Ho 63anni dall'età di 38anni mi hanno diagnosticato il bipolarismo,avrei non averlo saputo perché sono ad allora reagivo di più non voglio dire che i farmaci non servono,ma alla base di tutti i miei problemi c'è la paura di affrontare la vita, perché non ho mai avuto autostima,iniziavo delle cose ma non le portavo e porto mai a termine perché mi penso incapace,scappo e tutto questo mi porta a essere asociale,a non sfruttare le probabili capacità,mi tiro indietro,sentendomi inferiore ,causandomi un dolore all'anima,coscienza ,rimandando "ferma"vittima di paure ,mi sento una fallita,non attendibile, perché scatta un processo di autocommiserazione...per voi che tipo di terapia sarebbe utile per uscire da questa brutta e debilitante situazione?Grazie
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16 FEB 2023
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11 FEB 2023
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Buonasera Paola, non c'è una terapia specifica, l'importante è andarci e che si trovi bene con il suo terapeuta. Anche perchè i farmaci da soli non sono mai efficaci come in combinazione con la psicoterapia.
La consiglio infatti di intraprenderla al più presto per riprendere in mano la sua vita.
Rimango a disposizione, anche online.
10 FEB 2023
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Buonasera signora
Le sarebbe utile un percorso di psicoterapia, per uscire dalle sue problematiche.
Coraggio signora
Dott.ssa Patrizia Carboni
Psicologa Psicoterapeuta
Roma
10 FEB 2023
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Buongiorno,
Certamente il bipolarismo non può essere risolto con i soli farmaci.questi infatti servono per riuscire a svolgere le proprie attività quotidiane ma non posso essere la soluzione se non abbinare alla terapia.
Per il suo problema ogni orientamento va bene. Dipende dal terapeuta. Le consiglio di esplorare online o tramite conoscenti i terapeuti disponibili nella sua zona. Nella ricerca intanto provi a capire se preferirebbe un terapeuta uomo o donna, grande o più giovane. Queste semplici preferenze possono aiutare molto nella selezione.
Grazie per averci scritto
10 FEB 2023
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Gentile Paola,
purtroppo queste sono le "controindicazioni" delle diagnosi, si rischia di rimanere intrappolati in quell'etichetta diagnostica. Chiaramente non sto dicendo che la diagnosi non sia utile, anzi può orientare verso scelte terapeutiche e verso piani di prevenzione.
Però quando si definisce un paziente solo attraverso una categoria diagnostica si creano tre problematiche:
1. Non si arriva alla soluzione, ma si attribuisce semplicemente un’etichetta diagnostica ad una serie di comportamenti e percezioni, quindi ciò ci permette solo di dare un “nome” al problema, ma non di risolverlo.
2. Si cade in una “trappola referenziale”, cioè l’etichetta diagnostica può condurre la persona a concentrare la sua attenzione solo su tutti quegli aspetti che vadano a confermare l’etichetta diagnostica.
3. Si può ritenere di essere un “paziente difficile”, ovvero l’etichetta può creare nella persona l'idea di essere un "caso clinico ed incurabile".
In particolar modo la terapia breve, infatti, non squalifica la diagnosi, ma mette la persona prima della diagnosi. Quindi mettendo al centro la persona si focalizza sul processo di conoscenza della persona, dei suoi sistemi di conoscenza della realtà, ecc, in modo tale da non dare solo un nome al "problema", ma anche di trovare un modo per risolverlo.
Spero di esserle stata utile e resto a sua disposizione per un'eventuale consulenza psicologica.
Saluti.
Dott.ssa Deborah De Luca
10 FEB 2023
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La psicoterapia è il trattamento più indicato per incidere sull'autostima, sembra strano che nonostante la diagnosi e quindi una certa famigliarità con le possibilità di cura non abbia mai intrapreso un percorso di questo tipo.