Introduzione all'opera di Françoise Dolto. Teoria, clinica, etica in psicanalisi infantile

Pubblicazione su Rivista Nascere (n.136 Agosto/Settembre 2019) Educazione, prevenzione e cura nel sistema familiare

19 OTT 2020 · Tempo di lettura: min.
Introduzione all'opera di Françoise Dolto. Teoria, clinica, etica in psicanalisi infantile

Introduzione all'opera di Françoise Dolto. Teoria, clinica, etica in psicanalisi infantile

Il lavoro "psi" con i bambini richiede, da parte del professionista, un senso etico profondo dal momento che la strutturazione soggettiva del piccolo d'uomo è condizionabile dall'ambiente circostante e, ancor più, da chi vi lavora direttamente nella relazione di transfert. E, dato che il primo ambiente del bambino è costituito dai genitori, non è possibile concepire un lavoro psicologico con questi senza di loro. È tale l'innovazione nella metodologia clinica di Françoise Dolto (1908-1988), pediatra e psicoanalista francese che rivoluziona il lavoro psicoanalitico con la famiglia perché segna, con la sua esperienza, una differenza dal modello anglosassone: il bambino va accolto insieme ai genitori perché questi sono "i primi a sapere, hanno soltanto bisogno di una conferma autorevole alla loro intuizione"[1]. È un concetto originalmente doltoniano, infatti, quello dell'esistenza del bambino come frutto di tre desideri: "occorre almeno il desiderio cosciente di un atto sessuale completo da parte del padre, occorre almeno un desiderio inconscio da parte della madre, ma quel che di solito si dimentica è che occorre anche il desiderio inconscio di sopravvivenza dell'embrione in cui si origina la vita umana. In effetti, la vita si origina già segnata, nell'oscurità del suo sviluppo fisiologico, dalle condizioni simboliche cui il bambino è iniziato: da una potenziale pienezza della vita simbolica o, al contrario, da una vita simbolica già parzialmente perturbata, disordinata o ridotta a zero"[2].

È solo intervenendo con tutti i componenti del sistema familiare, anzitutto attraverso l'accoglienza e l'ascolto, che si rende possibile il trattamento del bambino. Il "trattamento" – significante che potrebbe aprire a una discussione e a un confronto tra gli psicoanalisti – è per intendere che la Dolto ha focalizzato l'attenzione su una politica di psicoprofilassi, oltre che sulla cura. Anche qui siamo apparentemente di fronte a un ossimoro laddove, se per la psicoanalisi non c'è prevenzione del soggetto, per la psicoanalista francese una parola vera, data sin dalla nascita al bambino, può avere un potere di prevenzione per la libertà del soggetto stesso dalla patologia. Ecco perché la prevenzione e la cura, passando per l'educazione, sono la trama del discorso teorico-clinico di Dolto, cui si è voluto dare il meritato valore – contro ogni forma di esclusione prevista dalle politiche delle scuole di psicoanalisi in Francia, già quando la nota psicoanalista era in vita e, altrove, dopo la sua morte – attraverso la prima Introduzione italiana alla sua opera, sottotitolata per l'appunto Teoria, clinica, etica in psicanalisi infantile […] Tutto ciò con il solo obiettivo di far conoscere alle famiglie in primis – e poi ai professionisti che, a vario titolo, lavorano con genitori e figli – l'esistenza di un approccio clinico preventivo dello sviluppo di potenziali disturbi psicopatologici o trattabile gli stessi, nel rispetto della diversificazione delle forme del disagio psichico e delle possibilità terapeutiche-curative di queste.

Scriveva Dolto più di quarant'anni fa: "[…] l'autorità dello Stato obbliga alla sorveglianza e alla prevenzione medica […] quando si tratta, invece, della morbilità e della mortalità simbolica costituita dalle nevrosi, dalle psicosi e dalla maggior parte delle difficoltà di crescita mentale e affettiva, e perfino quando se ne conosce l'origine strutturale precoce […] è proprio necessario continuare a correggere a cose fatte, aiutare a cose fatte quando si potrebbe prevenire? Sarebbe un'utopia, nella nostra epoca, auspicare una politica dell'infanzia e della prima giovinezza, una politica che rispettasse l'originalità di fondo di ogni triangolo padre-madre-bambino, non separando mai il bambino dai suoi genitori prima del momento in cui sopraggiunga il suo desiderio…?"[3].

Non è possibile che queste parole risuonino ancora attuali. Non è possibile che genitori in difficoltà debbano alienarsi in molteplici percorsi specialistici e disperdersi in anonimi protocolli istituzionali a causa dei quali i figli vengono spersonalizzati, in quanto oggetti dal comportamento disfunzionale che è necessario correggere. Siamo di fronte ai bambini, quindi a soggetti in evoluzione, il cui disagio è da ascoltare e comprendere. E di fronte ai genitori, talvolta emotivamente carichi perché angosciati dalle difficoltà del proprio figlio, per cui vanno accolti e ascoltati anziché colpevolizzati o accusati.

[…]

Dr.ssa Annamaria Spina


 

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Scritto da

Dott.ssa Annamaria Spina

Bibliografia

  • [1] Dolto F., I problemi dei bambini, Introduzione, Mondadori, Milano, 1996, cit., p. XVI.
  • [2] Dolto F., Il desiderio femminile, Mondadori, Milano, 1994, pp. 288-289.
  • [3] Dolto F., Il caso Dominique. In un'analisi esemplare il passaggio di un quattordicenne dall'assenza alla realtà, Bompiani, Milano, 1972, cit., pp.271.

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