Fobia sociale: l'evitamento attivo di situazioni sociali

Che cos'è la fobia sociale? Quali sono i sintomi? E le cause? Quali sono, invece, i trattamenti più efficaci?

13 DIC 2017 · Tempo di lettura: min.
Fobia sociale: l'evitamento attivo di situazioni sociali

«Molti fobici sociali danno l'impressione di essere freddi e distanti. La spiegazione sta sia nella tensione ansiosa che avvertono nelle situazioni di scambio, sia nel desiderio di tenere l'interlocutore a distanza per non rivelare la propria vulnerabilità. Cosi arrivano a ingannare gli altri, preferendo passare per snob antipatici piuttosto che per malati di timidezza», André Christophe e Légeron Patrick, La paura degli altri, 1995.

E voi? Cosa sapete della fobia sociale? Noi di GuidaPsicologi ne abbiamo parlato con la Dott.ssa Patrizia Mattioli.

Che cos'è la fobia sociale?

La fobia sociale è l'evitamento attivo di situazioni sociali per la paura istintiva e ingestibile dei pericoli che comporta partecipare a occasioni sociali. Va distinta dall'ansia sociale, che è un'attivazione anticipatoria del pericolo. In entrambi i casi il pericolo evitato o anticipato è legato all'immagine sociale, di fare per esempio una performance insufficiente e quindi una brutta figura, di essere giudicati male e alle conseguenze che questa può comportare.

Mantenere alta l'immagine sociale è una condizione essenziale per mantenere uno spazio sociale, oltre a favorire la realizzazione dei nostri progetti. Siamo esseri sociali e abbiamo bisogno degli altri per raggiungere i nostri obiettivi. Chi è giudicato positivamente ha più probabilità di altri di ottenere ciò che desidera: dall'accettazione e sostegno, all'essere scelto come partner o come amico o per un incarico di lavoro.

Ogni volta che non riusciamo a mantenere l'immagine sociale e l'autostima a un livello adeguato, proviamo vergogna. È per non doverci vergognare che spesso facciamo o non facciamo una determinata cosa.

A che età si presenta?

Essendo legata a situazioni sociali, la fobia sociale può emergere a partire dal momento in cui l'individuo comincia a sviluppare emozioni sociali come la vergogna, il senso di colpa, il disprezzo, l'imbarazzo, etc., quindi già nella prima infanzia.

Quali sono i sintomi?

Nella fobia sociale strutturata l'unico sintomo visibile è l'evitamento delle situazioni temute: la persona tende a restringere il proprio raggio di azione, isolandosi o frequentando luoghi e persone familiari da cui non percepisce minacce. Finché questo è possibile la persona rimane relativamente tranquilla e in equilibrio, magari vivendosi qualche sentimento di frustrazione per obiettivi che non riesce a raggiungere o che addirittura non arriva a porsi.

Altra cosa è se si trova costretta ad affrontare le situazioni che normalmente evita, come nel caso di un'interrogazione scolastica per un adolescente, un esame universitario, una festa di compleanno o altre esposizioni inaspettate. In questi casi le reazioni emotive precedenti e contingenti all'evento possono essere molto intense, dalle reazioni fisiche, emotive e cognitive specifiche dell'ansia e della paura: battito cardiaco accelerato, tachicardia, respirazione affannosa, fame d'aria, senso di soffocamento o di vertigine, con senso di pericolo e perdita di controllo imminente, a reazioni psicosomatiche come dolori addominali, gastriti, mal di testa, ecc.

Quelle che ho descritto sono situazioni estreme, poi ci sono tutte le forme più frequenti di ansia sociale in cui le persone hanno paura di affrontare alcune situazioni ma non altre, per esempio non hanno problemi a partecipare a feste di compleanno o cerimonie, ma sono più preoccupate da eventi in cui sono al centro dell'attenzione e, se per esempio hanno un'esposizione programmata, vivono con ansia il periodo che la precede, immaginando scenari critici, affrontando comunque la "prova" senza troppi evitamenti e con oscillazioni emotive "sopportabili".

Una certa attivazione di ansia e preoccupazione rispetto a un evento a cui si tiene è da considerare fisiologica e la capacità di affrontare e superare le proprie paure fa parte del percorso di vita, ed è in genere un momento di crescita e di consolidamento della propria tenuta emotiva.

Quando si manifestano?

Come dicevo si manifestano ogni volta che la persona non riesce a evitare le situazioni temute, ogni volta che le vicende di vita la portano di fronte a situazioni sempre più complesse sul piano sociale, ed affrontarle è necessario per proseguire nei propri obiettivi di vita. Pensiamo per esempio a un individuo che ha paura di stare al centro dell'attenzione ma vorrebbe fare l'attore: o rinuncia al suo progetto o affronta la sua paura.

Come distinguere la fobia sociale dalla timidezza?

La fobia sociale è una forma di evitamento, la timidezza è, invece, più una caratteristica del carattere, una forma di pudore rispetto al farsi conoscere e in genere non induce all'evitamento. È un tratto del carattere che si manifesta maggiormente all'inizio di nuove relazioni amicali, sentimentali o di lavoro e tende a rientrare gradualmente man mano che i rapporti si consolidano.

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Esiste una correlazione tra ansia sociale e adolescenza? Se si, perché?

Sicuramente è molto presente durante l'adolescenza. Gli adolescenti sono molto sensibili al giudizio degli altri in generale, e dei coetanei in particolare. Una delle aree in cui sono più sensibili al giudizio è quella del proprio aspetto fisico: passando velocemente da un corpo bambino a un corpo adulto, vivono spesso sentimenti di estraneità e inadeguatezza verso il nuovo corpo, e il giudizio positivo degli altri risponde al bisogno di avere una conferma esterna dell'accettabilità anche dopo il cambiamento. Frequentemente evitano di trovarsi in condizioni diverse rispetto agli altri.

La paura del giudizio dei coetanei si manifesta anche come fobia delle interrogazioni e in generale delle prove di apprendimento: la paura di sbagliare, di provocare reazioni ironiche nei compagni e nell'insegnante può bloccare l'esposizione, sia verbale che scritta, al momento della prova; nei casi più estremi può arrivare a rendere difficoltoso lo studio e portare al ritiro scolastico.

Come possiamo aiutare "chi si nasconde" nella vita di tutti i giorni?

Più sono giovani e più è importante comprendere e accogliere la preoccupazione per gli altri e sostenere l'adolescente sul piano dell'autostima.

Se sono persone adulte, con cui si ha confidenza, si può cercare di sensibilizzare sul costo che la fobia sociale comporta, per esempio rispetto ai progetti di vita e al fatto che, come dicevo, più si restringe il proprio campo di azione più si rischia di perdere le competenze sociali e quindi di mettere in atto evitamenti sempre più ampi per non vivere le attivazioni emotive che l'esposizione sociale comporta.

Quali sono le conseguenze a lungo termine di una fobia sociale?

Se la fobia si stabilizza come sistema di gestione delle situazioni sociali attivanti, si rischia di restringere gradualmente il proprio spazio sociale. Più si evita e più si perdono capacità sociali e più si ha paura di affrontare nuove situazioni. Poiché il nostro percorso di vita va in una direzione progressiva, se questa viene attivamente evitata si va verso la regressione e competenze sociali una volta presenti possono andare perdute.

Quali sono le cause della fobia sociale?

Per comprendere le cause è importante innanzitutto ricostruire il significato della fobia all'interno del modo di essere della persona e della sua storia. Spesso una fobia sociale si costruisce e si consolida in ambienti familiari o relazionali rigidi e molto giudicanti, dove l'errore non è concesso e dove le aspettative sono massimali: per loro il massimo possibile è il minimo sindacale per potersi esporre, lo possono fare perciò solo se sono perfetti o se realizzano una prestazione perfetta. In altri casi l'ambiente familiare e relazionale non ha fornito sufficienti sostegni sociali (è quello che accade per esempio quando i genitori, conviventi o separati, sono in conflitto tale da perdere di vista la loro funzione genitoriale) e le persone, per questa ragione, non hanno potuto costruire l'autostima sufficiente e strumenti sociali efficaci a reggere il rapporto con l'esterno e il rischio che questo comporta.

Come professionista, cosa consiglia di fare agli adolescenti e in generale a tutte le persone che ne soffrono?

Il primo passo consiste nel prendere consapevolezza del problema: valutare realisticamente quanto le spiegazioni che si danno giustificano effettivamente appuntamenti, esami, evento mancati e non siano evitamenti sistematici dell'esposizione.

In secondo luogo, cercare di comprenderne i motivi, quali rischi si sono evitati per esempio.

Costruire una gradualità nell'esposizione: piccole esposizioni protette di solito aiutano a migliorare, per esempio esercitarsi a chiedere informazioni a persone che non si conoscono, o parlare di più quando si è in piccoli gruppi di persone amiche, per i più giovani cercare attività che costringano a parlare con gli altri, condividere le proprie preoccupazioni con altre persone che magari hanno lo stesso problema.

Come si cura? Quali sono i trattamenti più efficaci?

Se questo non dovesse bastare e quando la fobia sociale assume forme che interferiscono con i propri progetti di vita, è consigliato il ricorso allo specialista. Le psicoterapie a orientamento cognitivo comportamentale sembrano le più accreditate.

«Contrariamente ad altre modalità della sofferenza psicologica, la fobia sociale conserva una certa discrezione. Non sfocia in comportamenti impenetrabili o appariscenti, a differenza di schizofrenia e attacchi maniacali. Non disturba, come l'anoressia mentale. Non scatena comportamenti aggressivi nei confronti degli altri, come la paranoia, o nei confronti di se stessi, come la depressione. Il problema principale della fobia sociale è che si passa inosservati, un po' come i bambini troppo giudiziosi e discreti, dei quali si finisce per accorgersi tardi che non sono giudiziosi ma depressi, che non sono discreti ma inibiti», André Christophe e Légeron Patrick, La paura degli altri, 1995.

Hai bisogno di ulteriori informazioni su questo tema? Chiedi informazioni privatamente alla Dott.ssa Patrizia Mattioli.

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Scritto da

Dott.ssa Patrizia Mattioli

Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale, Socio ordinario della Sitcc. Consulente scolastico. Lavora da trent’anni in campo clinico e scolastico. Ha pubblicato Itinerario di Psicologia (2008), Uno Psicologo nella Scuola (2015) e Attaccamenti a Scuola (2017). Autrice di numerosi articoli pubblicati nel web e su riviste di settore. Blogger per Il Fatto Quotidiano

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