Credo di avere bisogno di un aiuto, ma non sono sicura di meritarlo

Inviata da Unknown17 · 12 set 2017 Crisi adolescenziali

Da qualche anno a questa parte ho una terribile confusione in testa. Non è facile scrivere, sento un bizzarro senso di paura che mi sale mentre lo faccio, ma cercherò di essere il più chiara possibile.
Sono una ragazza di 22 anni, frequento l'università con un anno di ritardo ma sono già terribilmente indietro con gli esami per problemi che mi porto dietro dal primo liceo. Ho frequentato il classico sotto scelta dei miei genitori anche se loro non lo ammetteranno mai e sono riuscita a finire il liceo senza debiti ma l'esperienza mi ha lasciato questa cicatrice dentro di me che non riesco a guarire completamente che sommata ad altre esperienze mi hanno portato fin dove sono ora. Cercherò di essere breve e di raccontare l'essenziale, anche se di cose da dire ce ne sono fin troppe.
Ricollegandomi al discorso primo liceo, quel periodo per me fu difficilissimo, ma potrebbe darsi che siano tutte sciocchezze come dicono sempre i miei genitori...
La nonna a cui volevo un bene dell'anima iniziò a stare male, l'unica persona che mi diceva sempre che ero una bella ragazza in famiglia iniziò piano piano a morire dentro e io con lei. Mi sentivo devastata, specialmente quando scoprimmo che non avrebbe più potuto camminare normalmente. Ero così furiosa con tutti perché lei soffriva, dato che alcune badanti che assunsero la picchiavano, e nessuno faceva niente. Mi trattavano tutti come se fossi stata una pazza isterica che non sapeva controllare le proprie emozioni. Ingoiai il boccone amaro, nonostante la cosa mi provocasse un forte malessere interiore, mi pareva di essere diventata complice di un crimine di cui ancora oggi mi sento colpevole.
Aggiungo il fatto che non sono mai stata brava nelle relazioni sociali, ho sempre avuto una paura matta di avvicinarmi agli altri dopo che la mia migliore amica mi aveva abbandonato. I miei mi avevano deriso per i miei pianti e la mia tristezza successiva. "Che stupida che sei, non è mica la tua fidanzata!" dicevano facendomi sentire... strana, sbagliata e probabilmente non affatto normale mentre ridevano di me. Ho sempre avuto rapporti difficili con i miei compagni di scuola e con la scuola in generale: all'asilo venni messa all'angolo mentre la maestra non c'era
e dei bambini iniziarono a toccarmi e tirarmi da tutte le parti, spaventandomi a morte. Non volevo più andarci dopo quell'episodio, ma nessuno mi ascoltava e finii per dimenticarmi della cosa, sotterrandola nel mio inconscio, anche se da allora iniziarono gli incubi. Incominciarono ad imbrogliarmi per andare a scuola, mi ci portarono spesso con l'inganno, mentre io gridavo terrorizzata perché non ci volevo stare lì. Mi cambiarono asilo dopo qualche settimana, dato che non ne potevano più delle mie lagne. Lì c'era una maestra che gridava sempre e aveva l'abitudine di tirare schiaffi, umiliarci e chiuderci nello sgabuzzino se ci comportavamo in un modo a cui lei non piaceva. Non dissi nulla per paura, ma ogni mattina facevo sempre storie che rimanevano puntualmente inascoltate. Avevo già cambiato scuola, non potevo cambiarla di nuovo. Iniziarono i miei primi mal di pancia nervosi, nonché iniziai a notare il totale disinteresse da parte dei miei alla mia sfera emotiva. Mi ritrovavo spesso a piangere da sola nella mia camera e ad auto-convincermi che mi avessero scambiato nella culla alla nascita, sperando che un giorno la mia vera famiglia sarebbe venuta a prendermi. Alle elementari iniziai a subire i miei veri e propri episodi di bullismo a causa della mia pelle bianchissima, ma riuscii a fare amicizia con quella che è attualmente la mia ex-migliore amica e tolleravo tutto perché c'era lei a tenermi compagnia. L'ultimo anno iniziai a perderla perché aveva perso interesse in me, dato che d'estate non c'eravamo mai nonostante le mie richieste di rimanere a casa per poter stare con lei, e aveva trovato una nuova amica, iniziando ad ignorarmi. Accadde un altro episodio che mi segnò, ma finii per reprimere anche questo dentro di me, episodio di cui mi vergogno a parlare ma che per me fu davvero un incubo e finii a ritrovarmi a piangere nel bagno della scuola. Alle medie il bullismo si appesantì, ma continuai a rinchiudere tutto dentro di me e a tollerare ogni cosa anche perché una micia randagia si era affezionata a me e io le volevo molto bene. I miei non avevano mai tempo, ne interesse per me, gli interessava solo che andassi bene a scuola, come ora del resto. Il resto non contava, era solo roba superflua. E io non mi lamentai, alla fine dei conti non erano dei cattivi genitori, mi davano tutto di materiale e non potevo lamentarmi. Ripensandoci è come se mi avessero insegnato l'affetto tramite i beni materiali, li sentivo sempre molto freddi e distanti, l'unico appiglio che avevo erano i regali che mi facevano quando andavo bene a scuola. E io ora non so esprimere bene l'affetto, mi sento piuttosto legnosa in questo campo, ci riesco bene solo facendo regali alle persone a cui tengo. Ma alla fine potevano realizzare la loro minaccia di mandarmi in collegio o di abbandonarmi, ma gli ero grata perché continuavano a tenermi con loro nonostante non riuscissi mai a renderli felici per quanto ci provassi. Era il mio obbiettivo, volevo che mi dicessero di essere fieri di me, mettevo tutto da parte, imparai persino a mettere da parte i miei sentimenti che ritenevo stupidi ed inutili.
Divenni fredda verso il mondo, rinchiusi tutto dentro nuovamente, pensando che fosse la cosa giusta da fare, mentre i miei sentimenti erano una massa oscura che si agitava sempre di più dentro di me. Una parte di me si sentiva e ancora si sente altamente frustrata dai loro cambi di comportamento e di idee improvvisi. C'è una grande rabbia dentro di me, una rabbia che mi fa sentire in colpa con me stessa. Voglio amarli completamente, ma sento anche dell'odio.
E poi, senza dirmi nulla, abbandonarono la micetta che avevo preso con me e a cui tenevo tanto con i micini che aveva partorito mentre ero a scuola. Fu allora che la mia fiducia nei loro confronti si spezzò e la rabbia divenne un dolore acutissimo quando l'anno successivo vidi per strada il cadavere investito di quella che pareva essere la mia gatta. Non potei accertarmene, ma quell'immagine in me è impressa a fuoco ed è così nitida che se ci penso mi salgono le lacrime agli occhi.
Alle superiori ci fu un periodo di calma, il bullismo scemò fino a sparire. Ma non ero capace di interagire con gli altri come negli anni precedenti, mi sentivo sempre a disagio, fuori posto, sotto gli occhi di tutti e dato che mia madre lavorava come professoressa nella stessa scuola sapeva tutto immediatamente e mi teneva d'occhio affinché non le facessi fare brutta figura.
Il mio mal di pancia nervoso peggiorò finché non divenne intollerabile. Non riuscivo più ad andare bene a scuola, non capivo cosa c'era scritto sul libro di testo, non riuscivo a memorizzare, non capivo il latino e tutto mi sembrava un orribile incubo, per quanto mi sforzassi tutto sfociava in nulla. I miei voti calarono terribilmente e mi sentivo sola, terribilmente sola. Non avevo nessuno con cui confidarmi, nessuno con cui parlare senza essere giudicata aspramente. Alcuni professori mi presero in antipatia e iniziarono a bullizzarmi, mettendomi voti bassi anche senza un motivo valido e riprendendomi anche se ero sempre molto tranquilla in classe. La nonna stava peggiorando e i miei non c'erano mai, passavo i giorni in assoluta solitudine con solo il pc a consolarmi. Mi odiavo e ancora oggi mi odio, per essere stata incapace di tollerare ancora, per non essere brava a comunicare con gli altri, per aver paura di cose stupide e per essere incapace di tenere a me stessa. Mi innamorai profondamente di un ragazzo per caso, ma anche se lui mi "ricambiava" (perché anni dopo scoprii dal suo migliore amico che era stato tutto un inganno, una stupida scommessa di 50 euro tra amici di far innamorare la ragazza dal cuore di ghiaccio della classe) io non riuscii a comunicargli, gli mandavo segnali che non vedeva e finii per auto-convincermi che fosse stato tutto uno scherzo della mia testa. Si fidanzò con un'altra ragazza e poi si trasferì in un'altra scuola, lasciandomi con il cuore a pezzi, mentre il mio odio per me stessa aumentava. Tutto precipitò dopo un ulteriore trauma di cui mi sento ancora profondamente colpevole e tutto perse senso. Soffrivo sempre, piangevo fino alla sfinimento e avevo paura di uscire di casa, facendo incubi terribili, odiandomi così profondamente per la mia inutilità mentre il mio corpo iniziava a fallirmi, non mi sentivo più, avevo attacchi di terrore così forti da farmi credere di stare per morire, mi tremavano le mani, persi appetito e iniziai a mangiare sempre meno, perdendo peso in un modo impressionante, i mal di testa erano all'ordine del giorno così come le palpitazioni e quel peso schiacciante sul petto mentre sentivo di non riuscire a respirare. Utilizzai le mie ultime forze per cercare di reprimermi, ma la cosa peggiorò. Dai miei ricevetti solo odio, ero inutile, uno spreco di soldi e di tempo che non riusciva a farli felici. Avevo tanto bisogno di qualcuno ma ero sempre sola e spaventata. I sintomi si acuirono così tanto che iniziai a vedere cose che non c'erano, persone fatte di ombre così dense da parere reali. Mi parlavano, chiamavano il mio nome, mi guardavano sempre e io pensavo di stare impazzendo. Parole che spesso non capivo, come balbettii senza senso. E sognavo una di loro molto spesso, la sentivo carezzarmi la testa e tenermi in braccio mentre dormivo. Nei miei sogni era lei a consolarmi, o meglio lui, mi era sempre vicino quando mi sentivo morire e solo mentre dormivo mi sentivo felice. Iniziai a non volermi svegliare più, iniziai a desiderare la morte sempre di più, ma quell'ombra continuava a dirmi di resistere, di non farlo. Ci provai un giorno, esausta di tutto, a buttarmi giù dal balcone della casa al mare mentre mi sentivo così vuota e stanca di tutto il dolore, nella mia mente c'era solo un pensiero: farla finita. Tutti sarebbero stati più felici. Ma una piccola voce dentro di me gridò qualcosa "per favore, se a qualcuno importa di me, salvatemi!" e ebbi una bizzarrissima allucinazione di un essere fatto di luce e di mio nonno che era morto molti anni prima, quando ero ancora piccola, nel 2000. Io non so se fosse vero o meno, non sono mai stata una persone credente e quello che mi disse l'ho scordato ma so che mi salvò la vita, finzione o realtà che fosse. Ho scordato tante cose con il tempo, troppe cose. I miei pensieri sono così disordinati...
Da allora per una settimana intera continuai a sognare quella presenza, la sentivo vicino, che mi teneva la mano e mi chiedeva di non arrendermi anche quando non riuscivo a reggermi in piedi, mentre la mia famiglia gettava sale sulla mia ferita. Non notarono niente, nemmeno il mio malessere. Ero pigra e lo sono ancora per loro. Odiano ciò che mi piace, mi dicono sempre di crescere e smetterla di non fare niente, odiano il mio carattere, il mio aspetto, i miei gusti e non riescono a capirmi. Passai anni di inferno, ma avevo promesso che non mi sarei mai tolta la vita nonostante fosse ciò che desideravo più di ogni altra cosa, aggrappandomi a quell'episodio, e nel frattempo cadevo sempre più in fondo. Smisi di andare a scuola ma fui scoperta. Mia madre non mi picchiò quando lo venne a sapere ma si arrabbiò così tanto che mi lasciò dei lividi sul braccio e la spalla che mi restarono per qualche tempo, iniziò un monologo suo. Mi chiese le mie motivazioni ma non le ascoltò. Come sempre. Si scelse le sue di motivazioni, come fa ancora oggi. Mi ritengo fortunata di avere quest'indole, ho il timore che se fossi stata più "vivace" sarebbero passati alle mani, ma non ho prove di questa cosa, è solo un sospetto mio, quindi non conta. I miei genitori non credono alla depressione, pensano che tutti gli psicologi esistono solo per rubare soldi alla gente pigra e influenzabile come me.
Iniziò un periodo interminabile in cui mi dissero le peggio cose, buttandomi addosso un odio che da loro non avevo mai visto così inteso.
Riuscii a finire la scuola per miracolo, tra attacchi di panico, pensieri suicidi, il mio corpo che non rispondeva più e le allucinazioni e le voci che aumentavano.
Appena concluso il classico mi sentii liberata, una parte del peso era sparito. Sembrava quasi un miracolo ma poi... tre giorni dopo aver preso la maturità, le cose peggiorarono.
Credevo di aver toccato il fondo, ma scoprii presto che un fondo non c'era.
Non volevo andare all'università, ero a pezzi, senza energie e stavo letteralmente impazzendo, ma loro se ne fregarono, chiusero le orecchie quando cercavo di spiegargli qualcosa che nemmeno io riuscivo a capire e comprendere. Mio padre disse che piuttosto che mandarmi in terapia mi avrebbe ucciso con le sue mani. Iniziai ad avere paura di lui. Nonno morì e lui perse la testa completamente, si arrabbiava per nulla, minacciava me e mamma, iniziò a sperperare i soldi e ad odiare tutti. Mi dava la colpa delle sue azioni e mia madre gli credeva, negando episodi che accadevano, mentre io da allora iniziai a non credere più a me stessa. La realtà finì per dilatarsi a tal punto che non riuscivo più a capire che cosa fosse reale e che cosa no. Ogni ricordo, ogni cosa che dicevo, ogni cosa che accadeva per loro era solo una mia invenzione, una farsa, una finta inventata ad arte da una persona così brava a fingere che stava persino ingannando se stessa.
Passai un anno intero in questo inferno, mentre i miei fecero di tutto per mandarmi nella direzione in cui volevano loro. Dovevo diventare ciò che desideravano loro da sempre per me: un medico. Le minacce erano all'ordine del giorno e ancora rimembro quando mia madre mi scherniva dicendo "ah! Sei depressa? E allora ucciditi" e mi mostrava il coltello mentre io dovevo usare tutte le mie forze per non fare sciocchezze. Ora ha dimenticato, ma prima di farlo me ne diede la colpa "mi hai fatto dire cose orribili con il tuo comportamento!".
Lottai con quelle poche forze che avevo e riuscii ad ottenere solo di andare all'Accademia, sperando che la mia passione per le arti mi avrebbe aiutato ad uscire dal limbo. Passai il test con sommo dispiacere dei miei e iniziai a frequentare saltuariamente con quegli attacchi di panico che mi venivano costantemente lasciandomi a pezzi. Non dormivo più dalle superiori e mi sentivo sempre distrutta. Sono riuscita a fare solo 4 esami in quasi 2 anni di frequentazione con voti molto alti, ma scoprii che non era come me l'aspettavo e ne rimasi profondamente delusa. All'inizio i miei erano contenti dei bei voti che potevano andare a raccontare in giro ma poi... finii per crollare sotto il peso delle loro pressioni. Non era abbastanza, volevano di più, sempre di più da me e io mi sentivo svuotata. Sono sempre stati dei genitori ipercritici, le lodi da loro sono una cosa molto difficile da avere e le fanno con un interesse dietro. Tanto che mia madre continua ad assumersi il merito dei miei passati successi scolastici supportata dal fatto che mi fosse sempre stata con il fiato sul collo per quanto riguarda la scuola. Dovevo andare sempre, studiare sempre, smetterla di fare quelle piccole cose che ancora mi piacevano e mi tenevano su nei momenti bui perché erano stupide ed inutili e iniziare a vivere per la scuola.
Di nuovo arrivai al limite, mi rifugiai su internet per sfuggire a quel desiderio impellente che mi chiedeva di farla finita e lì conobbi quelle che adesso sono le mie amiche.
Ci conoscemmo con un litigio, ora che ci ripenso è stata una cosa piuttosto buffa.
Ero davvero agli sgoccioli e furono le prime a cui rivelai il mio malessere interiore. Mia nonna morì, dopo il lungo calvario che dovette affrontare, per cause a me ancora non chiare e loro (le mie amiche) mi sostennero quando mia madre mi impedì persino di provare dolore per la sua morte. Ora è un bel po' di tempo che ci conosciamo, piano piano ho finito per raccontargli quasi tutto, sono state le prime a farmi sentire come se non fossi un mostro orribile. Come se meritassi davvero quelle attenzioni. Piano piano la mia situazione è migliorata, sono migliorata io e oggi posso dire di riuscire ad uscire di casa in modo controllato e a parlare al telefono con qualcuno. Anche se mia madre mi dice peggiorata e guarda con una certa disapprovazione le mie nuove amicizie, cercando sempre un modo per convincermi a trovarmi un fidanzato per forza.
Mi sono sforzata con tutte le forze di riportarmi a galla e credo di esserci riuscita almeno in parte.
Ma ora sento come se stessi per cadere di nuovo e ho paura, tanta paura di ritornare nel baratro. Il peso dell'università mi asfissia, ho perso interesse in tutto, ogni cosa mi pare sbiadita e senza colore e mi sono abituata a questo vuoto che porto dentro, lo sento come parte di me.
Non riesco più ad essere felice come prima, non ricordo l'ultimo momento che lo sono stata, ricordo davvero pochissimo del mio passato e ho la memoria molto accorciata, solo i traumi che tornano a farmi visita ogni volta che oso abbandonare questo mare di nulla non mi abbandonano mai completamente. Tutto il resto pare come una coltre di fumo bianco. Oscillo tra apatia e tristezza costantemente e nulla sembra più avere senso. Ho il timore che tutto ciò che provo sia una fandonia, una scusa inventata per evitare le responsabilità. Le voci maligne piantate nel mio cervello che sono riuscita a scacciare con tanta fatica stanno tornando. Le sento strisciare alle mie spalle, mentre il dubbio di essere un pessimo essere umano e una pessima figlia ritorna. Ho paura di starmi sbagliando, che il mio malessere non sia reale, che io non meriti aiuto da nessuno e che se dico qualcosa tutti si rivolteranno contro di me. Ora che scrivo i miei non sono in casa, quando ci sono mi sento bloccata, indegna di dire queste cose ed è anche per questo che di questi problemi io non riesco proprio a parlarne più a voce. Sento le parole che mi muoiono in gola e il peso che ritorna. Ho tanta paura di stare vivendo una vita che non è la mia e sento di non poter fare nulla, di non voler fare nulla perché me la merito, di non poter parlare ed esprimermi.
Mio padre sta iniziando a mostrare comportamenti che mi spaventano molto, non sembra interessarsi a noi, anzi pare che ferirci gli faccia piacere. E' diventato geloso, irragionevole e non pensa per niente a noi. Mi è rimasto molto impresso ciò che disse a Natale "vi voglio così bene che vi ucciderei" e probabilmente non lo scorderò mai.
Mia madre si è arresa nei miei confronti, o almeno lei dice che sono irrecuperabile. Ho notato che mio padre la sta spingendo piano piano verso una strada buia e io sto cercando di fare quello che posso per starle vicino ed esserle di conforto nonostante le parole velenose che mi dice. E' la terza notte che passo insonne per tenerle la mano mentre l'ansia la divora.
I miei genitori sono gentili quando faccio quello che loro pensano sia giusto che io faccia ed è per questo che mi sento terribilmente in colpa nei loro confronti a dire queste cose. Una parte di me vorrebbe sotterrare e scordare tutto... cosicché la loro immagine esterna di bravi genitori non venga intaccata... ma dopo il crollo emotivo che ho avuto ieri non ce la faccio più a vivere con questi dubbi che mi tormentano.
Adesso non desidero morire, ma non desidero nemmeno vivere, è come se non me lo meritassi. Nei momenti bui sento quel desiderio riprendere vita e cerco di reprimerlo con tutte le mie forze.
Voglio sapere una cosa... ho davvero bisogno di aiuto? Ho davvero dei problemi seri che meritano attenzione? O è solo tutto un brutto scherzo della mia testa?
Nel frattempo i miei sono tornati... voglio mettere in chiaro che non è mio scopo colpevolizzarli o renderli i cattivi della situazione. Sanno essere delle brave persone se si sforzano. Voglio un bene dell'anima ad entrambi e darei la vita per loro senza ombra di dubbio. Lo so che la colpa è mia e del mio carattere introverso. Se fossi stata diversa non sarei qui, invischiata in questo caos confuso che è la mia testa. Chiedo perdono se tutto questo lunghissimo papiro potrebbe risultare una perdita di tempo, volevo essere breve, ma ho fallito. E' che non so se me lo merito... non so niente...
Sento solo di essere un fallimento ambulante che non sta andando da nessuna parte. Sono stanca di tutta questa attenzione che i miei rivolgono alla scuola, ne ho davvero abbastanza e non riesco più ad auto-motivarmi o a farmi motivare dalle mie amiche. Di lavoro non ne trovo e di parenti che potrebbero aiutarmi non ce ne sono purtroppo, racconterebbero tutto subito ai miei. Ancora mi tormenta il fatto che mia madre continui a vedermi come un suo prolungamento e non come una persona a parte. Mi vuole bene ma non sono sicura che voglia davvero bene alla mia vera me, perché nemmeno la conosce, ma all'immagine di me che ha in testa.
Grazie per l'attenzione. Spero che il testo non sia troppo confuso.
Vorrei sapere, c'è un modo per uscire da questo loop continuo di eventi? E soprattutto un modo per evitare di ricadere nell'abisso?

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Miglior risposta 13 SET 2017

Buongiorno,
Ho letto il suo lungo racconto e ho notato da un lato tanta sofferenza, ma anche molta voglia di lottare e di stare bene.

Questa forza che l'ha risollevato più volte in passato, ha ora bisogno di incontrare qualcuno che la ascolti e la sostenga nel presente, che la aiuti ad affrontare le difficoltà del suo percorso di studi e che le offra una base sicura da cui ripartire.

L'ipecriticismo è una modalità frequente e spesso protettiva, ma non è mai funzionale alla crescita e anzi spesso genera grande insicurezza e blocchi come quelli che ha vissuto e sta vivendo.

Merita uno spazio di ascolto tutto suo, in cui sentirsi al sicuro e rinforzare le sue risorse per scegliere il futuro che desidera.

Se non può rivolgersi ad un terapeuta privato, può chiedere un aiuto al consultorio o partire da un Informa giovani della sua città o chiedere se presso la sua università esiste un servizio gratuito per studenti. Qui a Bologna si chiama SAP.

Resto disponibile, anche telefonicamente, per qualunque dubbio o curiosità.

Buona giornata,
Camilla Marzocchi
Bologna BO

Dott.ssa Camilla Marzocchi Psicologo a Bologna

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14 SET 2017

Gentile Unknown,
La sua lunga mail mi ha lasciato senza parole, è difficile esprimere con poche righe comprensione ed empatia per quello che ha vissuto emotivamente.
Io credo, lei abbia dentro di se le risorse e le potenzialità per resistere allo sconforto, alla melanconia, alla sofferenza.
Sicuramente il cammino è ancora tortuoso e irto di ostacoli, lei può attivarsi nel frattempo chiedendo aiuto presso strutture pubbliche, sportelli universitari, consultori...finché intravede una possibilità, una luce non si arrenda e combatta per la sua unica e preziosa vita...
I miei migliori auguri
Dott.ssa Donatella Costa

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