Consapevolezza di sé e il valore dello "stare fermi"

Viviamo tempi veloci: tutto è rapido, l'imperativo è "produrre", i flussi comunicativi ci invadono senza soluzione di continuità. Cosa succederebbe se ci dessimo il permesso di fermarci e ci riappropriassimo dei nostri spazi di introspezione?

31 MAG 2023 · Tempo di lettura: min.
Consapevolezza di sé e il valore dello "stare fermi"

La nostra quotidianità, incastonata in un'epoca postmoderna e liquida (Bauman, 2000; Lyotard, 1979), sembra rendere sempre più difficoltoso riuscire a strappare pochi minuti alle giornate per poterci fermare - tanto fisicamente, quanto mentalmente - ed aprire un dialogo con i nostri pensieri e le nostre emozioni. Un dialogo, in particolare, che non sia egocentrico ed autocompiacente, ma che ci faccia interrogare, in modo limpido e trasparente, sulle nostre risorse e sui nostri limiti, sulle nostre modalità relazionali, sulla nostra capacità di vivere in modo consapevole e, quindi, responsabile.

La consapevolezza di sé è la chiave di volta per sbloccare le nostre potenzialità, e l'introspezione e la riflessione sono gli strumenti di cui servirci per costruire tale consapevolezza.

Perché è importante la consapevolezza di sé?

Come tante discipline insegnano - dalla filosofia, al buddhismo, alla psicologia (Beck, 1988; Han, 2010; Vermersch, 1999; Wundt, 1948) - i processi di introspezione e riflessione sono processi tutt'altro che passivi, in cui si dona a se stessi la possibilità di guardarsi senza riserve e di costruire, man mano, un dialogo con i propri pensieri e le proprie emozioni che diventi foriero di cambiamenti tangibili nella propria vita interiore e nei rapporti con il mondo esterno.

Sedersi e mettersi a nudo davanti a se stessi è certamente complicato. Fermarsi ad ascoltare i propri pensieri e le proprie emozioni - soprattutto quando dolorosi - è un atto che, per quanto semplice possa sembrare, è in realtà difficoltoso, spesso spaventante. È un atto non scontato che richiede molto coraggio - coraggio di guardarsi per ciò che si è con onesta e lucidità, resistendo alla tentazione di cadere nella trappola dell'autocritica o del compatimento di sé.

Come sviluppare la nostra autocoscienza?

Come sviluppare la nostra autocoscienza?

Tutto questo richiede pratica e forza di volontà. Per fortuna, i passi che possiamo fare per iniziare a costruire un dialogo consapevole con noi stessi (e vederne presto gli effetti positivi) sono semplici. Per quanto semplicità non significhi, necessariamente, facilità, semplificare è, forse, la soluzione a molti dei problemi posti da una vita iper-complessa.

  1. Bastano pochi minuti al giorno: La sera, la mattina, durante una pausa a lavoro, a scuola o all'università: non importa quando. Non serve restare fermi a lungo, l'importante è darsi l'opportunità di farlo.
  2. Non importa dove: Il dialogo è interiore, e non si preoccuperà del luogo fisico in cui ci troviamo.
  3. Gli strumenti e le modalità giuste sono quelle a ciascuno più congeniali: Un momento di introspezione e riflessione può fluire tanto all'interno della propria mente, quanto attraverso carta e penna. L'importante è donarci uno spazio temporale per entrare in contatto con noi stessi.
  4. Parliamo con noi stessi di noi stessi (e non di altri): Parliamo in modo neutro, cercando di sospendere il giudizio. "Sento di aver sbagliato"; "Come potrei agire diversamente in questa situazione?"; "Mi sento arrabbiato"; "Mi sento triste"; "Vorrei migliorare in questo ambito, e potrei pormi degli obiettivi"; "Cosa potrei fare meglio?". I pensieri sono pensieri, le emozioni sono emozioni: impariamo a riconoscerli per ciò che sono, ad identificarli e a decidere cosa possiamo farne.
  5. Chiediamo aiuto ad uno psicologo: Il percorso di sostegno psicologico e/o di terapia, oltre ad occuparsi di migliorare il benessere della persona è, anche e soprattutto, un percorso di conoscenza di sé, di dialogo guidato con noi stessi, di sviluppo di consapevolezza. Quando sentiamo di non riuscire a colloquiare limpidamente con pensieri ed emozioni, rivolgersi ad una persona competente che ci possa sostenere in questo percorso può essere la scelta giusta.

Sviluppare un'attitudine allo "stare fermi" e all'introspezione è un lavoro che, per quanto difficile, vale la pena intraprendere. Gioia e benessere, spesso, vanno sottobraccio con il disagio, ma il disagio, per quanto difficile da attraversare, non è che una condizione transitoria, e la pratica e la perseveranza non possono che aiutarci nell'impresa di costruire un'incrollabile consapevolezza di noi stessi.

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Scritto da

Dott.ssa Alessandra Cecalupo

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Bibliografia

  • Bauman, Z. (2000). Liquid Modernity. Cambridge: Polity Press.
  • Beck, C. J. (1988). Everyday Zen: Love and Work. NY: Harper Collins.
  • Han, B. C. (2010). The Burnout Society. Redwood City: Stanford University Press.
  • Lyotard, J. F. (1979). La Condition Postmoderne. Paris: Les Editions de Minuit.
  • Vermersch, P. (1999). Introspection as practice. Journal of consciousness studies, 6(2-3), 17-42.
  • Wundt, W. (1873). Principles of physiological psychology. In W. Dennis (Ed.), Readings in the history of psychology (pp. 248–250). Norwalk: Appleton-Century-Crofts.

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