Stereotipi sull'omosessualità: come possono influenzarci?
Al momento, sono ancora presenti alcuni stereotipi sull'omosessualità che possono influenzarci. Cosa sono e come identificarli?
Per condurre un buon lavoro clinico, oltre a conoscere gli stereotipi sulle omosessualità, è indispensabile riconoscere i propri pregiudizi per cogliere e analizzare quelli dei pazienti, evitando così dinamiche collusive.
Stereotipi sbagliati sull'omosessualità
Alcuni degli stereotipi più comuni sulle persone gay e lesbiche sono:
- L'omosessualità è una "scelta".
- L'omosessualità è "colpa" della madre.
- Potendo scegliere, sarebbe meglio un figlio eterosessuale.
- L'omosessualità si può curare.
- L'omosessualità è "contro natura".
- I gay sono tutti effeminati e le lesbiche sono tutte mascoline.
- I gay sono molto sensibili.
- Non tutti i lavori sono adatti ai gay e non tutti i lavori sono adatti alle lesbiche.
- Le lesbiche non hanno senso materna.
- Se tutti fossero omosessuali, la specie si estinguerebbe.
- Per crescere bene i figli hanno bisogno di un papà e di una mamma.
- Gli omosessuali sono maniaci sessuali.
- Gli omosessuali ti attaccano l'Aids.
- Gli omosessuali festeggiano il gay Pride per provocare.
- I gay costituiscono una lobby molto potente.
A volte, in ambito clinico, può essere necessario utilizzare strategie di carattere psicoeducativo, fornendo informazioni scientificamente fondate che possono essere d'aiuto - sia in setting individuali sia in setting di gruppo, familiari o di coppia - nel decostruire assunti infondati. Si pensi, per esempio, a due genitori preoccupati per l'omosessualità di una figlia o di un figlio. Essere rassicurati da un professionista sul fatto che l'omosessualità non costituisce un indicatore psicopatologico può rappresentare un primo passo verso il benessere e un migliore funzionamento dell'intero sistema familiare (vedi il paragrafo "comprendere ed esplorare il processo di coming out", p. 44).
Esempi di stereotipi sbagliati sull'omosessualità
In setting individuali è necessario riconoscere e analizzare non solo gli stereotipi portati dalla persona, ma anche i pregiudizi di chi è in relazione con lui. Per esempio:
- Michele: Ieri mia sorella mi ha fatto notare che la mia vita lavorativa un po' precaria potrebbe dipendere dalla mia omosessualità. Effettivamente qualche ragione ce l'ha. Se dovessi provvedere a una moglie e ha dei figli... mi darei da fare di più. I gay vivono alla giornata.
- Psicoterapeuta: Tutti i gay vivono alla giornata? Non ce ne sono altri che si impegnano nel lavoro e nella carriera, che abbiano "famiglia" o meno?
- Michele: Forse qualcuno si, ma la maggior parte passa il tempo a occuparsi di vestiti e a frequentare i locali.
- Psicoterapeuta: Non potrebbe essere uno stereotipo questo?
Luigi è un uomo sulla sessantina d'anni che, durante l'infanzia, è stato pesantemente colpevolizzato a causa della sua omosessualità da adolescente, sentendosi non amato e non desiderato, aveva trovato una fonte di consolazione nelle sale cinematografiche dove uomini adulti mostravano il desiderio e cercavano un contatto sessuale con lui. Il piacere e la soddisfazione che associava a queste esperienze precoci di attività sessuali furtive lo portarono, anche da adulto, a sviluppare una ricerca continua di sesso anonimo, persino esponendosi a situazioni rischiose
- Luigi: ieri sera sono uscito con alcuni amici. Poi, appena rientrato a casa, ho provato un'incontenibile desiderio sessuale. Pur sapendo quanto fosse stupido, mi sono rivestito e sono andato in un parco, un posto abbastanza squallido e anche un po' pericoloso. Mi sono chiesto: "Ma Cosa ci faccio qui?"
Lo psicoterapeuta, senza assumere il ruolo di "guardiano morale", ha consentito a Luigi di comprendere un possibile significato sottostante alla sua preferenza per il sesso anonimo: la ricerche di una soddisfazione/conferma immediata e "ansiolitica", che lo tenga lontano dai rischi di un coinvolgimento personale, più impegnativo e potenzialmente portatore di disconferme e delusioni.
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