Perché non cambiamo idea davanti all’evidenza?
La nostra mente è fatta in modo tale da risolvere non tanto i problemi logici quanto quelli che si presentano all'interno dei rapporti di cooperazione con gli altri.
Secondo gli autori di "The Enigma of Reason", la ragione serve a giustificare le nostre azioni e per poter sopravvivere all'interno del gruppo.
«Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione», affermava lo scrittore James Russell Lowell.
Eppure, spesso, pur non essendo né morti né stupidi, abbiamo difficoltà a cambiare le nostre idee anche di fronte all'evidenza. Le nostre opinioni sembrano marchiate a fuoco nella nostra mente ed è piuttosto difficile trasformarle. È una cosa che accomuna il genere umano: davanti all'evidenza, in molti casi, non siamo in grado di accettare che la nostra idea o le nostre azioni siano errate.
Questo fenomeno è stato studiato fin dagli anni '70 e il libro "The Enigma of Reason" (Harvard, 2017) di Hugo Mercier e Dan Sperber cerca di spiegare questa caratteristica propria degli esseri umani. La teoria dei due studiosi è che, rispetto agli altri animali, gli uomini hanno la capacità di cooperare fra di loro. È proprio per questo che la nostra mente è fatta in modo tale da risolvere non tanto i problemi logici quanto quelli che si presentano all'interno dei rapporti di cooperazione con gli altri. Il nostro modo di pensare, dunque, si è evoluto per poter vivere in gruppo.
La tendenza a non cambiare le proprie idee sarebbe necessaria per sopravvivere all'interno delle relazioni sociali e per evitare che possiamo trovarci in una posizione di svantaggio.
Questo ci porterebbe a essere molto più razionali nei confronti degli altri, di cui individuiamo meglio pregi e difetti, e a essere più clementi con i nostri errori di valutazione. Si tratta, dunque, di una capacità ancestrale che ci porta a valutare con più attenzione la nostra posizione all'interno di un gruppo sociale. Fin dalla preistoria, infatti, non era importante essere obiettivi ma avere un buono status sociale.
Pensiamo spesso che la ragione ci porti a conoscere meglio la verità e quindi a prendere migliori decisioni. Quello che affermano Mercier e Sperber in questo libro, però, ci offre un'altra interpretazione. Secondo i due studiosi, infatti, la ragione servirebbe innanzitutto per poter giustificare le proprie azioni e i propri pensieri e per poter essere in grado di convincere gli altri su argomenti che ci favoriscono. La ragione, dunque, sarebbe maggiormente orientata verso i contesti sociali. Per questo, non possiamo confonderci fra logica e ragione. La ragione si comporta più come un avvocato che come uno scienziato e cerca di fare i nostri interessi. Al contrario, la logica è utile nella scienza, in quanto le spiegazioni scientifiche devono avere una valenza universale quindi maggiormente obiettiva.
Se la nostra mente fosse alla ricerca della verità staremmo costantemente analizzando le tesi opposte alle nostre per poter scoprire la verità. Quindi la ragione più che comportarsi in maniera "scientifica" cerca di mantenere fisse le nostre idee. Ciò, ovviamente, funziona in maniera asimmetrica in quanto con gli altri riusciamo a ragionare in maniera più obiettiva rispetto a quando dobbiamo analizzare i nostri stessi pensieri.
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Questo articolo è stato scritto prendendo in considerazione l'esperienza clinica e gli anni di formazione, non ha valore diagnostico o statistico.
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Buongiorno, sono un'insegnante dell'infanzia e ho avuto più difficoltà all'interno della mia famiglia che con gli altri esterni, più le situazioni sono vicine a me è più trovo difficoltà ad interagire.