Fame di emozioni, overdose di vuoti.

Mangiare è considerato uno dei piaceri della vita, il cibo gratifica; i disturbi alimentari sono un esempio significativo di come il cibo sia regolatore di stati affettivi negativi

19 MAR 2018 · Tempo di lettura: min.
Fame di emozioni, overdose di vuoti.

È di facile intuizione la correlazione tra cibo e stati emotivi se molto banalmente si pensa che per festeggiare un momento di gioia si va a cena fuori o a fare un aperitivo e nel caso di forte stress, noia o rabbia, si apre il frigorifero e ci si concede qualcosa di buono.

Il cibo è qualcosa che fisiologicamente dà piacere e appagamento, non si può negare. In senso evolutivo la nutrizione è necessaria per la sopravvivenza e, se mangiare risulta appagante e piacevole, l'uomo sarà portato a nutrirsi garantendo la sopravvivenza della specie. Allo stesso modo per garantire la riproduzione, la natura conferisce all'atto sessuale il piacere dell'orgasmo.Il piacere è dunque primordialmente correlato alla nutrizione e al sesso a garanzia dell'evoluzione della specie.

D'altro canto il bambino quando nasce instaura la relazione più intima ed emotivamente intensa con la madre che è colei che lo allatta e che lo ha nutrito tutto il periodo della gestazione; nutrendolo lo appaga e lo gratifica nei suoi bisogni e questo scambio tra qualcosa che ha la madre nel suo corpo (latte)e qualcosa che prende il piccolo per sopravvivere assume una funzione biologica molto importante a livello di regolazione emotiva.

Crescendo, ci si accorge che nella vita di tutti i giorni il cibo diventa una costante e, mentre le persone e gli avvenimenti della vita quotidiana possono evocare sensazioni negative, il cibo nell'immediato non ci delude mai, è una certezza, è disinteressato, non chiede nulla in cambio e magari rievoca anche ricordi piacevoli, placa stati d'animo negativi, e in quest'accezione assume significati opposti alla nutrizione e funziona da regolatore di stati affettivi.

Ovviamente coloro che usano il cibo come regolatore degli stati d'animo abbuffandosi o denutrendosi come ricatto emotivo nei confronti della famiglia, hanno sviluppato una emotività anomala, non è avvenuto uno sviluppo sano della regolazione delle emozioni. Il disturbo di personalità borderline è il tipico disturbo caratterizzato da instabilità emotiva, grandi emozioni, idealizzazioni, svalutazioni, atti di autolesionismo. I disturbi dell'alimentazione (anoressia nervosa, bulimia nervosa, binge eating disorder) s'inseriscono spesso in un quadro di personalità di questo tipo.

La ragazza con disturbo di anoressia restrittiva ha fame di amorevoli attenzioni, di controllo, di contare qualcosa, di riunire la sua famiglia, di non sentirsi all'ultimo posto, tutti significati che, a seconda dei casi di specie, la patologia può assumere. Sostanzialmente sono bambine trasparenti, non viste, che non creano problemi perché sono compiacenti, ma hanno fame d'amore, un amore non trasmesso in maniera adeguata durante la crescita e che rivendicano con una sorta di ricatto emotivo inconscio nei confronti della famiglia: "se non mangio, se divento un problema, allora finalmente mi guarderete." Inoltre perdere peso fa sembrare molto più piccoli della propria età e questa regressione garantisce un'attenzione e cura maggiore.

Nella bulimia nervosa e anche nel binge eating disorder (BED), lo scopo inconsapevole invece è riempire dei veri e propri vuoti emotivi abbuffandosi in un lasso di tempo molto ridotto, salvo poi sentirsi in colpa e adottare condotte compensatorie. Questo vuoto è percepito a livello corporeo ed è riempito concretamente con quello che c'è, senza provare particolare gusto ma con lo scopo di sentirsi pieni. Il vuoto è la parola chiave che può prendere il nome di noia, di solitudine, di mancata definizione di sé (chi sono?, sono adeguato?) e incontra la sua principale causa nell'assenza di parametri di riferimento durante la crescita, punti di riferimento che, sebbene esistano, non sono sufficientemente supportivi e in grado di accompagnare con caloroso sostegno ma non invadente le novità, i cambiamenti, le nuove complicate tappe adolescenziali.

Tutte queste dinamiche sono amplificate se contestualizzate nella società contemporanea, caratterizzata da opulenza, benessere, dall'occupazione di entrambi i genitori che, per "risarcire" la loro assenza, si prodigano per non far mancare nulla ai figli a livello materiale, compensando anche il loro senso di colpa. Alla sera, sommersi dalla stanchezza della giornata, il bambino deve essere buono, un bravo bambino, non deve piangere, per cui non è ammesso essere tristi e si introietta la tristezza; deve compiacere i genitori per ricevere il loro affetto, per cui non deve essere sé stesso; non deve avere paura, perché è sintomo di debolezza e deve essere coraggioso; non può arrabbiarsi perché deve dare pochi problemi.

Viene fuori un bambino inautentico.

Essere inautentici richiede molta energia emotiva, fingere di stare bene quando si sta male, fingere di essere qualcuno che non si è per paura di non essere accettati, fingere che stiamo scegliendo di vivere in un certo modo mentre invece stiamo compiacendo aspettative esterne per non deluderle. Tutta questa finzione, inautenticità, falsità inconsapevole (a livello cognitivo) provoca vuoto, inconsistenza, stress elevato e la mente emozionale lo sa, per questo viene utilizzato il "sintomo" del disturbo alimentare per compensare e riportare a una sorta di omeostasi emotiva. Per sentirsi vivi emotivamente, cioè per sentire che non si è trasparenti, ma si esiste e si hanno dei bisogni.

Il disturbo diventa il grido di aiuto.

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Scritto da

Dott.ssa Elisa Priori

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