Si può essere incapaci in tutto?

Inviata da Xiaomi. · 19 gen 2024 Autostima

È una domanda che mi pongo spesso, da anni. Ho 25 anni e sono anni che sto passando un periodo quantomeno un po' buio nella mia vita. Ho una confusione mentale su quello che sarà il mio futuro. Anzi, credo che un futuro non lo avrò mai, proprio perché mi sento un grande incapace in tutto quello che faccio. Sono disoccupato e non ho alcuna esperienza lavorativa (su questo mi spiegherò meglio). Certo, non sono l'unico in tal senso, la disoccupazione è uno dei problemi più grandi che abbiamo in Italia, tra i vari. Ma se penso a giovani adulti più in gamba del sottoscritto e della stessa età, e se penso soprattutto al fatto che alcuni di loro si siano realizzati e abbiano realizzato i loro "sogni", e ci sono, per quanto possa essere poco carino da parte mia, provo una grande invidia. Forse neanche per loro in sé per sé; più che altro, nel mio cervello è come se il loro "successo" fungesse da "specchio" nel quale vedo il riflesso di me medesimo. Uno specchio in cui viene proiettato quanto sia un fallito e quanto a differenza loro non possieda alcuna predisposizione per alcun lavoro. Un po' di tempo fa ho letto un libro sulle emozioni, e se c'è forse una cosa positiva di questa mia situazione di disagio è che è nata la passione per la lettura come mezzo per aiutare a distrarmi; a non pensare alla mia situazione personale. Non so quanto sia vero non essendo uno psicologo, ma mi ricordo di aver letto che le emozioni hanno tutte una loro utilità, quando e se sapute gestire. Anche emozioni come l'ansia, la paura, la rabbia...che tendenzialmente sono viste come negative. Ad esempio, leggevo una cosa che personalmente reputo veritiera, ovvero che per esempio la paura può aiutare una persona di fronte ad una situazione di pericolo con un'azione di attacco o fuga, ancora prima che la parte razionale della mente realizzi concretamente quanto stia succedendo. O il rimorso, che può aiutarci a rivedere i propri errori e tentare di non farli più.
Faccio tutto questo discorso perché ho pensato nella mia ignoranza in materia che forse e ripeto forse l'invidia che provo possa avere una sua utilità: prendere di riferimento chi è stato in grado di realizzarsi e rimboccarmi le maniche e tentare a mia volta di realizzarmi. Però è proprio qui che scaturisce il mio "fardello" interiore (non so come chiamarlo), perché c'ho provato e non è andata. E qui provo a descrivere un po' il mio vissuto e il perché, forse, mi sento un totale incapace.
Ricordo poco della mia infanzia, se non che ero un bambino abbastanza studioso, me la cavavo soprattutto in storia ed in italiano. Non ero il migliore (cosa che non mi è mai interessato essere in realtà), ma comunque ero tra i più diligenti e tra i più "bravi" in classe a detta delle maestre.
Ho avuto un calo a livello di profitto forse in terza elementare, ma non ricordo molto.
Ho iniziato a perdere interesse per lo studio durante la prima media. E questo disenteresse che ha tramutato il mio interesse (scolastico) s'è prolungato sino al terzo o metà quarto superiore. Tutti gli anni sono stato rimandato. Ho frequentato una scuola, un istituto tecnico per geometri, che evidentemente non faceva per me; qui non parlo solo del mio disinteresse per lo studio ma anche di materie tecniche che palesemente non erano idonee per le mie predisposizioni. Le materie in cui andavo meglio erano quelle umanistiche. Sebbene dal quarto anno in poi è rinato un minimo d'interesse per lo studio, però i risultati da mediocri erano al massimo discreti, tranne per l'appunto in materie come la Storia o la Letteratura, che tra l'altro erano le stesse in cui andavo bene anche alle elementari.
Cito il mio periodo scolastico perché più volte è scaturito uno stato d'animo pessimo, in cui mi sentivo un inetto rispetto a qualche mio compagno magari più capace in qualche materia tecnica e in cui io non spiccavo. Ed è capitato che più d'un professore mi facesse sentire che non ero bravo rispetto a qualche altro.
Figurasi che durante le ore di Educazione Fisica risentivo parecchio il fatto di non essere un granché a giocare a calcio; non per il fatto che non lo fossi, bensì perché una parte di me sentiva la competizione e me lo faceva "pesare".
Io praticavo uno sport da combattimento in quel periodo (terzo e per metà quarto superiore) e feci anche una buona prima gara al suo tempo. Ecco forse quello è stato l'unico periodo in cui ero stato in parte fiero di me stesso, perché vedevo che c'era qualcuno (il mio istruttore) che a sua volta era fiero di me e dei progressi che facevo. E anche lo stesso sport mi faceva stare bene, sia psicologicamente che fisicamente. Poi ho smesso di praticarlo per questioni economiche, e per non so quale ragione specifica - tutt'oggi me la chiedo - ho perduto anche qui interesse. La mia passione era svanita. Tornando al periodo scolastico, va detto anche che il quinto anno, nonostante le difficoltà, dove c'erano momenti in cui stavo pensando seriamente di mollare, è stato il più bello tra i cinque dal punto di vista del profitto. Non mi interessava e non m'interessa tutt'ora nulla di essere uscito con un sessantotto (complice anche l'essere stato rimandato il terzo e il quarto anno e non essere stato costante gli anni prima), perché ho fatto un anno tutto sommato decente, con un buon orale e scritto all'esame di maturità. Le possibilità di uscire con un volto alto erano scarse già dall'inizio, di ciò ero già consapevole: colpa mia e del mio disinteresse. Sebbene il mio disinteresse fosse in parte dovuto al fatto di credere di non essere all'altezza di certe materie, almeno alle superiori.
Ciononostante, credo che questo senso di inadeguatezza nei miei riguardi è iniziato a nascere proprio con il contatto col mondo esterno, quello scolastico in questo caso. Contatto in cui più volte mi sono sentito un incapace e pochi, pochissimi in cui sono stato fiero di me. Tuttavia, questo "problema" lo sentivo e lo sento ancora oggi in famiglia. La mia famiglia non mi ha fatto mai mancare nulla dal punto di vista economico: sotto questo punto di vista posso solo ritenermi fortunato. Meno, però, per quanto riguarda l'aspetto che io reputo tra i più fondamentali: aiutarmi a capire quali sono i miei punti di forza e non solo quelli deboli. Ogni cosa che facevo, o molte cose che provavo a fare, non andavano e non vanno mai bene. Mi sono sentito spesso ripetere che non ero capace di fare un determinato tipo di mansione, lavoretto o qualunque altra cosa. Andando più nello specifico: ho provato più volte ad aiutare mio padre con lavori di vario tipo, ad esempio di muratura, e mi rendevo conto che non facevano per me. La mia figura genitoriale maschile me lo faceva presente spesso ed io non la prendevo bene. Quella femminile, cioè mia madre, ancora di più. Ho perso il conto di quante volte mi ha dato del fallito, di quanto non valessi nulla, di quanto fossi svogliato. Figurasi che quando i miei si sono separati una parte di me ha "gioito", perché lei veramente è stata parte della rovina della mia gioventù. Finita la scuola superiore, di fatto, sono caduto in questo pessimo stato d'animo. Avevo 19-20 anni e mi sentivo anche lì un'incapace, con una paura matta del futuro perché peccavo di bassa autostima per tutti i motivi che ho già scritto. Ogni giorno pensavo "Ma un incapace come me che lavoro può trovare mai?". O, per riformulare con maggiore precisione il mio pensiero: "Chi mai potrebbe farsi andare bene un incapace come il sottoscritto, quando sia in casa, sia a scuola, sia tra le gente che ho conosciuto fuori ero, sono e sarò un totale incapace?".
Quello che non capiva lei era proprio che il mio non era una scarsa voglia di lavorare (mi rinfacciava spesso questo). La mia, semmai, era scarsa autostima e speranza per il futuro, ove suppongo abbia contribuito anche il suo giudizio. Ed ogni giorno era un inferno. Con mio padre il rapporto è tutt'oggi buono (abito ancora con la famiglia, tolta mia madre che vive con un altro compagno e con mio fratello minore), però anche lui ha contribuito in parte a farmi sentire un inetto, per come la percepisco io; specie quando vantava mio fratello minore come migliore di me.
Non c'è una cosa specifica o un evento particolare che più degli altri mi ha segnato. Venivo giudicato come incapace per ogni cosa che facevo: sia se era fare la pasta o svitare una vite - no, non scherzo, sino a questo punto.

Tanto per non cambiare, quando sono stato dal punto di vista dell'umore un po' meglio, ho cercato di farmi forza e cercare qualche lavoro perché non volevo più essere mantenuto e volevo contribuire anche io economicamente. Tra vari "no" e varie promesse lavorative che non sono state mantenute, ero riuscito a trovare un lavoretto presso un negozio. Be', è stata esperienza pessima e che ha ampliato questo mio senso di incapacità, al punto che oramai penso di esserlo davvero e molto più di prima.
Come avevo scritto, reputo e mi ritrovo con il fatto che le emozioni, anche quelle più negative, hanno un'utilità; ma appunto se e quando sapute gestire. Ed io non le so gestire. Avevo un'ansia tremenda il primo giorno e l'ho rincalcata con una reazione negativa pensando che tutto sarebbe andato storto. Infatti tutto è andato storto: non riuscivo, sempre per l'ansia, a svolgere una mansione semplice e spesso sbagliavo. Il titolare aveva anche il suo "caratteraccio", perché era severo e al primo errore urlava come un matto. Tra il mio sentirmi incapace e questo suo comportamento screditario, ovviamente, erano due antonimi disgiunti, due contrapposizioni tali in cui uno annullava l'altro. Cioè, più lui si incazzava, più io sbagliavo e più mi sentivo inadeguato. Sbagliavo e non riuscivo neanche a capire le indicazioni che mi dava per sistemare gli scatoli. C'era proprio una scarsa capacità di comprensione comunicativa da parte mia, forse perché permettevo all'ansia dovuta alla paura di sbagliare di prendere il sopravvento, piuttosto che ascoltarla e cercare di fare le cose con più attenzione. Seppur mi sento di dire che con certe persone non è per nulla semplice.
Non mi sono sentito mai così incapace, neanche gli anni scorsi a scuola o in casa.
Fatto sta che un giorno, in una mansione in cui lui se n'è uscito dicendomi "Che ci vuole? È facile! Non sei capace neanche di fare questo", ho raggiunto una tale rabbia che me ne sono andato sul posto di lavoro stesso e l'ho mandato a quel paese. Poi, ho cercato lavoro altrove ma non sono riuscito a trovare nulla e un po' c'ho anche perso le speranze. Mi è capitato di tanto di aiutare mio padre nei lavori in casa per un suo collega. Il risultato è che anche con quest'ultimo mi sentivo inadeguato e ho smesso da qualche anno - 22-23 anni - di voler trovare un'occupazione per questa mia incapacità su ogni cosa che faccio, che più e più persone mi hanno confermato di avere. È per questo che ho perso fiducia per il mio futuro e non so come uscirne.

Ormai ho 25 anni. Per quanto risenta di tutto questo, vorrei capire come uscire da questa situazione; se c'è una possibilità di capire cosa c'è di sbagliato in me.

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