Sentirsi dare della fallita a 21 anni dai propri genitori

Inviata da VeneziaV · 2 nov 2016 Terapia familiare

Ho 21 anni, sono una studentessa universitaria, al suo 3º anno di studi, e mi trovo in una situazione a dir poco aberrante. Iniziare da qualche parte mi risulta difficile, anche perchè nel corso degli ultimi anni, di stress e situazioni nocive se ne sono succedute parecchio. Parto con l'incentrarmi sul problema espresso nella domanda: i miei genitori. Da qualche anno, ormai, si succedono da parte di mio padre continue situazioni di scontro, completamente normali visto lo stacco generazionale, che sfociano però ripetutamente con forti insulti e pensanti accuse da parte di entrambi. Non farò la parte della vittima ed ammetto tranquillamente che anche da parte mia, nei suoi confronti, c'è una forte repulsione nel rapporto paterno e nell'accettazione della sua persona. La parte critica della situazione, nonostante ciò,è sicuramente una parola in particolare che non gli manca mai di lasciarsi sfuggire: il darmi della fallita; rinfacciandomi di non essere ancora uscita di casa o di non potermi sostentare da me senza il loro aiuto. La violenza psicologica (perchè è così che la intendo) continua poi con i suoi soliti incitamenti a lasciare la casa in cui vivo, appoggiandosi alla tesi secondo cui: se le cose non mi stanno bene, quella è la porta da cui uscire. La situazione qualche anno fa, era degenerata fino al punto in cui non ci si rivolgeva nemmeno più la parola, ma in qualche modo, dopo qualche tempo, se n'è riusciti ad uscire. Le rare volte che ho provato a farlo presente a mia madre, neanche a dirlo, lei non mi ha creduto e lui ha negato tutto. Il fatto è che, mio malgrado, le nostre discussioni avvengono sempre in momenti in cui a casa ci siamo solo noi, e mio padre sta attento a non dire certe cose di fronte a mia madre. Ciò però non gli impedisce, sporadicamente, di umiliarmi di fronte a sconosciuti, anche se questi avvenimenti sono veramente molto radi. Le mie perplessità, nascono quando mi viene detto da mia madre che tutti questi problemi sono frutto di una mia fantasia e che forse li voglio proprio io come scusa. Vorrei ammettere che queste insinuazioni mi fanno ancora male, ma non è così. Ormai mi sto scoprendo a sentirmi sempre meno offesa e mi rendo conto che non è affatto una buona cosa. Dovrei ancora sentirmi indignata da certe insinuazioni e dalle offese di mio padre ed invece le sto lentamente metabolizzando come una cosa "comune", da "tutti i giorni". Cerco in parte di dirmi che prima o poi questo terminerà o che prima o poi anche io me ne andrò di casa. Non so, mi ritrovo ad essere molto perplessa. Non so nemmeno se dare la colpa ad una possibile insicurezza di mio padre, derivante dall'età, o da un mio reale fallimento, che però trovo veramente poco probabile. Non riesco proprio a giudicare accettabile il loro comportamento, sopratutto da parte mia, che di segnali di aiuto, ai miei genitori, ne ha dati veramente molti. Molte sono state le volte che ho chiesto l'intervento di una figura medica specializzata o che potesse essermi d'aiuto per i miei problemi, ma solo una volta sono stata presa sul serio ed anche con un atteggiamento piuttosto divertito. Ammetto di essere scaltra a nascondere le mie insicurezze ed i miei malesseri, ma trovo veramente anomalo che dei genitori non si rendano conto di quello che prova un figlio. Negli anni dell'adolescenza mi sono trovata a dover risolvere da me problemi che forse avrebbero dovuto richiedere la presenza di entrambi. Anoressia e autolesionismo non sono situazioni semplici da affrontare a quell'età, e scoprire che i propri genitori non ne fossero coscienti fa male. Voglio loro un discreto amore, ma non posso e non voglio giustificare loro il comportamento di darmi della fallita. Sto forse sbagliando?

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Miglior risposta 2 NOV 2016

Gentile Anonima
la sua situazione è molto complessa e difficile. Anoressia, autolesionismo e continue svalutazioni non rendono facile la vita ma, come ha detto lei, non si può non riconoscere che in tutto questo c'è necessariamente anche una propria responsabilità. Ed è su questa parte che lei può e dovrebbe lavorare: purtroppo non abbiamo il potere di cambiare le persone, ma possiamo capire meglio e profondamente noi stessi. E da qui ripartire. Provi a parlare con i suoi genitori del suo malessere, ma faccia in modo che siate tutti e tre insieme e che lei riesca a trasmettere loro il suo reale disagio. Metta da parte l'aggressività: costringerà entrambi a cedere la loro.
Le consiglierei una psicoterapia familiare ma, se non dovesse trovare il loro sostegno, ne faccia assolutamente una individuale.
Non credo che lei sia una fallita, ma credo che ci sia molta aggressività da parte di entrambi su cui bisogna lavorare.
Le auguro il meglio e resto a disposizione per eventuali chiarimenti

Dr.ssa Cristina Giacomelli
Lanciano (CH) - Pescara

Dr.ssa Cristina Giacomelli Psicologo a Lanciano

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2 NOV 2016

Ciao Venezia (è il tuo nome?).
La situazione può sembrare molto complessa. Da quello che scrivi sembra che tua madre sia estranea a questa dinamica padre-figlia ma questo necessiterebbe maggiore approfondimento. Il fatto che la tensione tra te e tuo padre possa essere un conflitto generazionale può essere vero ma non ci aiuta perché nessuno sarà disposto a dare ragione all'altro. Dal mio punto di vista il vero problema è l'instaurarsi di interazioni comunicative tra te e tuo padre di tipo simmetrico. Lui ti sfida appigliandosi alla tua mancanza di autonomia, tu lo sfidi ribellandoti alla sua autorità. Ognuno cerca di vincere la singolar tenzone alzando il livello dello scontro e non vuole rinunciare alla sua posizione. Come in tutte le guerre in cui nessuno riesce a vincere c'è un grande impoverimento dei contendenti. Ora se noi ci volgiamo alla saggezza dei maestri della guerra cinesi e alle loro brillanti strategie si può adottare in questo caso il metodo di "uccidere il serpente con il suo stesso veleno". Per adottarlo dovresti andare da tuo padre e dichiarargli con il sorriso sulle labbra: "Sai, mi sono resa conto che ogni volta che mi insulti e mi svaluti io mi rafforzo. La società è crudele e le tue accuse mi allenano a resistere alle frustrazioni del mondo. Per questo ti sono grata, anzi ti prego di continuare ogni giorno ad insultarmi così che sarò pronta quando dovrò affrontare la vita da sola. Quindi continua pure perché mi aiuti". Non so se sarai in grado di farlo, ma se tu volessi provare riflettici un momento e dichiaralo con convinzione. Poi vedremo...
Un caro saluto

Dott. Andrea Bottai

Dott. Andrea Bottai Psicologo a Firenze

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2 NOV 2016

Gentile VeneziaV. dal suo racconto è comprensibile il suo malessere. Fino a qui mi sembra che lei abbia acquisito una discreta consapevolezza di quelli che sono i suoi bisogni di "figlia," che forse non sono stati pienamente soddisfatti nell'infanzia, forse come dice lei, a causa dello stacco generazionale. Tuttavia non si può non intravedere una certa aggressività che è diventata reciproca e che a lungo andare non se ne comprende più l'origine. Quindi da dove ripartire? sicuramente un percorso psicologico personale può aiutarla a capire meglio quali sono le sue risorse personali e dove sono stati i suoi errori per provare a correggerli. Una consulenza familiare è indicata, ma prima ne dovrebbe parlare con i suoi genitori quando sono entrambi presenti. Provi a spiegare loro come si sente e che emozioni prova nei loro confronti.Cerchi di non utilizzare un tono di rimprovero ma di avere un atteggiamento di apertura che li farà senz'altro desistere dall'aggredirla senza ascoltarla.
Buona Fortuna
a disposizione

Dott.ssa Denaro Francesca
Psicologa
Prato

Dott.ssa Francesca Denaro Psicologo a Prato

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