Stanchezza, tristezza, insicurezza. Ho bisogno di un parere.

Inviata da a.k. · 3 lug 2023 Autorealizzazione e orientamento personale

Salve, sono una ragazza di vent'anni. Mi sento continuamente triste e stanca anche se non faccio niente dalla mattina alla sera. Non riesco a fare le cose che mi piacevano tanto. Prima almeno riuscivo a costringermi a studiare, raggiungendo anche risultati abbastanza soddisfacenti. Adesso che devo ridare l'ultimo esame dell'anno (a cui sono stata bocciata) mi sento completamente bloccata.
Oltre alla stanchezza faccio davvero tanta a fatica a pensare, a fare ragionamenti, quando parlo con qualcuno fatico a trovare le parole anche per esprimere cose semplici (ho sempre avuto un modo di esprimermi e parlare abbastanza lucido, pulito, che in molti notavano e apprezzavano), fino a sentire di fare fatica ad avere una conversazione normale. Mi dimentico continuamente le cose: può succedere che prima di fare una cosa semplice, come le faccende di casa, mi scordi più volte cosa devo fare o una parte di quello che devo fare; in tutto ciò mi muovo in maniera molto lenta e mi sento continuamente senza energie, fino a sentirmi confusa e spossata. Mi sembra di non riuscire a rimanere sintonizzata sulle cose che devo fare (come studiare) o altre cose semplici che prima mi piacevano molto (leggere, guardare film) perché non riesco a concentrarmi o a riflettere in maniera ordinata. Mi ci vuole molto tempo per decidere di fare qualcosa e poi per tradurre questa decisione in azione (ad esempio: so che devo farmi la doccia, ci metto un'ora a decidere che non posso più rimandare, ce ne metto una o due per farla per davvero e nel frattempo me ne sto sdraiata, seduta o cammino avanti e indietro per la mia stanza o per la casa, pensando a mille cose in maniera confusa o fissando il vuoto e non pensando a niente). Circa fino a maggio ho passato mesi in cui mi svegliavo la mattina e mi ripetevo in testa cose umilianti e mortificanti, per tutto il giorno e tutti i giorni, dicendomi che non mi impegno abbastanza all'università e nella vita, sono un'incapace, un'ignorante, incapace a vivere e che è tutta colpa mia. In momenti più clementi sentivo di essere circondata di bellezza e di fortuna, anche nelle cose più semplici, e al contempo di essere in mezzo a un fumo che mi impediva di vivere queste belle cose, di potermene nutrire. Queste sensazioni le sento fin dalla preadolescenza (anche se con un'intensità diversa, che è andata crescendo) e si alternano tra di loro e a fasi in cui non sento più niente e non so cosa darei per tornare almeno a disperarmi solo per sentire qualcosa. In qualche maniera sono periodi spezzettati da altre fasi, molto brevi, in cui mi sento molto sicura di me, molto determinata, ho tanta voglia di fare; ma durano troppo poco perché riesca a tradurre in azioni o abitudini quello che desidero fare. Mi ricordo che intorno a 12 ho iniziato a sentirmi molto triste in maniera regolare, arrivando dal piangere tutte le sere o quasi fino a piangere anche la mattina prima di andare a scuola; a 14 anni non riuscivo a immaginarmi un futuro, non ne volevo anche uno, pensavo solo alla morte; a 16 anni mi sentivo un relitto, una persona finita. Non ho dato troppo peso a queste cose perché si sa che l'adolescenza è un periodo difficile e che sono normali sentimenti negativi apparentemente ingiustificati, e sentivo una vocina cinica nella mia testa che mi diceva «Con tutte le persone che stanno molto peggio di te, di cosa vuoi lamentarti?». Però devo dire che ci ho sempre sofferto, mi hanno creato molti problemi e ora che ne ho 20 di anni mi sembra di sentirmi anche peggio, di sentirmi impotente. La prima volta che ho deciso davvero di volere cambiare qualcosa avevo quasi 18 anni, ho iniziato a pensare al futuro, anche in maniera ottimista, ma continuano ad alternarsi momenti in cui mi sento disperata, mi disprezzo e passo da questo ad azzerare i miei sentimenti. In più mi sento talmente insicura che non mi fido neanche di quello che penso o di quello che ricordo.
All'università non ho neanche un'amica/o; l'unico che ho è uno dei miei coinquilini. Stare in mezzo a persone che non conosco mi crea molta ansia: sudo, mi sento tremare, in certi momenti non riesco letteralmente a sentire le parole degli altri perché il suono mi arriva ovattato, mi sento gli occhi gonfi e lucidi anche se non sempre mi viene da piangere. Questa cosa mi crea altri problemi: sono talmente insicura che mi pongo molti limiti nel cercarmi un lavoretto perché ho paura che si manifestino queste cose davanti alle persone; per lo stesso motivo non riesco a socializzare, a fare amicizia o a entrare in un negozio se so che devo parlare con qualcuno. Alle superiori mi sentivo ben voluta dai miei compagni, con cui riuscivo a interagire (li facevo ridere, trovavo qualcosa di interessante da dire, mi consideravano anche una persona "sveglia") però mi sentivo molto sola. Per motivi economici spesso mi sono dovuta anche "autoescludere" perché non potevo andare a molti compleanni o accettare inviti a uscire. Oppure mi sentivo di non potermi fidare degli altri. In generale anche nella mia famiglia siamo sempre stati molto chiusi, con pochi contatti con amici e quasi nessun contatto con i parenti (che in ogni caso non hanno mai avuto ruoli affettivi importanti per me e per mia sorella). Adesso a questa solitudine si aggiunge una perdita totale di quel poco di autostima che avevo.
Penso che la stanchezza sia dovuta al fatto che non ho una situazione familiare serena: mia madre ha chiesto la separazione da mio padre dopo un periodo in cui, mentre lei in estate era tornata dalla famiglia, lui era ossessionato all'idea che lei lo stesse tradendo (mi faceva continuamente vedere le foto che lei mandava, ricostruiva i suoi spostamenti e cercava contraddizioni in quello che lei diceva), per questo o per altri motivi ci sono stati molti litigi in cui mio padre arrivava ad alzare le mani (in maniera più frequente rispetto al passato, in cui cose del genere accadevano ma in maniera molto più sporadica). Quando non litigavano o prima di un litigio le mandava frecciatine o ritornava sulla storia del tradimento. Da separati in casa a questi comportamenti se ne aggiungevano alcuni molesti o inappropriati: le faceva commenti sul sedere, gliel'ha toccato, le proponeva di dormire con lui, si affacciava alla finestra per vedere chi la veniva a prendere quando usciva, l'avvisava quando sentiva notifiche sul telefono di lei e altro. Anche ora che non vive più a casa continua con le frecciatine e le frasi inappropriate. Mi dispiace tanto per mia madre perché ha fatto tanti sacrifici per occuparsi della famiglia (come ne ha fatti molti anche mio padre); il fatto che non avrà diritto alla casa dopo la fine dei miei studi e che non ha una pensione né un lavoro in regola, mi fa avere tanta paura per il suo futuro. Sono determinata a restituirle tutto quello che ci ha dato ma ho molta paura anche per il mio stesso futuro, viste le condizioni di molti giovani oggi, e temo di non farcela.
In diverse occasioni, durante litigi, mio padre ha alzato le mani anche su mia sorella. Io non le ho mai prese perché non sono mai stata il tipo che si mette a discutere, in certe occasioni per paura. Di solito ero quella che si metteva in mezzo per separare chi litigava. Ho molti sensi di colpa perché per molto tempo mi convincevo che fosse colpa di mia sorella se le prendeva e mi giravo dall'altra parte; solo negli ultimi tempi ho aperto gli occhi su quanto sia sbagliato e ho espresso questa posizione in maniera molto netta anche davanti a mio padre (che rimane convinto di non avere mai sbagliato).
Mia sorella ha sempre avuto un carattere che col tempo si è fatto più "instabile": può essere molto tranquilla e dolce, irritarsi molto per poco o lasciarsi andare a violenti scoppi di rabbia, per poi piangere in maniera disperata. Insisto molto con lei perché si confronti con una persona competente, acquisisca consapevolezza di sé e si senta meglio. Lei mi dice che ho ragione ma non si decide mai a prendere questo impegno. In tutto ciò una cosa che mi dà molti pensieri è il fatto che è in un tira e molla continuo con un ragazzo che in alcune occasioni è stato molto violento con lei. Le ho detto più volte che le farà di nuovo del male e lei non glielo deve permettere; anche su questo punto mi dà ragione ma ancora non è decisa a lasciarlo. Quello che di solito faccio è essere sincera e prendere una posizione netta, farle capire che la cosa più importante per me è il suo bene, non la giudico e non smetterò mai di esserle vicina.
In tutte queste situazioni cerco di darmi forza, vorrei smettere di lagnarmi tanto ma mi sento impotente e non ci riesco, e questo atteggiamento si rovescia a cascata su tutti gli altri aspetti della mia vita. Nell'ultima settimana di lezioni ho bevuto fino a ubriacarmi, ho saltato tutte le lezioni della settimana (io che alla presenza ci ho sempre tenuto molto) e per quattro giorni mi sono sentita solo disperata, non mi alzavo dal letto, non mangiavo quasi e non mi lavavo neanche. Dopo questi quattro giorni il mio coinquilino mi ha presa da parte, mi ha detto che era preoccupato per me e ha cercato di tirarmi su; non so cosa farei senza una persona così vicina sia emotivamente che fisicamente.
A volte vorrei parlare di queste cose con qualcuno (nel senso con un professionista) ma mi dispiacerebbe chiedere questi soldi a mia madre e mia sorella e l'idea di rivolgermi al servizio di aiuto psicologico dell'università mi mette in imbarazzo. Su alcune cose penso di vedere più chiaro: non ho nessun motivo per sentirmi meno degli altri, se avessi un po' più di sicurezza potrei piacere a tante persone (e se a qualcuno non piacessi non sarebbe un problema), se mi impegno nelle cose che ritengo importanti posso avere tante soddisfazioni, perché ne ho le capacità (e se qualche occasione fallissi di nuovo potrei riprendermi senza problemi), se avessi più coraggio potrei superare i momenti difficili che vivo e fare del bene per la mia famiglia. Il motivo per cui vi scrivo è che nonostante io sia consapevole di tutte queste cose non riesco davvero a cambiare né a sentirmi meglio e non capisco il perché. Quando cerco di sfogarmi con qualcuno o con i miei familiari mi sembra che non porti a niente. È normale che mi senta così?
Mi dispiace per il messaggio lungo, l'ho pure ristretto un po'. Ci sarebbero tante altre cose che vorrei dire ho paura che il discorso sia già troppo disordinato. Vorrei ringraziare in anticipo chi leggerà e mi darà un parere o un consiglio.

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