Crisi generale e depressione

Inviata da Matteo · 19 mar 2017 Depressione

Sono un ragazzo di 21 anni. 21 anni e una vita piuttosto vuota.

Ho sempre basato tutta la mia vita sullo studio, dal liceo ho iniziato praticamente solo a studiare perdendo lentamente le vere amicizie e le frequentazioni. Agli inizii non me ne accorgevo, stavo bene a casa con i miei svaghi e i miei hobby. Mi bastava vedere miei compagni in classe.

Solo negli ultimi anni del Liceo realizzavo che non avevo veri e propri amici. Qualcuno maliziosamente diceva che ero uno sfigato. Eppure sono sempre stato un ragazzo aperto, simpaticissimo e anche "alla moda", all'apparenza sembravo tutto meno che solo. Ridevo e scherzavo con tutti. Il classico caso insomma, quando "tantissime persone ti conoscono ma nessuna tiene realmente a te".

I miei avevano iniziato ad insospettirsi, ero sempre solo e il Sabato sera non uscivo mai.
Rapporti con l'altro sesso praticamente zero, ancora oggi con molte ragazze provo un profondo imbarazzo.

Iniziavo a soffrire sotto sotto ma per diversi anni ho taciuto il tutto, cercando di consolarmi con i risultati scolastici (che per fortuna erano ottimi).

Quando sono scoppiato? Quest'anno, al terzo anno di Università. Nonostante io sia sempre stato in pari con gli esami, quest'anno si è creato un fortissimo stress che ha fatto scoppiare il mio animo.

Mi sono improvvisamente riscoperto fragile, solo e molto insicuro di me stesso. Fatico a fidarmi degli altri e non sono MAI in grado di prendere delle decisioni, avendo paura di fallire.

A volte penso alla mia vita, al fatto che sono solo e al fatto che non vedo una svolta positiva nella mia vita sociale. Probabilmente ora che il mio lato scolastico è un po' in subbuglio lo è tutta la mia vita. Mio fratello ha passato un problema simile qualche anno fa, ho visto i miei genitori soffrire così tanto che mi sento quasi in colpa, mi sento un peso. Loro sono due persone meravigliose e non meriterebbero di soffrire così anche per me. Io quando toccava a mia sorella ho sempre cercato di essere forte, pur stando male pure io preferivo non parlarne perchè sapevo che due figli depressi avrebbero stroncato qualsiasi genitore. Ora mio fratello per fortuna sta bene. Io sinceramente non riesco a vedermi felice. Cerco in ogni giornata che passo da solo il conforto mentale dei miei nonni venuti a mancare ormai 10 anni fa. Da bambino ero molto legato a loro, cerco sempre di pensare che possano guardarmi da lassù.

Sta degenerando tutto. Non so chi risponderà o cosa risponderà. Avevo solo voglia di raccontare la mia vita a qualcuno.

Non metterò la email, preferisco venire anonimamente sul sito per leggere.

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Miglior risposta 21 MAR 2017

Caro Matteo, certamente il suo disagio ha un’origine piuttosto antica, che sarebbe il caso si individuare. Il fatto di aver basato tutto sullo studio - come ci racconta – potrebbe, con molta probabilità, essere stata una conseguenza non solo delle sue “predisposizioni”, ma anche di difficoltà che forse c’erano, alla base, nel relazionarsi agli altri. Sembra infatti che lei abbia appreso e sviluppato molto bene le competenze (cognitive ed emotive) necessarie per vincere nello studio, che quindi è diventato il suo punto di forza, ma che la stessa cosa non sia accaduta per quanto riguarda le sfera relazionale; e chiaramente non sto parlando di modalità che restano sull’interazione superficiale, come appunto il ridere e scherzare, ma di Funzionamenti profondi di relazione con sé stessi e con gli altri. Probabilmente, non avrà avuto le stesse possibilità nella sua vita per le due cose, forse l’ambiente intorno ha rafforzato molto in un senso e poco in un altro, non sappiamo, ma qualcosa c’è che ha generato tale discrepanza. Tutti noi, infatti, apprendiamo a funzionare in un certo modo con gli altri, perché attraversiamo delle esperienze di base, comuni a tutti gli esseri umani, che poi prendono una piega piuttosto che un’altra. Mi chiedo quindi, rispetto a certe dimensioni, come sia andata la sua storia di vita: come sia stata, ad esempio, l’esperienza del potersi aprire con l’altro raccontando di sé, del sentire se stessi a livello profondo, del sentire l’altro dalla nostra parte e il piacere di starci insieme, del poter condividere, dell’essere guidati sulle “cose del mondo”, di poter chiedere all’altro, portarselo dalla propria parte, ecc. Quando si è cominciata a costruire la solitudine, la chiusura e la sfiducia? Forse da molto più tempo di quello che lei crede. Sarebbe quindi interessante capire la situazione già da prima (giacché lei parla dei tempi recenti) e quando e perché è cambiato qualcosa. Insomma, iniziare a dare un nome alle cose. Credo che lei abbia bisogno di diventare più consapevole della sua storia e fare chiarezza, per delimitare il campo della sua sofferenza, per riscoprire anche le risorse interne che ha e che non vede poiché, nel corso del tempo, si sono chiuse.
Data la sua giovane età, la sua bravura (sono certa che diventerà un ottimo professionista nel suo campo nonostante le difficoltà del momento), la sua intelligenza e sensibilità, le consiglio vivamente di intraprendere un percorso psicoterapeutico (ha gli strumenti per farlo). Vede, quello che le sta accadendo, la sofferenza che prova, è in realtà un grande bene, perché porta con sé l’opportunità di crescita e cambiamento che forse, fino a questo momento, lei non era pronto a vivere. Non la sprechi dunque! sarebbe un vero peccato.
Spero di averle offerto uno spunto di riflessione, torni pure a scrivermi se le fa piacere.

Dottoressa Chiara Aruta Psicologo a Napoli

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21 MAR 2017

Caro Matteo, certamente il suo disagio ha un’origine piuttosto antica, che sarebbe il caso si individuare. Il fatto di aver basato tutto sullo studio - come ci racconta – potrebbe, con molta probabilità, essere stata una conseguenza non solo delle sue “predisposizioni”, ma anche di difficoltà che forse c’erano, alla base, nel relazionarsi agli altri. Sembra infatti che lei abbia appreso e sviluppato molto bene le competenze (cognitive ed emotive) necessarie per vincere nello studio, che quindi è diventato il suo punto di forza, ma che la stessa cosa non sia accaduta per quanto riguarda le sfera relazionale; e chiaramente non sto parlando di modalità che restano sull’interazione superficiale, ma di Funzionamenti profondi di relazione con sé stessi e con gli altri. Probabilmente, non avrà avuto le stesse possibilità nella sua vita per le due cose, forse l’ambiente intorno ha rafforzato molto in un senso e poco in un altro, non sappiamo, ma qualcosa c’è che ha generato tale discrepanza. Tutti noi, infatti, apprendiamo a funzionare in un certo modo con noi stessi e con gli altri, perché attraversiamo delle esperienze di base, comuni a tutti gli esseri umani, che poi prendono una piega piuttosto che un’altra. Mi chiedo quindi, rispetto a certe dimensioni, come sia andata la sua storia di vita: come sia stata, ad esempio, l’esperienza del potersi aprire con l’altro raccontando di sé, del sentire se stessi a livello profondo, del sentire l’altro dalla nostra parte e il piacere di starci insieme, del poter condividere, dell’essere guidati sulle “cose del mondo”, del poter chiedere, di portarsi l'altro dalla propria parte, ecc. Quando si è cominciata a costruire la solitudine, la chiusura e la sfiducia? Forse da molto più tempo di quello che lei crede. Sarebbe quindi interessante capire la situazione già da prima (giacché lei parla dei tempi recenti) e quando e perché è cambiato qualcosa. Insomma, iniziare a dare un nome alle cose. Credo che lei abbia bisogno di diventare più consapevole della sua storia e fare chiarezza, per delimitare il campo della sua sofferenza, per riscoprire anche le risorse interne che ha e che non vede poiché, nel corso del tempo, si sono chiuse.
Data la sua giovane età, la sua bravura (sono certa che diventerà un ottimo professionista nel suo campo nonostante le difficoltà del momento), la sua intelligenza e sensibilità, le consiglio vivamente di intraprendere un percorso psicoterapeutico (ha gli strumenti per farlo). Vede, quello che le sta accadendo, la sofferenza che prova, è in realtà un grande bene, perché porta con sé l’opportunità di crescita e cambiamento che forse, fino a questo momento, lei non era pronto ad accogliere. Non la sprechi dunque! sarebbe un vero peccato.
Spero di averle offerto uno spunto di riflessione, torni pure a scrivermi se le fa piacere.

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20 MAR 2017

Caro ragazzo, dovrebbe iniziare ad aprirsi se non se la sente con i suoi genitori lo faccia partendo dai suoi fratelli, infondo con loro ha molto da condividere e sono un banco di prova e sperimentazione delle relazioni che piano deve sforzarsi di riprendere anche fuori partendo dai luoghi che frequenta, come appunto l'università. In questo percprso le potrebbe essere d'aiuto il sostegno di uno psicologo che avendo un punto di vista diverso dal suo l' aiuterebbe a riacquistare fiducia negli altri. Inoltre insieme potreste ricostruire quanto importanti sono stati i suoi nonni ed elaborare il lutto di questi. In bocca al lupo.
Dott.ssa Silvia Rotondi

Dott.ssa Silvia Rotondi Psicologo a Roma

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