Quando iniziare a preoccuparsi di un declino cognitivo?
E tu, sapevi che le preoccupazioni sul proprio declino cognitivo potrebbero essere il primo segnale di un futuro decadimento, o perfino di una demenza? Vediamo assieme come riconoscerle, e cosa possiamo fare a riguardo.
La demenza conclamata è solo l'ultimo step di una graduale evoluzione dei sintomi che può durare anche anni. Un possibile, sebbene non necessario, stadio iniziale è quello che viene definito declino cognitivo soggettivo (SCD, Subjective Cognitive Decline).
Cos’è il deterioramento cognitivo soggettivo?
La persona con SCD ottiene, ai test standardizzati per valutare la presenza di deficit cognitivi, una prestazione normale se comparata a quella di persone con al stessa età e grado di istruzione. Malgrado ciò, riferisce di percepire che le sue capacità cognitive nella vita di tutti i giorni hanno subito un declino rispetto al consueto livello di funzionamento.
Questa sensazione soggettiva (riportata dal 50-80% degli ultrasettantenni, è spesso fonte di preoccupazione riguardo al futuro. Ad oggi, si stima che circa un terzo di questi casi potrebbe evolvere in un effettivo declino oggettivo rilevabile ai test, e nel 14% esso sarebbe il preludio di una vera e propria demenza.
Non si tratta ancora di una categoria diagnostica ufficialmente riconosciuta dal DSM o altri manuali. Tuttavia, la sua esistenza e la possibile relazione con un futuro declino oggettivo vengono suggerite fin dagli anni '80, e nel 2014 ne sono stati definiti i criteri guida per riconoscerlo.
Alcune caratteristiche sembrano aumentare il rischio di un futuro declino, tra cui:
- Preoccupazioni riguardanti il dominio della memoria
- Inizio del SCD dopo i 60 anni di età, che duri da meno di 5 anni, e che in tale lasso di tempo sia rimasto costantemente presente
- Lamentele sul proprio stato mentale e ricerca di supporto medico
- Conferma del declino da parte di un osservatore esterno (famigliare, medico, ecc).
Cosa fare, dunque? In questi casi, un consulto specialistico può essere la soluzione più appropriata.Un buon clinico dovrà coadiuvare il colloquio clinico-anamnestico con strumenti di indagine appositi, come la scala MASCoD (Multidimensional Assessment of Subjective Cognitive Decline). Dovrà inoltre valutare la presenza di fattori concomitanti spesso presenti nel SCD, tra cui tratti di personalità disturbi psichiatrici, condizioni mediche concomitanti (neurologiche e non).
Oltre a ciò, è bene rendere il paziente edotto sul fatto che questa condizione comporti un maggiore rischio di sviluppare demenza; ma anche che, con i dovuti accorgimenti, essa possa rimanere stabile o perfino regredire.
Tra le strategie di prevenzione, annoveriamo:
- Controllo di patologie quali ipertensione e diabete
- Dieta mediterranea equilibrata
- Esercizio fisico
- Sonno regolare
- Trattamento di eventuale stress o disturbi dell'umore
- Attività sociali/relazionali
- E, ovviamente, l'esercizio cognitivo.
Non dimentichiamo che i pazienti con conclamati disturbi neuropsicologici non sono gli unici che possono beneficiare dei percorsi di stimolazione proposti dai neuropsicologi. Il potenziamento cognitivo in anziani sani è ormai una realtà consolidata, utile a rallentare (o perfino prevenire!) il declino e la possibile insorgenza di demenza. Contattami pure in privato per avere maggiori informazioni in merito.
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