Pensiero ricorrente sulle diagnosi che mi sono state fatte

Inviata da Ragazza ingarbugliata · 20 lug 2023 Ansia

Buonasera,
Sono una ragazza di poco più di 20 anni.
Vi scrivo perché vorrei brevemente condividere con voi la mia esperienza. Due anni fa, a seguito di dei brutti avvenimenti, ho sviluppato sbalzi di umore di durata variabile con cui tutt’ora convivo ma con molta difficoltà. Ogni esame medico è risultato negativo. Mi rivolsi a uno psicoterapeuta è uno psichiatra. Dopo una brutta esperienza con un farmaco antidepressivo mi è stato diagnosticato un disturbo bipolare, diagnosi poi cambiata con un disturbo ossessivo compulsivo. Mi è stato precisato di non avere diagnosi di disturbo borderline, come i miei comportamenti autolesionisti avrebbero potuto fare presagire. Dopo pochi mesi smessi anche gli stabilizzatori dell’umore per i forti effetti collaterali. Pochi mesi dopo, stando male di nuovo, ho visto un secondo specialista che, pur confermando la presenza di oscillazioni dell’umore, ha posto diagnosi di disturbo borderline “sfumato”. Mi sono sentita come se questa diagnosi fosse forzata e, anche durante i colloqui, cercasse di attribuirmi sintomi non miei.


So che le diagnosi non definiscono le persone, ma non riesco a smettere di rimuginare perché durante la mia esperienza mi sono sentita molto svalutata come persona.
Penso alle diagnosi che mi sono state fatte e mi viene da piangere perché inizio ad avere paura di essere una brutta persona.
Mi sento cattiva e in colpa per fare questi pensieri, perché so che le patologie mentali di qualsiasi tipo non rendono cattive persone. In particolare passo ore a cercare e rimuginare sui sintomi del disturbo borderline per convincermi di non avere quei sintomi. Inizio anche a temere di avere dei comportamenti “borderline”, altro pensiero fine a se stesso perché non esistono dei comportamenti “borderline”, e neanche io saprei esattamente quali sono.
E chiaramente, la rassicurazione non arriva mai, perché non esiste. In primis ho degli amici con questa diagnosi che stimo molto e a cui voglio molto bene.
Allo stesso modo rimugino su entrambe le altre sue diagnosi, pensando in continuazione a se sono vere e cosa vogliono dire. Non riesco a rispondermi.
Credo che la rabbia e il dispiacere per la mia situazione si manifestino attraverso pensieri ripetitivi sul fatto di essere cattiva, esagerata, sbagliata… E allo stesso tempo rimugino sulla mia diagnosi chiedendomi: cosa c’è di sbagliato in me?
Sono andata in terapia per due anni fino a qualche mese fa, ma mi vergognavo così tanto di questi pensieri da non riuscire a dirli, pur sapendo che non c’è nulla di cui vergognarsi. Vorrei chiedervi se avete qualche consiglio.
Cordiali saluti.

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Miglior risposta 21 LUG 2023

Buongiorno, grazie per la sua condivisione. Mi spiace molto per le sue esperienze diagnostiche passate, a quanto pare poco chiare. Comprendo l'impatto negativo che ha comportato l'attribuzione di continue diagnosi sempre differenti tra loro, quando già di per sé l'attribuzione di una diagnosi è difficile da accettare. Sicuramente ciò che posso dire con fermezza è che a prescindere dalla diagnosi attribuita, questo non la definisce in quanto brutta persona, ma dovrebbe solamente chiarire in modo già specifico il disturbo che la caratterizza in modo tale da poterlo trattare al meglio, precisando così che la diagnosi definisce il disturbo che è sicuramente parte della sua vita, ma non la determina come persona buona o cattiva. Comprendo anche i pensieri costanti rispetto ai sintomi di tali diagnosi attribuite, le quali nascono da una naturale preoccupazione legata ad essi. E' importante fare un lavoro rivolto all'accettazione di una diagnosi, qualunque essa sia, con l'obiettivo non di rinforzare questo suo rimugino in merito, ma di focalizzare le sue risorse su cosa fare per poter star meglio.
Disponibile per terapia online.
Dott.ssa Elisa Altieri

Elisa Altieri Psicologo a Meda

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21 LUG 2023

Carissima,

le diagnosi non servono a nessuno se non ci si cimenta anche a instaurare un rapporto profondo con la persona che viene in terapia. Tu stessa devi valutare se ti trovi bene con un terapeuta piuttosto che con un altro. Vale la pena di provare a vedere come vanno le cose anche se questo richiede del tempo. Se il rapporto con il terapeuta funziona le cose migliorano e le diagnosi diventano sempre meno importanti.
Rifletti su quello che ti dico.
Se lo desideri possiamo mantenere un contatto, per ora un abbraccio.
Dott.Gabriele Lenti Psicoterapeuta Genova

Dott. Gabriele Lenti Psicologo a Genova

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21 LUG 2023

Buongiorno,
Grazie per aver condiviso questo momento così delicato, capisco quanto sia difficile trovarsi difronte ad una diagnosi ma questa non ti definisce come persona nella tua identità. I tuoi valori, le tue passioni e le tue ambizioni permangono a prescindere da una diagnosi, qualsiasi essa sia. Purtroppo diverse terapie farmacologiche possono comportare degli effetti collaterali, soprattutto nel primo periodo di assunzione, proprio per questo vengono modificate o ricalibrate nel tempo in modo da adattarsi perfettamente alla persona.

Il consiglio che mi sento di darti è quello di affidarti a dei professionisti di cui possa fidarti ed affrontare queste domande con il conseguente carico emotivo di rabbia e frustrazione che ne deriva, affiancata da una terapia farmacologica adeguata e calibrata su di lei.

Parlare di come ti sente e quello che provi è molto importante al fine di poterti aiutare e raggiungere una piena efficacia della psicoterapia.

Rimango a disposizione per rispondere ad ulteriori domande, anche con colloqui online,
Le auguro una buona giornata.
Dott.ssa Marta Difino

Dott.ssa Marta Difino Psicologo a Roma

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21 LUG 2023

Salve gentile utente,
sono dispiaciuta per le difficoltà che descrive, non dev’essere facile. Mi sembra di capire che si trovi un po’ ferma nella focalizzazione e accettazione del responso diagnostico, quasi a volerlo confutare o confermare. Capisco che può essere rassicurante poter osservare alcuni comportamenti disfunzionali per poterli monitorare e modificare, in quanto questo dovrebbe essere lo scopo principale di una diagnosi: conoscere con cosa si ha a che fare per sapere come agire. Le diagnosi di personalità, per fortuna, spesso, non sono “lapidarie”, cristallizzate, immutabili, (altrimenti si chiamerebbero “sentenze”!). Sono invece una chiave di lettura del momento in cui ci si trova, e possono dare degli strumenti utili per passare ad un livello funzionale. Accogliere, ad esempio, una diagnosi borderline, non significa “sei così, convivici e basta”, ma piuttosto “ora, stai funzionando così. Osserviamo i comportamenti, le emozioni, le reazioni che causano malessere e troviamo strategie utili e personalizzate che aiutano a disinnescarli”. Mi rendo conto che la teoria è semplicistica in confronto ad una pratica intensa e profonda. Provi iniziando ad aprire al suo terapeuta i suoi veri pensieri,… la conoscenza dissipa il dubbio e la paura. Spero di esserle stata utile.
Le auguro buone cose.
Un caro saluto
Dott.ssa Myria Laghi

Dott.ssa Myria Laghi Psicologo a Porto d'Ascoli

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