Come si fa una diagnosi psicologica? Chiavi per farlo

Qual è l'obiettivo principale di una diagnosi psicologica? Come può aiutarci a migliorare il nostro benessere? Scopri la realtà dietro una diagnosi.

4 APR 2023 · Tempo di lettura: min.
Come si fa una diagnosi psicologica? Chiavi per farlo

Uno dei compiti principali della mente è dare un senso alle esperienze vissute e, quindi, riuscire a capire cosa ci accade. Questa capacità è fondamentale, al punto che, quando la mente non riesce a dare una spiegazione agli eventi vissuti, si aprirebbero le porte ai vissuti traumatici e, di conseguenza, alla psicopatologia (Velotti, 2015).

Albasi (2015) ci dice che la personalità consiste in modi specifici e stabili in cui la mente dà un senso alla realtà. Potremmo dire che la nostra personalità dipende dal tipo di "lente" attraverso la quale leggiamo e spieghiamo la realtà. Pertanto, più la realtà è insignificante e incomprensibile, più le nostre menti abbracceranno la psicopatologia. Per riassumere: il trauma consiste in un evento che non è riuscito a fornire una spiegazione accettabile e una psicopatologia nei modi distorti in cui le nostre menti precedentemente traumatizzate spiegano eventi passati e futuri.

Affinché la mente sviluppi questa capacità (di dare un senso alla realtà), i caregiver devono essere in grado di tenere presente il significato che l'esperienza può avere per il bambino quando si relazionano con lui (Albasi, 2015).

Come affermano Storolow e Atwood (1992), il modo di entrare in relazione con il mondo, con se stessi e di interpretare la realtà si sviluppa nel contesto familiare, organizzando inconsapevolmente anche esperienze successive (compresa quella che il paziente vivrà in reparto) . di analisi). Si stabilisce così un sistema stabile e puramente inconscio attraverso il quale diamo significati (non necessariamente adattivi) alla realtà.

Il trauma, che qui è un trauma relazionale, bloccherà la capacità del bambino di dare un senso "sano" alla realtà. Ecco allora che diventa fondamentale avere uno spazio in cui poter parlare della propria storia. Il racconto prodotto in analisi, infatti, permette alla persona di leggere e rileggere la propria vita da un punto di vista più funzionale (Tricoli, 2017).

Se è ormai chiaro come ci ammaliamo all'interno delle relazioni, sarà anche chiaro che è sempre attraverso le relazioni che possiamo guarire noi stessi. Ecco allora che la relazione terapeutica diventa cura e diagnosi su misura per quella specifica persona. Ciò è dovuto al semplice fatto che il rapporto instauratosi all'interno dell'ufficio non sarebbe altro che la riproduzione di tutti gli altri rapporti presenti e passati. Pertanto, il lavoro terapeutico deve permettere di toccare entrambi gli aspetti.

Come si fa una diagnosi psicologica?

Si parta dal presupposto che conoscere la diagnosi non è conoscere il paziente, ma solo un'etichetta che nasconde dietro di sé un volto, una storia, delle parole ed una persona che le fanno da supporto. "Diagnosi" significa "conoscere attraverso", che tradotto nel linguaggio psicanalitico, potrebbe significare: conoscere quella persona attraverso i sintomi di cui lei ci parla.

Tuttavia, è importante ricordare che la diagnosi non deve diventare un letto di Procuste ideologico; non deve dunque essere un contenitore in cui voler far entrare a tutti i costi un qualcosa di forma incompatibile, altrimenti andremmo a perderci l'unicità della persona, correndo il rischio di arrivare ad avere, attraverso di essa, più informazioni sulla personalità del terapeuta, piuttosto che su quella della persona sofferente (Rossi Monti, 2001). Nancy Williams (2011) spiega come, nonostante le critiche efferate, la diagnosi sia un qualcosa di assolutamente apprezzabile; ciò che porta il processo diagnostico a godere di una cattiva fama non è la sua essenza ed il suo scopo reale, quanto piuttosto il cattivo uso che ne viene fatto. Ciò che volgarizza un buon proposito, infatti, non è la sua natura, ma una sua perversione.

La diagnosi è sicuramente un qualcosa di rassicurante. Parlando per metafore, il terapeuta potrebbe essere visto come il navigatore che guardi con timore l'avvicinarsi di mari inesplorati. Tuttavia, l'equipaggio (il paziente) si sente rassicurato all'idea che il loro comandante sia una persona affidabile e consapevole di quale sia l'obiettivo da raggiungere (Kaneklin ed Olivetti, 2013). D'altronde il paziente, dal latino "colui che soffre", si rivolge ad uno specialista con il desiderio implicito che questo sappia come alleviarne la sofferenza (McWilliams, 2011). Detto questo, e per tornare alla metafora, è evidente che la strada la si dovrà percorrere insieme attraversando l'ignoto dell'unicità della persona, ma, allo stesso modo, la consapevolezza che non si stia navigando all'avventura, ma guidati da un solido obiettivo, diventa un elemento propulsivo e rassicurante del lavoro (Kaneklin e Olivetti, 2013).

Risulta ora molto interessante un accenno sul come la psicoanalisi relazionale veda e consideri la diagnosi. A tal proposito risultano illuminanti le parole di Mitchell (1988) quando spiega come le modalità inconsce (strutturatesi all'interno delle relazioni con le figure significative) una volta consolidatesi nel tempo, porteranno la persona a perpetuare quelle stesse modalità nel rapporto con sé ed il mondo. Che cosa ci dice tutto questo? Che comprendere il funzionamento della mente al cospetto delle relazioni con l'Altro, costituisce un lavoro diagnostico in piena regola (Fontana 2017). La diagnosi è sempre una diagnosi delle relazioni passate che si ripresentano e mostrano nel qui ed ora della seduta.

Fin dalle sue origini la psicanalisi si è interrogata sulle modalità con cui si dovesse rapportare all'unicità ed alla singolarità degli esseri umani. Ciò che ne è emerso è come tale unicità non potesse essere riassunta per mezzo di una semplice diagnosi. La sofferenza, semmai, può essere resa nominabile anche per mezzo di essa. Questo spiega perché il processo diagnostico in psicanalisi oltre ad essere complesso risulti anche estremamente delicato. È evidente che il clinico non si debba limitare a dividere il mondo tra persone malate e sane, ma, al contrario, debba anche e soprattutto chiedersi, circa le persone più sofferenti, quanto siano sofferenti ed in che modo particolare esse lo siano (Nancy mcwilliams 2011). Emanuela Mundo (2017) afferma che la diagnosi non dovrebbe diventare uno strumento volto a soddisfare un bisogno di controllo del terapeuta o una tendenza a de-responsabilizzare lo stesso dallo stupore che egli dovrebbe provare di fronte ad ogni nuova singolarità. Non è possibile, ma solo illusorio, credere di potersi rifare ad un sapere precostituito per prevedere e misurare ciò che di per sé è irripetibile: cioè l'essenza e la sofferenza umana.

Come afferma Nancy mcwilliams (2011) le analisi psicometriche sull'andamento del percorso psicoterapeutico sono alquanto riduttive; è evidente che un trattamento psicologico porta a miglioramenti nel campo dell'amore, della vitalità e nella gioia di vivere, tuttavia è altrettanto evidente che nel momento in cui la persona trova la forza di affrontare il cambiamento e mette in atto nuovi comportamenti vedrà i suoi livelli di ansia crescere. Indi per cui, una misurazione psicometrica operata in quella specifica circostanza tenderà a rilevare livelli di ansia più elevati. Bisogna assolutamente notare, però, che tali aumentati valori non saranno imputabili ad un disturbo, quanto piuttosto ad un accresciuto coraggio nell'affrontare i cambiamenti.

Ecco che, per fornire un'ulteriore esempio, un uomo che abbia sempre reagito alle proprie perdite negandosi la sofferenza vedrà anche aumentare il proprio livello di depressione qualora dovesse trovare la forza di lasciarsi invadere dalla pregnanza delle proprie emozioni negate. La diagnosi oggi gode di una cattiva fama principalmente per il tipo di uso volgare che ne è stato fatto, ma il processo diagnostico deve continuare ad esistere e deve addirittura divenire un autentico tormento per l'analista e per colui che studia nell'ambito psicoanalitico.

Un tormento che, però, deve distanziarsi dai numeri, dalle categorizzazioni e dai nomi, così da riuscire ad avvicinarsi sempre più all'unicità non omologabile del singolo. Cosa significa tutto questo? Che, come ammette la Mundo (2017), la diagnosi non verrà più usata per collocare un soggetto in una categoria, ma, piuttosto, per porre l'analista in una specifica posizione di ascolto del soggetto e del suo inconscio. Come afferma Bion (1992) lo psicoanalista dovrebbe agire nel processo di cura senza memoria né desiderio.

Come si fa una diagnosi psicologica?

Massimo Recalcati (2017) spiega che agire senza memoria significa riuscire a mettere da parte ciò che già si conosce per riuscire ad incontrare l'altro nella sua essenza ed unicità. Ogni paziente diviene così un'eccezione alla regola e solo così la diagnosi diventa un vestito cucito su misura per quella specifica persona. Come disse Freud (1980) ogni volta che ci si trova di fronte ad un nuovo paziente la teoria ci abbandona, tuttavia, laddove arriva a mancare la teoria universale, arriva in nostro soccorso la pienezza della singolarità della persona. Agire senza desiderio, prosegue Recalcati (2017), significa vivere il paziente senza aspettative, lasciandolo libero di trovare quella che sarà la strada a lui più congeniale.

Ogni diagnosi nosografica (Rossi Monti, 2008) getta dietro di sé un cono d'ombra; in questo cono d'ombra si apprezzano percorsi che hanno seguito le strade più disparate che, nel percorso diagnostico e terapeutico, è necessario andare ad esplorare. Per fortuna nell'esatto momento in cui ci si allontana dalla statistica e si incontra la persona si torna ad esperire una confusione salutare che restituisce uno spazio autonomo ad una relazione terapeutica in grado di riconnettere il sintomo alla persona ed alla sua storia.

La diagnosi in psicanalisi richiede quindi una grandissima attenzione alla specificità delle persone e delle loro pene sofferte. Ecco che dietro al trauma e dalla sofferenza esperite dal paziente bisogna ricercare il senso che le ha rese possibili e nel fare ciò è necessario andare oltre la semplice diagnosi facendo affidamento ad uno strumento estremamente delicato, ovvero la relazione che si sviluppa nel qui ed ora della stanza di analisi. Così facendo i comportamenti osservabili ed i sintomi riferiti dal paziente diventano la punta di un iceberg, che nasconde specifiche modalità di significare la realtà sviluppatesi a partire dalla propria storia personale, dalla propria cultura, dal proprio tempo storico ed dalle proprie componenti genetiche (Minolli, 1993).

E allora che resta dei sintomi? I sintomi sono quei "vestiti" che la nostra epoca ci mette a disposizione perché, attraverso essi, si possa capire qualcosa in più circa la sofferenza sottostante. Risulta ovvio che, in quanto amanti della psicoanalisi, in questa sede, si è stati maggiormente interessati al senso ed al significato a cui i sintomi alludono. Il sintomo, come un vestito scelto all'interno di una "boutique culturale ristretta", mostra le "forme del corpo" sottostante. Mi piacerebbe concludere con una frase che riassume bene il pensiero sopra espresso: "la persona è quello che è, non quello che ha."

Come si fa una diagnosi psicologica? Chiavi per farlo

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Scritto da

Dott. Andrea Brumana

Bibliografia

  • Albasi, C. (2015). Comprendere il male. Il disturbo antisociale di personalità. Bologna, il Mulino
  • Atwood, G. E., & Storolow, R. D. (1992). Contest of being: The intersubjective fondazione of psychological life. Trad. It. I contesto dell'essere. Le basi intersoggettive della vita psichica. Torino, Bollati Boringhieri Editore (1995)
  • Bion, W.F. (1992). Cogitations. Londra, Karnac Books
  • Fontana, M. (2017). La diagnosi è le sue implicazioni nella clinica psicoanalitica. Roma, Giovanni Fioriti Editore
  • Freud, S. (1980). Cinque conferenze sulla psicoanalisi. In Opere (a cura di Cesare Musatti). Torino, Bollati Boringhieri
  • Kaneklin, C., & Olivetti Manoukian, F. (2013). Conoscere l'organizzazione. Formazione e ricerca psicosociologica. Roma, Carducci editore
  • Mcwilliams, N. (2011). Psicoanalitica Diagnosis. Understanding personalità strutture in the clinica processo. Trad. It. La diagnosi psicoanalitica, Roma, Ubaldo i editore
  • Minolli, M. (2009). Psicoanalisi della relazione. Milano, Franco Angeli

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