Università: mi sento indietro e insoddisfatta
Gentili Dottoresse e Dottori,
sono una ragazza di 22 anni (a gennaio 23). Sono arrivata quasi alla fine del mio percorso di laurea triennale (mi manca un esame e la stesura della tesi) ma ci sono giorni in cui mi sento sprofondare in un grande senso di vuoto e disorientamento.
Il mio percorso universitario non è iniziato in maniera lineare e l'ho sempre vissuto con tanta ansia. La fase della scelta della triennale è stata terribile, dal momento che non avevo le idee chiare sulla strada da intraprendere. Provavo un desiderio molto forte di andare fuori sede, per abbandonare la mia piccola (spenta) città e frequentare un ambiente universitario più dinamico.
Ma un po' perché non ero convinta della facoltà scelta, un po' perché provavo timore nell'abbandonare "il nido", decisi di immatricolarmi nell'ateneo vicino alla mia città, ripromettendomi che fosse solo per la triennale. Questa scelta si rivelò fallimentare su due livelli: sia per la facoltà, sia per il fatto di aver rinunciato al mio desiderio di indipendenza. Mi sentivo una fallita e non trovavo senso in quanto stessi facendo.
Un anno dopo, risolsi almeno uno di questi problemi. Pur rimanendo nello stesso ateneo, decisi di cambiare corso da Mediazione linguistica a Lettere, potendo contare sul riconoscimento dei CFU già ottenuti. Per ragioni connesse alle tempistiche burocratiche del passaggio, non fu possibile sostenere esami nella sessione di gennaio; dovetti recuperare gli esami di un intero anno accademico tra giugno e settembre, in una corsa frenetica per non lasciare indietro nulla. Nonostante lo stress accumulato, la scelta del corso di laurea in Lettere si rivelò essere più in linea con le mie attitudini e, con alti (tra cui un semestre di Erasmus) e bassi (pandemia), sono arrivata alle battute finali di questo cammino.
Se ripenso al mio percorso accademico, tuttavia, non provo un senso di soddisfazione. Al contrario: sento principalmente fastidio e frustrazione. In primis perché mi sembra di aver vissuto questa triennale con il pensiero di dover recuperare l'anno "perso", non godendomi appieno il percorso, ma sempre proiettata al futuro.
La delusione è poi connessa al fatto che, alla fine dei conti, io abbia fatto tutti questi sforzi per niente, visto che dovrò laurearmi a marzo invece che a dicembre, per ragioni strettamente connesse alla stesura della tesi. Una laurea a marzo, naturalmente, rende molto più complesso iniziare il percorso di magistrale in un ateneo lontano da casa.
Mi ritrovo, in breve, di nuovo nel limbo in cui mi ero trovata tre anni fa: vorrei cambiare ambiente, ma questo comporterebbe rimandare l'iscrizione al prossimo anno. Allo stesso tempo, mi fa soffrire vedere miei coetanei iniziare la magistrale, sento di essere indietro, di rimanere ferma mentre tutti vanno avanti.
In realtà, potrei iniziare la magistrale come fuorisede a marzo negli atenei che permettono di iscriversi fino a primavera, perdendo però un semestre di lezioni. Per di più, l'idea di rifare un tour de force per recuperare due semestri in una sessione mi fa venire la nausea al solo pensiero.
Sento il bisogno di cambiare aria e cercare un ambiente più stimolante; per di più, da qualche settimana i miei amici più stretti si sono trasferiti in un'altra città per la magistrale, e ora più che mai sento che questa città non abbia proprio più nulla da offrirmi. Ma al tempo stesso mi chiedo se non sia un capriccio immaturo rimandare l'iscrizione, mentre i miei compagni vanno avanti con le lezioni, mentre altri coetanei già lavorano.
Mi scuso per il messaggio lungo, spero di essere stata chiara.
Ringrazio in anticipo chi dedicherà un po' del proprio tempo per leggere e rispondere.