Aiuto! Amore incondizionato o dinamica narcisista?

Inviata da Francy · 15 giu 2023 Terapia di coppia

Gentili Dottori,
mi ritrovo a lanciare una richiesta d’aiuto generale perché sono intrappolato nello stesso circolo vizioso da troppo tempo e al momento non sono riuscito ad uscirne né con la terapia farmacologica né con la psicoterapia.

Premetto che ho una diagnosi di disturbo della personalità narcisista, quindi sono il primo a mettere in dubbio qualsiasi cosa di quanto credo di provare per qualcuno… ma per lei, per M… solo il semplice pensarla mi ammazza. Sono passati ormai 2 anni da quando l’ho vista per l’ultima volta e non c’è stato singolo giorno della mia esistenza in cui io non l’abbia contemplata anche solo per 5 secondi.

Conobbi M a novembre/dicembre 2017. Colpo di fulmine, io il suo primo amore e lei il mio primo (e finora anche ultimo) “vero”. Stare con lei era pura poesia, non mi sembrava possibile che potesse esistere una persona come lei.
Dolce, attenta, sincera, semplice ma anche profonda, raffinata, spiritosa e sciocca il giusto, con una spiccata e innata sensibilità artistica ed estetica.
Sembravamo fatti su misura, ad incastro. Lì dove aveva carenze lei le subentravo io e viceversa. Abbiamo passato insieme quasi 4 anni. Il primo anno è stato una bomba, poi sono emersi inevitabilmente da parte mia gli elementi comportamentali del narcisista e tra alti e bassi (avendone piena consapevolezza ne ho sempre parlato francamente con lei) ho cercato ogni volta di sopprimerli, riuscendo sempre a ristabilire, alla fine, l’equilibrio tra di noi. Un equilibrio in cui riuscivamo a trovarci in perfetta armonia. Sintonizzati sulla stessa lunghezza, frequenza o ampiezza d’onda, insomma. Un amore spesso litigarello, è vero, ma finché lo era il giusto, era un buon compromesso, una fatica che ci permetteva di riuscire a stabilire un calma nei momenti in cui eravamo soli, tale da congelarli per sempre almeno nella mia memoria. Attimi dipinti ad arte. Non voglio esagerare ma ne ho memoria come di un sogno ad occhi aperti.

Lei dal canto suo c’è sempre stata nonostante vari miei comportamenti spiacevoli verso l’integrità della coppia, tra cui clamorosi ricordo un campo scuola (marzo 2019) in cui sono stato irreperibile al telefono per la maggior parte del tempo (anche per mia madre), un’estate (2019) che ho passato chiuso 9 ore al giorno in un centro estivo e la prima quarantena della pandemia (marzo/aprile 2020) in cui sono caduto in una totale crisi esistenziale e depressiva in cui sono sparito totalmente anche dai social.
Nei primi due casi, seppure il mio allontanamento da lei fosse realmente causato esclusivamente dal mio malessere, lei inquadrò gli eventi in funzione di due ragazze presenti rispettivamente in quelle situazioni. Ragazze che mi facevano il filo e di cui lei era molto gelosa poiché io ci passavo quel tempo che, in teoria, toglievo a noi due. Per quanto queste ragazze fossero attraenti (ma non quanto lei), non mi sbilanciai mai oltre una battuta o un gesto di amicizia.

Il tradimento c’è invece effettivamente stato l’anno successivo (aprile 2021) sul piano “psicologico(?)” però, e non parlo di avventure con altre ma proprio strettamente di fiducia.
Trovandoci in una situazione in cui lei era in prossimità degli esami di stato e io stavo invece iniziando a recuperare delle amicizie dopo 3 anni di quel “soltanto noi due”, iniziai ad uscire con le prime giornate primaverili e proprio in virtù di ciò ci siamo trovati a litigare per un mese di fila (il nostro era precedentemente un amore litigarello, sì, ma di quei litigi che durano 10 minuti di orologio) perché da una parte io avrei voluto che lei staccasse un po’ dallo studio e uscisse anche lei con me ed i miei nuovi amici, mentre lei preferiva che io, staccato da lavoro, le facessi compagnia a casa mentre studiava. Cosa che ho pure fatto più e più volte ma si finiva sempre con me che mi chiudevo su Netflix e lei che non staccava un attimo dai libri per stare con me. Capitava sì, che io la aiutassi, come lei fece con me l’anno prima per la mia maturità, e non fu male perché fu una cosa in più da condividere ma ad un certo punto, vedendo il sole picchiare fuori e sapendo che avevamo entrambi l’occasione di staccare anche solo un pomeriggio e goderci un’uscita diurna, quel suo “No, devo studiare” iniziò proprio a farmi rosicare. Iniziai a sentire la necessità di “fuggire” dalla situazione creatasi in quel periodo. Volevo evadere da una morbosità che si traduceva sempre in possessività e gelosia anche dei miei amici maschi o comunque sempre in una forte critica nei miei confronti e del mio stile di vita (che comunque lavoravo 6 ore al giorno e passare dei bei momenti sia con lei che non gli amici continua a non sembrarmi una richiesta così tanto assurda ma vabbè). La sensazione era quasi sempre quella di soffocamento, non c’era mai modo di stare da soli senza pressioni esterne, senza che lei fosse condizionata da qualcuno o qualcosa, a tal punto che io quasi cercavo sempre di isolarmi, di evitarla, non per evitare lei in sé ma per evitare la pressione che soprattutto i genitori le mettevano su ogni cosa. Pressione e alte aspettative che poi lei (parlo sempre di questo ultimo periodo in particolare) riversava su di me e al primo passo falso che muovevo era una sfuriata.
In quello stesso periodo, dopo aver limitato le uscite con gli amici per salvaguardarci, iniziai a sfruttare l’occasione di giocare ad un gioco al pc quando ero a casa mia dopo essere stato da lei per continuare a socializzare tramite chat vocale con quegli stessi amici delle uscite, ma lei si faceva rodere tantissimo perché mentre ero al pc non stavo fisso su whatsapp e si attaccava al telefono se non rispondevo subito ai messaggi. Io inizialmente staccavo da quello che stavo facendo e rispondevo ma l’unico modo di parlarmi era ormai diventato solo quello di urlarmi, rimproverarmi e accusarmi, esattamente come i genitori facevano con lei. Mi sentivo una valvola di sfogo ma tutto ciò fu solo la goccia che fece traboccare un vaso già colmo di malessere che non era legato direttamente alla relazione ma che era latente già da prima del covid è dovuto ad altre cose. Il tutto si fece sempre più importante, finché non sfociò in una nuova crisi esistenziale, fino a che che non mi si offuscò del tutto la mente per lo stress, a tal punto da sentirmi privato in alcuni momenti proprio della facoltà di ragionare in maniera lucida.
Relativamente a ciò, anche solo per farmi un’idea su quello che mi diceva lei stessa, (e qui il “tradimento”) io sentivo la necessità di “farmi tradurre” alcune delle sue accuse e chiesi aiuto in funzione di ciò prima ad un amico e ad un’amica poi per capire effettivamente come comportarmi davanti a quella che da parte sua era una richiesta di aiuto più che altro ma mi metteva in difficoltà perché non sapevo più come comportarmi. Volevo semplicemente capire cosa secondo loro lei intendesse dirmi perché io ero saturo, non ci stavo capendo più nulla.

Finì che lei lesse i messaggi con l’amica, in cui non si esprimeva proprio benissimo nei confronti di M, dandole in particolare della psicopatica. Ne seguì che lo stesso giorno in cui lesse la chat, poiché io non la difesi direttamente (ma neanche appoggiai la tesi della mia amica, semplicemente ascoltai cosa aveva da dire), mi “pestò” praticamente davanti ai genitori che in tutto ciò sembravano parecchio compiaciuti della cosa, padre in particolare, ma vabbè.
Io stesso, completamente esausto, perché in tutto questo oltre che subire il mio malessere ero divorato dai sensi di colpa per tutta la situazione in sé creatasi, che comunque in un modo o nell’altro faceva chiaramente soffrire lei in primis, decisi di lasciarla a maggio 2021, dopo essere stato dimesso dal mio primo ricovero d’urgenza dopo aver tentato il suicidio con il rivotril, apice della crisi a cui mi portarono sia il malessere che tutta la situazione creatasi: lei arrabbiatissima con me per la questione gioco e amici con cui letteralmente non riuscivo a fare nessun passo in avanti per lo stesso blocco psicologico in sé e sia perché non ne avevo il tempo materiale. Tempo che decidevo alla fine di dedicare a lei, che però sembrava scazzarsi sempre di più. Io mi sono sentito in trappola e alla fine ho sbroccato.

Dopo averla lasciata, passano un paio di settimane in cui ci sono stato sempre meno con la testa e sono solo riuscito a perdere ulteriormente le redini di praticamente ogni ambito della mia vita, facendo ogni giorno sempre peggio del giorno precedente, tanto che dopo aver distrutto la nostra relazione sono riuscito a distruggere anche la mia auto di allora, driftando, cosa che non mi sarebbe mai saltata per l’anticamera del cervello se mi fossi trovato in una condizione di lucidità.

In preda ad un ennesima crisi, scatenata lì per lì da una partita persa al gioco (su cui durante quelle due settimane iniziai a sfogarmi in maniera compulsiva) andata male (come per dire “neanche questo che è semplice come l’ABC riesco a fare bene, ecco perché ho allontanato M, ecco perché non ho più una macchina, sono completamente inutile e faccio schifo alla vita stessa”, ritento di farla finita ingerendo un blister e mezzo di tachipirina e ne consegue un successivo altro ricovero in PS, 3 giorni in SPDC e 3 settimane di clinica psichiatrica riabilitativa.

Torno a sottolineare che durante tutto questo periodo andavo completamente in automatico, non ero me, non mi sentivo padrone delle scelte che prendevo. Ricordo che con lei continuavamo a sentirci da amici per messaggio ma non avevo controllo neanche di ciò che le comunicavo e non ricordo nulla del contenuto delle conversazioni. So solo che messaggi da lei ne continuavo a ricevere mentre ero ricoverato. Sta di fatto che “per godermi la libertà”, (raggiunta in reparto psichiatrico, assurdo solo pensarlo) ebbi in due diverse situazioni un contatto fisico con due ragazze all’interno delle strutture dove stetti ricoverato. Entrambe esperienze a cui sono arrivato per puro istinto e che avrei benissimo potuto evitare. Fu infatti un tipo di contatto esclusivamente carnale, completamente estraneo ai miei sentimenti e al mio modo “romantico” di intendere la vita e le relazioni.

Poi un giorno, giorno che io chiamo dentro di me “della rinascita”, ero steso con la seconda di queste due ragazze che mi chiede di vedere qualche foto di lei (di M), dato che io nonostante tutto ne parlavo sempre, in continuazione. Tiro quindi fuori il telefono e, iniziando a scrollare il suo IG, la guardo, la osservo, capisco e realizzo, comprendo dove mi trovavo e con chi mi trovavo e dove era invece il mio posto e chi “la mia persona”, subendo come una sorta di epifania. Corro in bagno con la scusa di dover rimettere con lo stomaco e alla fine esplodo ma in lacrime, iniziando a piangere accoratamente come non facevo dalla separazione dei miei genitori 8 anni prima.
Prima di quel momento ho davvero solo sprazzi di ricordi che vanno dal periodo pre-pandemia, quando ebbe inizio il malessere, al giorno in questione (13 luglio 2021), come se non fossi mai stato presente del tutto con la testa fino ad allora, come se avessi gradualmente perso il controllo sulla mia vita.
In quel momento, nel momento in cui ho capito, ho sentito come una risintoniziazione spirituale con il vero me. Non saprei come altro descrivere questa sensazione, perché solo da quel momento in poi ho iniziato ad immagazzinare ricordi lucidi e chiari dei momenti che ne seguirono, in cui so invece di aver agito “da me” (cosa che confermo, nonostante la cosa si sia ultimata al 100% solamente interrompendo gli psicofarmaci un paio di mesi fa).

La prima azione che feci fu quella di chiamarla, immediatamente. Le confessai, ancora piangendo, ciò che avevo fatto con quelle ragazze e il perché mi sono trovato in quella situazione, il perché tutto fosse successo, come in realtà mi sentivo verso tutto, verso di lei e ho cercato di essere il più sincero possibile. Lei però dal canto suo, arrabbiata e soprattutto delusa dalla serie di eventi che si sono susseguiti troppo in fretta, rifiutò di accogliermi in prima istanza e tantomeno venne a trovarmi dove ero ricoverato, cosa che l’avevo scongiurata di fare. Da lì inizia la mia “castità romantica” e da quel momento sono iniziati i 2 anni sopracitati.

Dopo la dimissione comunque (luglio 2021) continuiamo a mantenere i rapporti via telefono. I ruoli si erano invertiti rispetto al periodo precedente, ero io infatti stavolta ad essere inizialmente molto morboso e geloso verso dei ragazzi con cui stava parlando in quel periodo. Il mio intento d’altronde era quello di cancellare, di elidere quanto accaduto negli ultimi mesi e recuperare in corner il nostro rapporto che sapevo benissimo che se vissuto nel giusto modo sapeva regalarci una connessione che andava sopra ogni tempo e spazio e l’unico modo era ristabilire la situazione precedente. Lei nel mentre aveva dato l’esame (di questo parlammo prima dell’epifania però, lo ricordo. Rimpiangerò a vita di non aver assistito ma ci sono stato moralmente nonostante la situazione). In quel momento come non mai mi sentivo pronto per farmi carico di tutto, mi sentivo in grado di poter vivere finalmente a pieno e a cuore aperto il nostro amore come non ero riuscito a fare nell’ultimo anno per le troppe “pippe mentali”, ma lei non cedette e mi tenne sotto scacco per diversi mesi, da luglio fino a novembre 2021.

Ci fu anche occasione di rivederci nel mentre. Ci siamo incontrati più volte su mia volontà dopo la dimissione ma lei, ancora non capisco se per farmela pagare o se per pressioni genitoriali o delle amiche sinceramente (sta di fatto che passò da innamoratissima a completamente indifferente nel giro di davvero pochissimo tempo, 4 settimane esatte passarono infatti dal momento della rottura fino all’epifania), mi ridava puntualmente quel briciolo di speranza sufficiente che mi facesse credere che fosse interessata ad un nostro ritorno assieme, attraverso frasi ad effetto talvolta criptiche o gesti totalmente ambigui e incoerenti rispetto ciò che affermava esplicitamente, ovvero che non mi amava più e che si trattava di un disamoramento iniziato gradualmente già da prima del ricovero e che mi dovevo comunque rassegnare all’idea di averla persa in via definitiva e che si stava iniziando a godere la sua nuova vita.
Nel momento in cui io mi comportavo in maniera distaccata oppure provavo a non cercarla per un tot di tempo, però, “come da manuale” lei, sempre puntualmente, trovava la scusa per riscrivermi ma poi, appena cercavo di riavvicinarla emotivamente, appena cedevo e mi illudevo che avrei potuto coronare il mio desiderio da lì a poco, lei faceva crollare quel castello di congetture che mi ero fatto mentalmente rinnovando il suo desiderio di essere non più che amici. Cosa che in quel momento non potevo sopportare, perché c’erano già altri ragazzi che le ronzavano attorno. La sensazione, devo dire la verità, non era positivissima, apparentemente non era la ragazza di sempre e sembrava come se si stesse solo intrattenendo per divertimento, come se fossi diventato il suo ex “caso umano” con cui scriversi per passatempo e per gonfiarsi un po’ l’autostima e ‘sta sensazione mi ha ferito davvero tanto allora, ma penso anche sia una questione di karma che gira e non gliene ho mai potuto fare davvero una colpa.
La mia unica sensazione da quando mi svegliavo fino a che mi addormentavo, per 4 mesi interi è stata di fitte (chiamiamoli “farfalloni”) allo stomaco.

L’ultima volta che la vidi fu sotto casa sua (settembre 2021). Nonostante ci stessimo scrivendo da tutto il giorno con toni più che pacifici, non fu contentissima di vedermi ma scese (per 5 minuti). Io la stringevo in lacrime e speravo che quel momento durasse per sempre, lei sembrava invece molto distaccata e si limitava a consolarmi con un abbraccio molto leggero (lei era solita stritolarmi quindi mi ha colto alla sprovvista), non la sentivo partecipe e sembrava non vedere l’ora di rientrare in casa. L’ultima volta che l’ho guardata negli occhi è stata mentre si sbrigava a chiudere il cancello per mandarmi via e sì, sinceramente ha fatto parecchio male.

Passano dunque svariati mesi da lì in poi senza più vederci ma solamente scrivendoci a tratti sporadicamente, a tratti frequentemente, ma da quel momento non fu più disposta ad incontrarmi di persona. Una sera in particolare però (dicembre 2021) lei, che sapeva che mi trovavo al compleanno di un mio amico tramite alcune storie pubblicate su Instagram, mi scrive, dal nulla e nonostante io stessi cercando da settimane di non sentirla più per cercare di farmi passare quella che speravo essere una fissa passeggera del “solito narciso” alimentata dall’abitudine. Mi scrive per chiedermi, veramente dal nulla, senza alcuna pregressa conversazione a riguardo, consigli su dei comportamenti ambigui di una sua amica relativamente al fatto che preferiva uscire con il suo ragazzo rispetto al loro trio di amiche (stesso trio con cui M usciva molto di frequente nel periodo subito successivo alla rottura). Io lì per lì non la tollerai come mossa, mi fece molto male ma probabilmente, conoscendomi, avrei anche accolto positivamente il suo approccio, ma fu su consiglio degli amici presenti (che mi avevano visto tutti a pezzi nei mesi precedenti) che, stupiti dall’ambiguità della cosa, mi consigliarono di ignorarla, e così feci, cercando di farle notare quanto fosse fuori luogo quel messaggio in quel momento delicato vista tutta la situazione precedente. Allora le chiesi di bloccarmi ovunque seduta stante, sia per rispetto di entrambi, sia per evitare che ogni tipo di contatto potesse farmi riaccendere un barlume di speranza, illudendomi che un nuovo impegno da parte sua nel riprendere ciò che avevamo costruito e lasciato in sospeso fosse possibile, e infatti così fece, mi bloccò ovunque come le chiesi, senza opporre alcuna resistenza, e a quel momento risale il nostro ultimo contatto “ordinario”.

[Probabilmente tutto il nostro rapporto si trasformò in una specie di giochetto psicologico da parte sua a partire dalla mia epifania in poi, cosa che condivide anche mia mamma. M stessa, lo ricordo solo adesso, ammise che trattava con superficialità le nostre conversazioni e non ero più di un passatempo rispetto, né più né meno considerevole degli amici che aveva. Credo che ad un certo punto, dopo aver superato la rottura, mi si possa essere in qualche modo volontariamente inimicata quasi come a volermela far pagare, avendo aperto gli occhi sul mio fare schifo, capendo che non ero il bel ragazzo che credeva io fossi e compiacendosi del fatto che, non più innamoratissima come mi ha sempre fatto capire di essere e con me che ero ormai diventato un agnellino, era ora lei ad avere totale controllo su di me, non essendo più io giustamente il suo fidanzato ma solo uno tra i vari spasimanti di cui potersi prendere gioco liberamente. E come biasimarla dopo ciò che le ho fatto? Anche se… sinceramente? Con lucidità se ripenso agli anni passati insieme, nel complesso credo di non aver mai neanche pensato di agire subdolamente contro di lei e tutte le volte che sono stato negativo nella nostra quotidianità, è stato più perché suggestionato dal timore di perderla, come alla fine è successo.

Dopo qualche tempo comunque lei alla fine si rifidanza e di me, da allora (ovviamente..) si è palesemente dimenticata e infatti non mi ha mai più in alcun modo cercato. Anche io intanto ho provato ad avere successive esperienze con altre ragazze ma tutte fallimentari per un motivo o per un altro. Proprio dopo aver iniziato una frequentazione con un’altra ragazza, sperando che (so che è sbagliatissimo e incoerente ma è stata un’ultima spiaggia) mi aiutasse a togliermi M dalla testa, una sera esagerai ad un evento “all you can drink” di birra e la chiamai di getto, “vomitandole” per telefono tutto ciò che provavo e che non le avevo ancora detto, ovvero che per me lei era l’unica con cui io riuscissi ad essere liberamente me stesso, che io non riuscivo a vedermi felice con qualcun altro al posto suo e che sarei stato disposto a tutto pur di recuperare in qualche modo il nostro rapporto e starle vicino più di quanto abbia mai fatto in precedenza. Lei, anche piuttosto molto freddamente, mi rispose che ormai aveva iniziato a sentirsi con un altro ragazzo e mi consigliò spassionatamente di andare avanti perché ormai era finito il tempo…

E di anni ne sono passati 2 e nonostante il tempo, nonostante le esperienze, nonostante la maggiore esperienza di vita, le vittorie, i fallimenti, le soddisfazioni e tutto ciò che questi giorni in più che ho vissuto rispetto ad allora hanno portato con sé… io avanti non ci sono mai riuscito effettivamente ad andare e seppure lei non influisca più in maniera fisica o comunque diretta sulle mie giornate e questo possa illudermi di non dipenderne più, sento purtroppo di provare ancora qualcosa di forte, veramente tanto più grande di me, che, vuoi o non vuoi, le mie giornate alla fine le condiziona e non poco.
Si tratta di un sentimento che da una parte mi coccola in qualche modo, ma dall’altra è così profondo e viscerale da devastarmi completamente, anche se coscientemente la mia ragione non è focalizzata su di lei. Una sofferenza, o malinconia, o saudade (nostalgia) che trascende il solo desiderio fisico e che ho ultimamente rappresentato idealmente come una sorta di amore onirico per una lei che non esiste sul serio se non come idea, lontano da quello che plausibilmente è M in realtà in questo momento.

È davvero un sentimento che non riesco né ad esprimere né a reprimere, un sentimento infimo ma fortemente radicato in me e di cui non sono mai riuscito a liberarmi neanche dopo che, a seguito del mio ultimo tentativo di contatto (a scopo amichevole) un bel po’ di mesi fa, non so se lei o il fidanzato hanno risposto ad un mio semplice approccio standard trattandomi davvero malissimo e cercando di ferirmi punzecchiando dei miei “punti deboli” che solo lei conosceva e che niente avevano a che fare con la nostra crisi di coppia né tantomeno con la rottura in sé.

Il tutto è ahimè un crescendo e non un diminuendo e questa cosa mi spaventa. So che la causa di questo sentimento è lei ma perlopiù dei casi cerco di ignorarlo, tanto che a volte mi chiedo “ma a cosa devo tutta quest’ansia? A cosa devo questa angoscia? Perché mi sento un peso costante sullo stomaco?”.
Se mi capita di vederla in foto, anche in presenza del suo nuovo ragazzo, io non riesco a provare gelosia o rabbia o sensazioni di natura possessiva o negativa. Mi basta intravedere il suo sorriso sereno per rasserenarmi anche io, aldilà di quale sia il motivo del suo sorridere, se lui o altro, poco importa. Fatto sta che ho sviluppato questa sorta di ossessione latente nei suoi confronti, che corrisponde ad un dispiego di energie immenso, senza alcuna vaga o remota possibilità di un ritorno emotivo, ed è in tutto ciò che vi domando, per curiosità personale, soprattutto, in che modo potrebbero essere inquadrabili queste dinamiche anche nel quadro clinico del narcisista?

Scusatemi se mi dilungo ma ci tengo ad evidenziare ciò che ritengo essenziale dell’intera vicenda che riguarda M anche da quando lei non fa più parte della mia vita. E in tal senso è eclatante anche soprattutto il modo in cui, approcciando svariati mesi dopo la rottura il mondo della musica e iniziando a scrivere canzoni (per diletto più che altro), in cui cerco sempre di spaziare dal tema più leggero a quello più ricercato ma senza aver mai voluto scrivere una canzone propriamente per lei, la mia scrittura, che di base è molto inconscia e si lascia trasportare da collegamenti “casuali” che la mente mi propone, finisce sempre per rimandarmi a lei. Riascoltando i pezzi anche dopo svariati mesi dalla stesura, se c’è una figura femminile o solamente positiva all’interno dei brani che scrivo, non riesco a non accorgermi che la mia mente viene riportata a lei ascoltando determinate parole, frasi o concetti. Ho letteralmente anche scritto canzoni con l’intento di dedicarle ad altre e soltanto dopo mi accorgo SEMPRE, che in realtà la dolcezza che metto nel descrivere certe situazioni o immagini è ispirata al mio passato con lei e a cose che riguardano comunque solo lei. In un testo descrivo una “ninfa dei miei sogni chiusa dentro la mia testa”, che non può non essere che il modo in cui la mia mente poeticizza la speranza di riaverla con me che pervade in qualche modo anche il mio sonno.

In tutto questo è il quadro della mia diagnosi che mi preoccupa maggiormente, e mi tormenta in tal senso l’idea di, per assurdo, un mio ritorno nella sua vita. Come mi comporterei? Il sentimento è davvero rivolto a lei? Sarei in grado di comportarmi in linea con la mia volontà mantenuta per 2 anni? Se non sono certo di questo riguardo lei, come potrei sentirmi sicuro per affrontare qualsiasi altro tipo di relazione in futuro? Rischierei di far soffrire e soffrire, non c’è altra prospettiva per ora, ed è per questo che da qualche tempo mi sono esentato dall’amore in ogni senso. Fortunatamente sono anche abbastanza in sovrappeso, in questo periodo particolarmente, e non catturo l’attenzione spontanea di nessuna, quindi non c’è pericolo.

Aldilà di tutto però, Il problema qui è diventato che io pian piano sono arrivato a decostruire il mio passato senza occuparmi minimamente della costruzione del mio futuro. Non riesco ad avere più un obiettivo reale di vita che mi riporti al presente, non riesco ad essere motivato in nulla, tutto mi causa un profondo senso di noia mista a timore misto a smarrimento. Anche lavorativamente sta diventando un disastro. Riesco ad essere motivato il giusto per lavorare bene due settimane. Al quindicesimo giorno crollo perché mi chiedo “ma per cosa lo sto facendo? Che lo faccio a fare se neanche io so dove voglio arrivare?”. Capita che io non riesca ad alzarmi dal letto, come se fossi arrivato ad un punto in cui la mia comfort zone, il mio rilassamento, è solo il sonno, come fossi intrappolato in me stesso.

Le mie ancore con la realtà sono la mia famiglia, il mio progetto (ideale anche questo, ma vabbè) di creare un circolo sociale e infine… l’idea di lei. Amici invece? Non pervenuti, ho un blocco totale. Provo ad unirmi a situazioni sociali, partecipando volentieri quando ne ho occasione ad uscite anche con persone nuove o gruppi di svariato tipo ma nessuno sembra avere più di tanto l’interesse nell’ essermi amico e tutti si mantengono sul semplice livello della conoscenza, senza infamia e senza lode ma senza evoluzione. Non mi respingono ma mantengono un certo distacco nei miei confronti che riesco a spiegarmi solo con il mio vizio di essere petulante (petulanza che con thc diventa logorrea. E quando sono in compagnia gli altri fumano e spesso mi unisco).

Sorvolando su ogni altra cosa però e tornando al punto di partenza di tutta questa vicenda… Io come dovrei fare, secondo voi, a convivere con questa visione ideale di M, che vive solo dentro di me e che mi culla, sì, ma tormentandomi? Ovviamente non parlo di “lei” intendendo ciò che è lei realmente, scusate la ripetizione, perché io per lei non esisto più per forza di cose e non ho neanche vagamente più idea di che tipo di persona sia diventata oggi. È un attaccamento, ripeto, credo solo all’idea di lei, a ciò che lei ha rappresentato per me. Sono innamorato del ricordo di una sua ipostasi datata settembre 2021, non di lei, sicuramente sarà così. Tutto ciò non è reale e questo sentimento non è sicuramente sano per me e per il mio futuro. Ma tutto ciò, aldilà di tutto, secondo voi, esperti della psiché, potrebbe essere solo appunto un gioco narcisistico per cui ho questa illusoria immagine in testa che rappresenta il desiderio irraggiungibile che una volta ottenuto (virtualmente) spezzerebbe la stessa “magia” insita nel contemplarlo? Come se magari quella con lei è stata l’esperienza che mi ha visto più coinvolto a livello emotivo e quindi la mia mente mi riporta lì ogni volta che penso alla ragazza ideale? È tutto frutto delle dinamiche proprie della personalità narcisista, quindi, o potrebbe esserci un fondamento di amore sincero e incondizionato verso qualcuno che so di non poter più raggiungere? E se nel primo caso è sufficiente continuare con il lavoro su di me, nel secondo caso che dovrei fare?

Ovviamente, che sia una o l’altra cosa, non ha veramente importanza ai fini reali, lo chiedo più che altro per non sentirmi o meno più uno schifo di quanto già non mi senta da quando so cosa sono e cosa rappresento per la società.

Per il resto sto impazzendo, non ce la faccio più. Vorrei davvero fare un passo in avanti nella vita ma riesco a farne solo di laterali. Cambia la mia routine, cambia il mio lavoro ma io rimango sempre allo stesso punto e a volte ho come la netta sensazione di vivere all’interno di uno stato ipnotico, di un loop, come se fossi cioè “intrappolato” nella linea temporale sbagliata… a volte sento proprio di non appartenere a questa realtà.

Inoltre, si sta facendo strada in me l’idea che la maggior parte di ciò che mi circonda sia sbagliato per quanto superficiale e strettamente legato al capitalismo, non in linea con l’ordine naturale delle cose. Nelle mie canzoni è molto ricorrente il tema dell’evasione dal reale. Vorrei un mondo di condivisione tra individui e non di egoismo nella collettività. Vorrei più persone sincere… Mi manca lei perché forse prima che tutto crollasse in qualche modo lo era? Era la prova che le persone possono essere buone? Non capisco. Anche se poi penso che queste sensazioni di malessere sono le stesse che mi hanno portato a lasciarla, perché da una parte ero tormentato dalla stessa idea di perderla, avevo la sensazione che la nostra relazione fosse provvisoria, che potesse finire da un momento all’altro e non sono mai riuscito a vivere il nostro amore spensieratamente. Dall’altra parte non mi sono mai sentito all’altezza di darle l’amore di cui aveva bisogno, ho sempre pensato che affianco a lei ci dovesse essere un ragazzo più semplice (nel senso di non contorto quanto me) e non una zavorra come lo ero io, perché vivevo ogni giorno come fosse l’ultimo con lei, già mi prefiguravo in qualche modo che ad un certo punto non ci sarebbe più stata, me lo sentivo ed alla fine è successo.
Questo è il motivo per cui ho iniziato a soffrire della allora futura rottura con lei già da anni prima che poi accadesse effettivamente… mi piace pensare che magari in un altro universo, dimensione o realtà, ci sia un me più “leggero” che riesca ancora a renderla felice.
A parte tutto però, l’importante è che ora lei stia comunque bene credo, e spero che lo sia per sempre.

Per quanto riguarda il problema in tutto ciò, è chiaro che sono io e lei magari ha anche potuto sbagliare a disumanizzarmi in alcuni momenti post-rottura quando avrebbe potuto ascoltarmi ma in fondo la capisco. Probabilmente avrei fatto lo stesso anche io a ruoli invertiti.

La cosa reale però è che io non ce la faccio veramente più. Nonostante abbia superato la crisi, il malessere in qualche modo rimane insito in me e vivere giornate su giornate su giornate, tutte percepite come di una piattezza unica mentre quella volta ogni due mesi che riesco a rimediare un invito da qualche conoscente, finisco sempre per farmi prendere dall’euforia del momento di stare in compagnia e divento sempre in qualche modo esuberante e accolloso e alla fine vengo diciamo “emarginato” (non allontanato. Nel senso che poi vengo sporadicamente rinvitato, ma sono quella presenza saltuaria ecco) da qualsiasi contesto, mi logora definitivamente.

Riesco a stare bene in società solo quando riesco ad insegnare qualcosa di nuovo e bello alla mia sorellina di 2 anni.
Ma la fragilità della vita mi tortura, per natura somatizzo tutto ciò che sento come male, ogni notizia, informazione, concetto lo interiorizzo e ne faccio timore. “No man is an Island” di John Donne, come tutta la sua produzione poetica praticamente, sono il mio motto di vita.

In attesa di un angelo che mi risponda (capisco che la situazione è molto contorta e il discorso un po’ prolisso), ringrazio chiunque sia arrivato fino a questo punto della lettura.
Buona giornata.

- Francesco

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