probabile che provocherai indirettamente anche un cambiamento in mamma e, se anche questo non dovesse succedere, starai comunque meglio perchè riuscirai a stare in questa relazione difficile in modo diverso e più protettivo per te.
Io valuterei un percorso di sostegno per te: potresti restare stupita dei risultati.

In bocca al lupo per la tua nuova avventura

Dott.ssa Chiara Ostini
Sesto San Giovanni - Milano

Dott.ssa Chiara Ostini Psicologo a Milano

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9 FEB 2017

Cara Matilde,
Comprendo la situazione e le tue preoccupazioni ma la domanda che ti faccio è la seguente: è più facile che cambi la mamma o che cambi tu?
Se rileggi il tuo post noterai quante volte hai usato la parola "non" riferito alla mamma, al tipo di rapporto che avete, a come vivi tu il suo modo di essere, a tutto ciò che non ti piace o vorresti fosse diverso.
Probabilmente la mamma avrebbe bisogno di un aiuto psicologico ma è il bisogno di poter essere una donna adulta che sente il diritto di vivere felice e di poter costruire la propria vita indipendente, personale e familiare ad emergere dal tuo post. Un diritto legittimo che non diminuisce l'amore per i propri genitori ma a volte ce ne mostra i limiti, l debolezze, le fragilità. Accettarle è il primo passo per trasformare il rapporto che ci lega dall'infanzia in un rapporto adulto. Il mio consiglio è partire da te per aiutare lei ad accettare la realtà del tuo essere una persona adulta, figlia ma anche compagna, futura moglie e madre a tua volta. Potrebbe essere impegnativo ma è importante X entrambe.

D.ssa Daniela Sirtori Psicologo a Villasanta

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