Disturbi del comportamento alimentare: quali origini? Quali caratteristiche? Quali possibili interventi?

In questo articolo verranno illustrate le possibili origini dei disturbi del comportamento alimentare, le caratteristiche ed i possibili interventi per la loro risoluzione.

15 DIC 2020 · Tempo di lettura: min.
Disturbi del comportamento alimentare: quali origini? Quali caratteristiche? Quali possibili interventi?

Una definizione del disturbo alimentare

Il disturbo alimentare, riscontrato per la maggiore nel genere femminile, è un comportamento egosintonico nel senso che la persona il più delle volte non lo percepisce come un problema a meno che non arrivi al limite, a differenza ad esempio di un disturbo d'ansia (egodistonico) dove la persona avverte il malessere e lo sente come distinto dal Sé.

Il disturbo alimentare è diverso a seconda del tipo di fascia di età in cui si manifesta.

  • Quando un bambino mangia troppo (o troppo poco), possiamo parlare di un disturbo dell'attaccamento poichè il disturbo alimentare interviene organizzando le funzioni di attaccamento della madre. Il bambino non presta attenzione al corpo perché ciò che gli interesse è il viso di sua madre. Il suo sintomo si configura così come regolatore degli attaccamenti con la madre. In queste casistiche a volte le madri cercano di essere le migliori mamm,e oppure proiettano narcisisticamente sul bambino il desiderio che il bimbo sia perfetto (mentre il bambino si ribella...). In questa fascia d'età il cibo è uno strumento che i bambini hanno per regolare la relazione con la propria madre e il loro non mangiare è una forma di opposizione nei loro confronti.
  • Nell'adolescenza, invece, il cibo non è solo veicolo della relazione ma anche di regolazione del Sé (io parlo con me, sto dicendo delle cose a me). Quando il corpo dimagrisce o ingrassa, l'adolescente è come se stesse dicendo delle cose a se stesso e non solo ai suoi genitori dicendo delle cose a me stessa e non solo ai miei genitori (alcuni esempi potrebbero essere "non mi piace come mi sembro" "non ho controllo, ma ce l'avrò se digiuno" "nessuno mi piega" )

Il cibo, in definitiva, rappresenta la produzione di relazione e la dimensione della cura, pertanto se la dimensione relazionale è sofferente questa potrà essere espressa a livello somatico attraverso il cibo. Il rapporto problematico con l'alimentazione rimanda alla difficoltà nel rapporto con l'altro, ad un problema di relazione, in particolar modo con la madre (figura di riferimento primaria per quanto concerne l'accudimento del bambino) e al conflitto dipendenza vs indipendenza da lei.

Una classificazione del disturbo alimentare

Il DSM-5, cita tra i disturbi del comportamento alimentare i seguenti.

  • L'anoressia, ovvero la restrizione nell'assunzione di calorie che porta ad un peso corporeo molto basso rispetto alla propria età, al proprio sesso e all'età di sviluppo (con possibile scomparsa delle mestruazioni nelle donne). L'anoressia è correlata ad un'intesa paura di aumentare di peso o di diventare grassi. La persona è come se avesse un'alterazione del modo in cui viene vissuto il proprio peso o la forma del proprio corpo, che porta ad una notevole influenza sui propri livelli di autostima (es: "se dimagrisco, ho un valore", "se aumento di peso non valgo nulla") e una mancanza di riconoscimento della gravità della propria condizione di sottopeso attuale.
  • La bulimia che si caratterizza per le ricorrenti abbuffate associate a condotte compensatorie finalizzate a prevenire l'aumento di peso (es: vomito autoindotto, lassativi, diuretici, digiuno, attività fisica eccessiva) che si manifestano nel mangiare per un periodo di tempo (es: 2 ore) una grande quantità di cibo, correlata alla sensazione di perdere il controllo durante l'episodio. Anche qui, la forma ed il peso del corpo influenzano i livelli di autostima della persona.
  • Il binge eating (alimentazione incontrollata) che si manifesta con ricorrenti abbuffate non necessariamente associate alla sistematica messa in atto di condotte compensatorie. Anche qui le abbuffate consistono nel mangiare per un periodo di tempo una grande quantità di cibo, correlata alla sensazione di perdere il controllo durante l'episodio ma devono essere presenti almeno 3 o più aspetti come: il mangiare più rapidamente del normale, mangiare anche se non si ha fame, mangiare da soli perchè ci si sente in imbarazzo, sentirsi disgustati, depressi o in colpa ecc.. Questo disturbo può essere presente sia in individui normopeso, sovrappeso o obesi.
  • Altri disturbi "moderni" come l'ortoressia, la vigoressia, etc.

L'esordio del disturbo del comportamento alimentare in ottica sistemica-relazionale

Possiamo rintracciare l'esordio del sintomo anoressico essenzialmente in due fattori che possiamo trovare:

  1. nella cultura occidentale.
  2. nelle modalità interattive specifiche adottate nella famiglia.

Per quale motivo emerge nella cultura occidentale?

Perchè ai giorni nostri è presente l'immagine di una bellezza per lo più ancorata al concetto di magrezza femminile, unita all'offerta enorme di cibo di cui possiamo beneficiare quotidianamente. Dunque il tema alimentare connesso all'estetica appare assai presente nelle nostre vite.

Rispetto alla società di un tempo, inoltre, attualmente si mette molto di più in primo piano il ruolo del figlio all'interno della famiglia (a differenza delle epoche precedenti dove i figli occupavano una posizione più marginale). Basti pensare alle famiglie che prediligono avere un unico figlio. Connesso a questo secondo aspetto, vediamo poi un prolungamento della fase di dipendenza dei figli dai genitori con una successiva responsabilizzazione di questi rispetto a un tempo.

Lo "sciopero della fame" sembra quindi svilupparsi laddove siano presenti determinate condizioni socioculturali, ovvero:

  • il cibo è abbondante;
  • la magrezza è di moda;
  • il benessere dei figli è un imperativo centrale nella famiglia;
  • la dipendenza dei figli dai genitori e perciò la loro responsabilizzazione è più dilazionata nel tempo.

Per quale motivo emerge all'interno di famiglie con specifiche modalità interattive?

Perché la famiglia può essere sia risorsa che limite; può essere sia un fattore protettivo per il figlio che un fattore di genesi e mantenimento di alcuni disturbi psicologici tra i quali il sintomo anoressico. A tal proposito, il libro "Giochi psicotici nella famiglia" cita l'importanza della coppia genitoriale nello sviluppo di un disturbo del comportamento alimentare, tra giochi di alleanze, coalizioni e istigazioni dei genitori che vedono il coinvolgimento dei figli nelle questioni di coppia, che in questo articolo però non verranno approfondite (Cirillo, Selvini Palazzoli, Selvini e Sorrentino, 2017).

Le caratteristiche della famiglia con un membro che soffre di DCA

Le famiglie con un membro che soffre di anoressia presentano spesso tali caratteristiche:

  • sono famiglie rigide ma allo stesso tempo iperprotettive e controllanti. Vengono percepite dai figli come oppressive, per questo il rifiuto del cibo viene vissuto come un modo per manifestare il proprio dissenso, staccarsi e acquisire autonomia;
  • sono solitamente famiglie che si preoccupano molto di più del funzionamento sociale rispetto al benessere psicologico dei figli e molto attenti alla performance (scolastica, sportiva, professionale) con una predominanza dell'aspetto mentale rispetto a quello corporeo ed emotivo;
  • le relazioni infantili con i genitori le troviamo spesso fusionali poiché i figli sono stati i contenitori delle aspettative e delle ambizioni dei genitori

Il più delle volte il conflitto delle figlie anoressiche si inserisce nel dovere di compiacere i genitori VS il desiderio di autonomia ed emancipazione (un conflitto inerente alla dipendenza VS l'indipendenza); il che porta a sperimentare angosce intense che non riescono ad essere verbalizzate ed elaborate e quindi finiscono per somatizzarsi nel corpo. Si potebbe dire che il controllo del proprio corpo rappresenta un modo per recuperare spazio e sottrarsi al controllo degli altri.

Le famiglie con un membro bulimico sono invece più spesso apertamente conflittuali, caotiche ed impulsive.

In sintesi, le organizzazioni mentali che sottostanno ai DCA potrebbero essere così riassunte.

Tratti individuali:

  • iper- responsabilizzazione di sé e nei confronti della propria vita ed adultizzazione (anche per non pesare su genitori e familiari);
  • tendenza al perfezionismo;
  • predominanza dell'aspetto mentale;
  • bisogno di tener sotto controllo l'ambiente circostante;
  • ridotta spontaneità nei rapporti interpersonali;
  • sentimenti di inadeguatezza, possibil ritiri depressivi e irritabilità.

Situazioni relazionali tipiche:

  • genitori sovraccarichi per problemi relazionali e quindi assenti dal punto di vista emotivo;
  • ipercriticismo ed aspettative esagerate sulla persona da parte delle figure allevanti che apporta nella persona un sovraccarico relazionale. A volte l'ipercriticismo avviene quandouno o entrambi i genitori criticano il difetto del coniuge che ritiengono vedere nella figlia/o;
  • atteggiamenti fragili delle figure di riferimento.

Qual interventi possibili?

Gli interventi per le persone con disturbi alimentari dovrebbero superare il modello medico e meccanicista volto esclusivamente a "far mangiare" o "far mangiare correttamente", in quanto essendo disturbi complessi che coinvolgono non solo la persona nella sua individualità ma anche il sistema famigliare in cui vivono, necessitano di un intervento multidisciplinare che coinvolge diversi professionisti (psicologo, medico nutrizionista, a volte anche psichiatra).

Dal momento che le persone che soffrono di anoressia si impongono sullo stimolo della fame per sperimentare controllo, forza e autonomia ed il controllo del proprio corpo può essere vissuto come un modo per recuperare spazio e sottrarsi al controllo degli altri unito tuttavia a forti sentimenti di inadeguatezza, il lavoro dovrebbe essere improntato sull'acquisizione di una maggiore autonomia, una solida identità e una maggiore stabilità emotiva.

Per coloro che soffrono di bulimia, invece, dove la tendenza è quella di autosvalutarsi eccessivamente per via delle abbuffate e mettersi in condizioni di rischio senza avere però non tratti così perfezionistici come in coloro che sviluppano un sintomo anoressico, il lavoro dovrebbe essere più improntato all'accettazione di sé.

Dalle ricerche recenti è emerso come l'intervento che prevede l'integrazione tra psicoterapia individuale e intervento familiare svolto a vari livelli sia il più efficace, soprattutto nei casi di persone giovani. Questo perchè le dinamiche famigliari risultano spesso correlate al disturbo alimentare. Utile anche per evitare l'abbandono prematuro del percorso dovuto soprattutto alla rabbia e all'impulsività tipica delle persone che sviluppano queste problematiche e alla loro struttura di personalità facilmente borderline.

Dott.ssa Elisa Simeoni

Psicologa clinica relazionale

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Scritto da

Dott.ssa Elisa Simeoni Psicologa Psicoterapeuta

Psicologa, laureata in Psicologia Clinica con il massmo dei voti presso l'Università Cattolica di Milano, in formazione come Psicoterapeuta alla Scuola di Specializzazione “Mara Selvini Palazzoli" di Brescia ad orientamento sistemico-relazionale. In costante aggiornamento anche nel settore legato alla promozione della salute e del benessere, attraverso corsi e seminari.

Bibliografia

  • Cirillo, Selvini Palazzoli, Selvini e Sorrentino, 2017. “I giochi psicotici nella famiglia”, Raffaello Cortina.

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Commenti 1
  • Margherita

    Si parla sempre e solo di anoressia e bulimia. Gli altri disordini alimentari, anche in questo articolo, sono lasciati ai margini eppure non sono causati da meno dolore, né causa di meno malessere

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