Come riconoscere un disturbo alimentare?

L'approccio psicoanalitico nella cura dei disturbi del comportamento alimentare non riduce queste patologie ad un problema di peso o di nutrizione, ma le considera manifestazioni di un profondo disagio che emerge spesso in età adolescenziale.

18 DIC 2023 · Tempo di lettura: min.
Come riconoscere un disturbo alimentare?

Il rapporto che l'essere umano ha con il cibo e con l'alimentazione non risponde soltanto alla logica naturale dell' istinto di conservazione e di sopravvivenza. L'alimentazione non è un fatto puramente naturale, istintivo. Non mangiamo solo per sfamarci e nutrirci, per soddisfare un bisogno fisiologico, ma il cibo è strettamente connesso al piacere che ne traiamo e alla cultura a cui apparteniamo (lo dimostra ad esempio l'evoluzione dell'arte culinaria, a partire dal semplice iniziale gesto della cottura degli alimenti).

Non solo: l'atto di nutrirci è legato alla socialità, è un evento sociale, ci mette in relazione con l'altro, a partire dal primo momento in cui ci affacciamo al mondo (allattamento). In quest' ottica, dunque, i disturbi alimentari non possono essere letti soltanto come esito di un rapporto disfunzionale del soggetto con il cibo, come semplici distorsioni dell'appetito, ma devono essere considerati come manifestazioni, attraverso il corpo, di un disagio psicologico profondo.

L'esordio dei sintomi anoressici e bulimici avviene nella maggior parte dei casi in adolescenza. L'adolescenza segna un passaggio critico nello sviluppo dell'individuo: nel tempo dell'infanzia, infatti, il bambino é nelle mani di chi si prende cura di lui, da cui dipende totalmente. Poi, durante l'adolescenza, questo guscio in cui il soggetto è racchiuso si spacca e avviene uno strappo. L' adolescente rivendica il diritto di non essere più ciò che qualcun altro ha deciso per lui, ma di affermare un desiderio proprio: vuole essere qualcun altro, emerge l'essere singolare dell'individuo. Questo risveglio di primavera emerge prima di tutto attraverso il corpo e la necessità di abitare un corpo nuovo, che non é più il corpo angelicato dell'infanzia. E' un corpo caratterizzato dalla sessualità, attraversato da pulsioni e desideri nuovi.

Che spesso spaventano perché non si ha ancora la capacità di capirne le dinamiche e gestirne la portata. É un corpo che mostra la sua estraneità, che fa quello che vuole, tanto prossimo quanto straniero ed incontrollabile. L'adolescenza appare quindi come la terra di mezzo da attraversare, in cui non si é più bambini, ma allo stesso tempo non si é ancora adulti. L'adolescente non cerca più di rendersi adeguato all'immagine che di lui hanno il papà o la mamma, ma rivendica, anche con modalità estreme o patologiche, come l'anoressia, il proprio desiderio. In adolescenza il "sì!" del bambino buono e compiacente, che desidera assecondare il desiderio dei genitori si trasforma in un "no!" ad oltranza, un rifiuto che é un modo patologico di separarsi dall'altro famigliare. È proprio di fronte a questo momento critico e fondamentale che può esordire il disturbo anoressico, come una forma di rimedio, di soluzione, al difficile compito di separarsi dal sistema familiare trovando all'esterno un modello estetico socialmente accettato e desiderabile (il corpo magro). L'anoressia si offre inoltre come una soluzione alle passioni e ai desideri che attraversano il corpo nuovo, azzerandoli attraverso un'anestesia e un suo congelamento, in un tentativo di liberarlo dalla sessualità.

Come individuare l'insorgenza di un disturbo alimentare?

L'esordio del disturbo alimentare implica sempre una restrizione progressiva delle abitudini alimentari che può anche sfociare direttamente in una vera e propria anoressia, i cui segnali principali sono:

  • Calo del peso
  • Percezione corporea distorta
  • Ricerca ostinata della magrezza
  • Amenorrea

In genere questo é il primo tempo della malattia: il tempo dell'entusiasmo narcisistico per il cambiamento a livello della propria immagine, il tempo dell'orgoglio per il risultato raggiunto e del senso di onnipotenza che deriva dall' aver vinto la fame attraverso il controllo progressivo. In questo primo tempo il paziente si sente forte, non domanda nulla e basta a se stesso. Tuttavia questa fierezza ed euforia é destinata a rovesciarsi nel suo contrario, perché non si può vivere senza mangiare. Alla determinazione anoressica seguirà immancabilmente la disperazione bulimica. La bulimia è infatti una sorta di fallimento del progetto anoressico: ecco perché il sentimento affettivo della bulimica è segnato da una profonda depressione, da vissuti di indegnità ed inadeguatezza, oltre che da un senso di colpa divorante.

Come individuare l'insorgenza di un disturbo alimentare?

Inizia quindi un circolo vizioso che alterna l'imperativo della volontà anoressica a crisi di abbuffate bulimiche, in un vortice terribile dove domina comunque la stessa insoddisfazione e il senso di vuoto. Possiamo quindi dire che esiste una continuità di fondo tra questi disturbi, apparentemente opposti, e che essi non sono che due facce della stessa medaglia: cioè il modo con cui far fronte alla mancanza che caratterizza l'essere umano e che lo angoscia. Il soggetto bulimico divora ogni cosa per non sentire la mancanza, quello anoressico non domanda più niente per annientare ogni possibile mancanza. La mancanza nell'essere umano non é un deficit da correggere, ma la condizione vitale per ogni realizzazione creativa: é ciò che mi manca, ciò che non ho, a mettermi in moto per creare qualcosa che ora non c' è e che desidero.

È la mancanza a rendere creativa l'esistenza. Nessun oggetto, nessun cibo, nonostante l'infinita offerta di consumo che il discorso sociale ci impone, sarà mai sufficiente a sanare nell'essere umano la mancanza costitutiva che porta con sé. Perché questa mancanza chiede altro, chiede un segno all'altro che indichi al soggetto chi egli sia per lui. Per questo l'anoressia é una malattia dell'amore: il vuoto di chi la vive é un vuoto d'amore, l'anoressica reclama dall'altro la sua presenza, la sua attenzione, le sue parole e il suo rispetto, non cose o cibo. L'anoressica non vuole essere un sacco da riempire per l'altro, ma chiede che l'altro le offra il segno della sua mancanza, il segno del suo amore, e per questo é disposta a mettere a rischio la sua stessa vita.

L'anoressia, dunque, funziona come una vera e propria cura autoindotta a cui il soggetto si é sottoposto per affrontare un profondo malessere che emerge solitamente in età prepuberale e adolescenziale. La terapia orientata dalla psicoanalisi opera attraverso la parola e l'ascolto e si pone l'obiettivo di condurre il paziente ad interrogarsi sul significato e sulla verità inconscia dei suoi sintomi. La difficoltà maggiore che si può incontrare impostando una cura psicoanalitica con chi soffre di questi disturbi é cercare di scalfire la certezza che la malattia si riduca unicamente ad un problema di peso o di cibo, argomenti sui quali si concentra il discorso del paziente all'inizio. Man mano la terapia procede, assistiamo poi al riattivarsi nel paziente di un interesse verso il mondo, in particolare verso le relazioni affettive. Questo importante cambiamento è uno dei segnali dell'inizio del processo di guarigione perché indica un ritorno del soggetto alla vita attraverso la ritrovata capacità di investire emotivamente verso qualcosa e qualcuno che non siano il cibo e attraverso la possibilità di incontrare il proprio desiderio rinunciando all' identità offerta dalla malattia ("sono un'anoressica"/ "sono bulimica").

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Scritto da

Dott.ssa Caterina Zambotti

Bibliografia

  • M. Castrillejo, Il godimento anoressico-bulimico in M. Recalcati (a cura di) Il soggetto vuoto. Clinica psicoanalitica delle nuove forme del sintomo, ed. Erickson, Trento, 2011
  • M. Recalcati, Clinica del vuoto. Anoressie, dipendenze, psicosi, ed. Franco Angeli, Milano, 2002
  • M. Recalcati, L'uomo senza inconscio. Figure della nuova clinica psicoanalitica, Raffaello Cortina editore, Milano, 2010
  • M. Recalcati, L'ultima cena: anoressia e bulimia, ed. Bruno Mondadori, Milano, 2007

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