Pensieri sparsi

Inviata da Nessuno · 19 feb 2024 Autorealizzazione e orientamento personale

Non ho domande. Scrivo semplicemente nella speranza di organizzare i miei pensieri confusi.

Credo che l'incipit migliore sia questo: ho 35 anni e sono un fallito. Non solo da un punto di vista professionale o personale ma proprio olisticamente, ho fallito il "gioco della vita".

Non ho mai avuto ben chiare le regole di questo gioco e ho il sospetto che l'ambiente famigliare nel quale ho trascorso infanzia e prima adolescenza non abbia aiutato. Mio padre in particolare è sempre stato estremamente severo e in quegli anni non ha mai lesinato sberle né gli occasionali colpi di cinghia. Sino a quattordici anni ho bagnato il letto quasi ogni notte. Questa situazione, guarda caso, è andata risolvendosi proprio quando le sberle sono diminuite. Resta il fatto che sino ai diciotto anni le uscite con i pochi amici, così come eventuali inviti a casa o la partecipazione a eventi di varia natura sono sempre state molto limitate. Chiedere il perché era abbastanza superfluo, le risposte erano sempre le solite "Perché sì", oppure un perentorio "Ho detto".

Faccio comunque fatica a giudicare il ruolo dei miei genitori, soprattutto quello di mio padre, nella piega che ha preso, o forse dovrei dire che ho dato, alla mia vita. Se da un canto è stato molto severo intralciandomi o impedendomi di vivere molte delle classiche esperienze adolescenziali, dall'altro non mi ha mai fatto mancare nulla, né mi ha mai punito ingiustamente.

Ho sempre avuto molti problemi a scuola e ricordo ancora che alle elementari mio padre insisteva affinché mi bocciassero. Questi problemi si sono accumulati, anno dopo anno, finché in seconda superiore non ho effettivamente perso l'anno. Col senno di poi vorrei poter dire che almeno me la sono goduta, che sono stato bocciato perché non studiavo e passavo le giornate a divertirmi. Non è così. Ho semplicemente accumulato un'infinità di lacune e non ho mai avuto il coraggio di dire non ho capito, spiegatemelo di nuovo. Chissà perché. Dopo aver perso l'anno, ho cambiato totalmente atteggiamento. Ad ogni cosa che non mi era chiara ho iniziato a chiedere aiuto e a dirlo chiaramente. Mi facevano il verso chiamandomi "non ho capito". Alla fine mi sono diplomato col massimo. Una magra conquista, ottenuta con studio mnemonico e forsennato, al prezzo dei migliori anni della mia vita.

Dopo il diploma mi sono iscritto a Lingue. Ho finito la triennale in sette anni perché, di nuovo, dovevo verosimilmente provare a me stesso che valevo qualcosa, almeno accademicamente. Dunque ecco un altro diploma col massimo dei voti che mi è costato tempo prezioso che ho mal investito. In questi anni non riesco comunque a stringere rapporti di amicizia né a combinare nulla di significativo sul fronte personale o professionale. Unica parentesi veramente degna di nota sono gli otto mesi passati in Erasmus in Germania, i migliori della mia vita. Conosco e mi integro in un gruppo di gente fantastica e riesco persino ad avere la prima relazione. Peccato che questa duri solo un mese; per paura aspettai troppo a farmi avanti e quando lo feci la fine dell'Erasmus era ormai alle porte. Fu comunque bello. Quella è stata la mia unica e ultima relazione. Era il 2012 e avevo 23 anni.

Finito l'Erasmus torno a casa e nonostante i buoni propositi il mio carattere e l'atmosfera in famiglia mi riportano presto alla solita malinconia. Riuscirò a laurearmi solo nel 2017.

Dopo la laurea trovo un corso di programmazione finanziato dalla mia regione. Ho sempre avuto una passione per l'informatica ma non ho mai avuto il coraggio di prendere quella strada. Frequento il corso con molte difficoltà, ma mi piace. Terminata questa esperienza riesco a trovare lavoro. Pur essendo ben pagato, questa prima vera esperienza lavorativa si rivelerà tragica. Dopo un paio d'anni, con l'avvicinarsi della fine del contratto che era a tempo determinato, decido di tornare a studiare e mi iscrivo ad una magistrale in Germania per studiare qualcosa che fosse più legato all'informatica. Di nuovo mi laureo col massimo ma impiegandoci quattro anni, anziché due. Trovo lavoro in una startup tedesca che si occupa di un ambito simile a quello per il quale ho studiato. Riesco a fare quello che si aspettano ma con molta fatica e sostanzialmente non si fanno problemi a dirmi che sono meno che mediocre. Questo nonosnte il fatto che passi le mie giornate a studiare e fare corsi. Insomma, anche gli anni tedeschi sono costellati dai soliti problemi che mi hanno sempre afflitto. Anche dal punto di vista interpersonale e sentimentale non va meglio.

Arriva agosto. Scade il contratto di lavoro e anche quello di affitto. Decido di tornare a casa dei miei.

Oggi ho 35 anni, sono disoccupato e nella vita ho lavorato poco. Il mio corpo non mi piace e caratterialmente sono troppo "rovinato" per sperare di riuscire a trovare una relazione. I mie genitori ora sono anziani e mio padre non sta benissimo. Quando mi corico e spengo la luce, inizio a pensare a tutte queste cose: non ho un lavoro, sono solo, i problemi di salute dei miei genitori, la tristezza di mia madre nel caso succedesse qualcosa a mio padre, tutti gli anni che ho perso, le esperienze che non ho vissuto e che non potrò più recuperare, il mio non essere all'altezza nonostante lo studio continuo, il mio essere brutto...

Ormai non esco di casa da agosto. Ho sempre visto la vita alla stregua di un "gioco". Se capisci le regole, anche solo in parte, può essere un gran bel gioco. E può essere ancora più bello se trovi qualcuno con cui condividerlo. Tuttavia anche non capirle è ok e dal gioco puoi sempre uscire. Questo pensiero mi ha sempre dato conforto e di tanto in tanto mi è sempre tornato in mente. Da agosto a questa parte però, l'idea di prendere un lenzuolo e di appendermi alla balaustra delle scale è ricorrente e ci penso ogni giorno. A questo gioco però io ho chiaramente fallito e non vedo un modo per cambiare la mia situazione.

Mi dispiace per essermi dilungato. Ripenso spesso alla mia vita nel tentativo di farne un sunto che mi permetta di valutarla. Questo è chiaramente un altro sconclusionato fallimento. Il non detto resta troppo e non credo riuscirò mai a metterlo giù a parole.

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