Ansia per gli esami, scarsa autostima e confronto con gli altri
Buongiorno,
ho 25 anni e frequento il 1° anno di una laurea magistrale.
Sono alle prese con la preparazione di uno dei tanti esami che ho già affrontato nella mia carriera universitaria, avendo già una laurea triennale, ma nonostante ciò, ogni singolo esame per me rappresenta ancora una dura battaglia. Circa 10 anni fa, durante gli anni del liceo, ho iniziato a sperimentare il disturbo d'ansia e da quel momento non mi ha più abbandonato. Durante gli anni del liceo i miei rapporti sociali erano instabili: con le mie compagne di classe non avevo alcun legame, avevo pochi amici, che poi ho perso, e il mio ragazzo di allora era diventato il mio unico amico, anche se la nostra relazione viveva molti alti e bassi e non è stata sempre serena. Sono diventata una persona solitaria, così, per compensare questo fallimento sociale, ho investito tutte le mie energie nello studio. Infatti al liceo i risultati di questo impegno si vedevano, ma ho cominciato a ricavare autostima e fiducia in me stessa perlopiù dai successi scolastici. Così un voto alto incrementava la stima che avevo di me stessa e mi rendeva felice, un voto più basso delle mie aspettative mi faceva sentire una fallita, infelice e abbassava la fiducia nelle mie capacità. Da qui, l'ansia.
Questo modo sbagliato di percepire le cose, ora che sono all'università, non sono mai riuscita a superarlo del tutto. Il primo anno di università ho scelto biologia perché desidero da sempre lavorare in laboratorio e in particolare fare ricerca. Per poterla frequentare mi sono trasferita nel nord Italia (sono originaria del sud Italia, ma io e la mia famiglia ci siamo trasferiti al nord quando ero molto piccola e ci sono cresciuta; il liceo però, dopo ulteriore trasferimento, l'ho frequentato al sud, poi sono tornata al nord per l'università), però biologia non mi aveva entusiasmato. Comunque, alla fine del primo anno, avevo dato a malapena due esami parziali, quindi mi sentivo davvero in crisi e l'ansia era tanta. Ad ogni modo, animata anche dalla voci che giravano sul fatto che biologia non desse molta occupazione, mi sono iscritta in tecniche di laboratorio biomedico (professione sanitaria), che mi avrebbe permesso di lavorare dopo 3 anni (anche se così non è più, dato che i tempi e le possibilità di lavoro sono cambiati). Questo corso mi piaceva molto: le lezioni erano incentrate sull'ambito medico e si facevano molte ore di tirocinio in laboratorio. Avevo iniziato con grinta e motivazione, ma alla fine del 2° anno, a causa di un drammatico evento non correlato all'università, i disturbi d'ansia, quasi fossero latenti, sono diventati ingestibili e ho quindi intrapreso una psicoterapia (TCC). Accanto ai disturbi d'ansia generalizzata, ho iniziato a soffrire di DOC. La mia psicoterapeuta non mi ha mai parlato del DOC, ma io sapevo di soffrirne.
In quel periodo, avevo anche intrapreso una nuova relazione con quello che è ancora il mio attuale ragazzo, anche lui studente, che in quel periodo mi ha aiutato molto (preciso che però che abbiamo una relazione a distanza). Alla fine, anche se con un anno fuori corso e con non poche difficoltà, mi sono laureata (intanto ho dovuto sospendere la psicoterapia per motivi economici). Durante la triennale, purtroppo, non sono riuscita a farmi delle amicizie. Dopo la laurea, comunque, ho iniziato a cercare lavoro, senza però avere successo. Per poter avere autonomia economica, ho dovuto ripiegare su un impiego nel settore alimentare (addetta al banco). Quello è stato per me il periodo più umiliante e frustrante della mia vita, perché non ero dove volevo e non stavo facendo quello che desideravo. Il desiderio di fare ricerca era riemerso con prepotenza, quindi, terminato il lavoro, mi sono iscritta alla mia attuale laurea magistrale in biotecnologie. Il lavoro mi ha dato la possibilità di pagarmi le tasse universitarie, però ero felice di averlo terminato e di essere tornata nel mondo accademico. Mi sentivo come a casa. Peccato però che avessi un po' dimenticato che, accanto al piacere di studiare cose di cui sono appassionata, ci fossero anche l'ansia per gli esami, gli appelli e le scadenze, l'autostima altalenante e poi il confronto con i colleghi, che è diventato quasi un'ossessione. Questo primo anno l'ho iniziato bene: le lezioni sono state tante e toste e gli esami sono più difficili e pesanti di quelli della triennale, però mi sono fin da subito impegnata e i risultati sono stati molto positivi. Poi però, durante la sessione invernale, alcuni mesi fa, non so cosa sia successo, ma ho avuto un brutto crollo emotivo. Ero rimasta a lungo a casa da sola (in genere vivo con altre coinquiline) e forse questa solitudine protratta con il tempo mi ha logorato. Considerato che il mio ragazzo è distante e che non ho amici (nemmeno in questo primo anno di magistrale sono riuscita a farmi degli amici), non sapevo con chi e come "sfogarmi", ero molto stressata per via degli esami e della pressione universitaria e mi sentivo sola, così ho avuto un crollo emotivo, avevo forte ansia, non riuscivo a studiare e concentrarmi, piangevo spesso, ma allo stesso tempo mi sentivo apatica, vedevo tutto nero. Mi sono comunque fatta forza, ho cercato di studiare, anche se è stato davvero difficile, e ho dato l'ultimo esame della sessione. Le ripercussioni di quel periodo le ho avute per i successivi due mesi, in cui, per quanto avessi ripreso le lezioni che mi hanno aiutato a recuperare la motivazione, non riuscivo comunque a studiare serenamente e infatti ad un esame ho preso un voto che non rispecchiava i miei soliti standard, che sono consapevole essere elevati. Poi mi sono progressivamente ripresa e quel periodo ora mi sembra finalmente solo un lontano brutto ricordo. Parlando del confronto con i miei colleghi, tendo a confrontare i loro risultati con i miei: confronto i voti dei loro esami con i miei, confronto quanti e quali esami hanno già dato e quali devono dare, controllo quanti iscritti ci sono ad un determinato appello, etc. So essere una tendenza ossessiva, ma a volte lo faccio. Addirittura ho fatto anche confronti sull'età (alcuni hanno 3 o 2 anni in meno di me e questo a volte mi pesa). Inoltre temo il giudizio negativo altrui, anche se vorrei tanto ignorarlo, e ho come il costante bisogno di dimostrare agli altri che sono una "brava studentessa" e che valgo. Ad ogni modo, ora c'è la sessione estiva e quindi gli esami e l'ansia. Ho già rimandato una volta l'esame che sto preparando, ma nonostante ciò e nonostante studi tutti i giorni per ore, mi sembra sempre di non fare abbastanza e arrivo in prossimità dell'esame con delle cose ancora da fare. Mi sembra che gli altri, a differenza mia, riescano a studiare in modo più efficace e tranquillo, a dare gli esami senza troppe ansie e a prendere voti alti, mentre per me diventa una fatica d'Ercole raggiungere certi scopi. Mi sono stancata di vivere così l'università, anche se sono anni che ormai sono nell'ambiente e avrei dovuto forse capire prima come meglio affrontarla. Sta di fatto che ho ancora diversi esami più la tesi che mi separano dalla laurea e vorrei capire una volta per tutte come liberarmi di questa ansia eccessiva, di questa continua pressione addosso che rende per me lo studio da attività stimolante ad attività ansiogena. Nell'affrontare questo percorso, vorrei poter fare riemergere le mie potenzialità e la mia creatività, non farmi prendere dalle paure, che le offuscano e che mi impediscono di essere serena e mi indeboliscono interiormente. Vorrei non vedere più gli esami come degli incubi da cui fuggire... Probabilmente mi direte di recarmi da un vostro collega, e lo farò quando potrò, ma ora non mi è economicamente possibile. Per ora mi basterebbe anche che mi diceste che tipo di pensieri è meglio sostituire e con quali, quali sono gli approcci mentali più corretti da applicare in una simile situazione per non farsi prendere dal panico e per non vedere le cose troppo in negativo e cosa secondo voi dovrei assolutamente migliorare su cui magari potrei lavorare fin da subito in autonomia. Vi ringrazio e mi scuso per il messaggio prolisso.