Chiavi per una "comunicazione efficace" con i bambini

Come avere una comunicazione efficace con i bambini? Perché è importante una buona comunicazione? Scopri le chiavi per raggiungerlo.

15 SET 2016 · Ultima modifica: 11 MAG 2023 · Tempo di lettura: min.
Chiavi per una "comunicazione efficace" con i bambini

Il ruolo dell'educatore, così come quello dei genitori, negli ultimi decenni ha fortemente risentito dei cambiamenti sociali e culturali che hanno influenzato la nostra società. Gli effetti di tali cambiamenti hanno comportato una prospettiva molto differente dalla quale si osserva e ci si relaziona con i bambini.

Una delle principali tematiche a tale riguardo e quella che fa da cornice a tutte le altre ha a che fare, potremmo dire, con i confini, i limiti: quanto concedere e accogliere per sostenere il processo maturativo e di autostima dei bambini e quanto e come soprattutto porre dei no. Molti sono stati nel passato i dibattiti a tal proposito da parte di sociologi, psicologi, pedagogisti etc. Di volta in volta si è visto oscillare l'ago della bilancia da posizioni autoritarie ad altre permissive. Un contributo significativo a tale argomento è stato dato da Thomas Gordon (1989).

Quali sono le chiavi per una comunicazione efficace con i bambini?

Egli sottolinea come la disciplina, che "evoca ordine, organizzazione, collaborazione…" non coincida con il disciplinare inteso come "portare in uno stato di ordine, obbedienza attraverso l'educazione e il controllo". Il punto sul quale Gordon si sofferma è proprio l'osservazione di come il controllo, l'imposizione da parte di educatori e genitori porti, se non nell'immediato, all'aggressività. Gordon scrive:

«Acquisirai una maggior influenza sui bambini quando rinuncerai a utilizzare il tuo potere per tenerli sotto controllo! [...] Più usi il potere per cercare di tenere sotto controllo gli altri, meno influenza reale avrai sulla loro vita». ( da T. Gordon, 1989 Né con le buone né con le cattive, edizioni la meridiana, pag 22).

Perciò l'auspicata autodisciplina, nella quale il senso di controllo è percepito interno alla persona e non esterno, come invece nel caso di atteggiamenti educativi autoritari, si ottenga quando si sperimenta la possibilità di scegliere con una certa dose di libertà, soprattutto quando le regole sono state condivise, scelte insieme, secondo ciò che egli definisce principio di partecipazione. Sempre su questo aspetto Gordon distingue tra l'autorità sulla competenza e l'autorità sul potere. Se la seconda, derivante dal possedere i mezzi per ricompense e punizioni, è un qualcosa che l'adulto ha naturalmente, la prima ha bisogno di essere riconosciuta dall'altro, in qualche modo attraverso la fiducia. In buona sostanza si tratta della differenza tra l'essere autorevoli (competenza) e autoritari (potere).

Se perciò le punizioni, esercitate attraverso l'autorità, determinano nel tempo timore e aggressività, anche le ricompense - i cosiddetti rinforzi positivi - risultano inefficaci, in quanto per esserlo dovrebbero rispettare una metodologia piuttosto serrata da condizionare il comportamento, che pochi sono in grado di utilizzare e, soprattutto, tale modalità mantiene un'impostazione sul controllo esterno alla persona che, sul piano relazionale e dell'autostima, risulta dannoso. Così anche le lodi, per quanto piacevoli veicolano comunque un messaggio di giudizio.

chiavi per una comunicazione efficace con i bambini

Ciò che Gordon suggerisce è di trasformare le lodi sul comportamento in messaggio in prima persona sottolineando l'effetto positivo che il comportamento ha su di sé. Altra tecnica fondamentale è l'ascolto attivo. Si tratta di una prima fase di ascolto e una seconda di rimando all'altro di ciò che si è capito in particolare dei vissuti. Se tutto ciò sembra artificioso, Gordon sottolinea due aspetti:

  1. L'importanza di un'intenzionalità autentica nel messaggio, scevra da finalità educative ma centrata veramente sull'aspetto relazionale, sul desiderio di sperimentare insieme una comunicazione e un contatto emotivo.
  2. La spontaneità delle comunicazioni, permetterà anche alle lodi in contesti specifici, di far sentire l'emozione del momento, aldilà del giudizio presente nel contenuto. Come a dire che ciò che pesa di più su un piano relazionale è la comunicazione non verbale rispetto alle parole usate.

La proposta per uno stile relazionale ed educativo alternativo di Gordon passa attraverso questi punti:

  • scoprire il bisogno del bambino;
  • sostituire il comportamento inaccettabile con uno accettabile, piuttosto che punire e interrompere senza alternative il comportamento inaccettabile per l'adulto;
  • modificare l'ambiente arricchendolo di giochi ad esempio quando il problema può essere l'annoiarsi o al contrario deprivare l'ambiente di stimoli quando ad esempio il bambino è stanco;
  • messaggi in prima persona, quando è in atto o già avvenuto il comportamento inaccettabile per l'adulto;
  • messaggi preventivi in prima persona, quando il comportamento inaccettabile ancora non è stato messo in atto e si sceglie di condividere la decisione delle regole;
  • cambiare marcia per ridurre la resistenza, quando ad esempio in un primo momento l'espressione del vissuto dell'adulto non determina una modificazione del comportamento del bambino, porsi in una posizione di ascolto funzionale ad un compromesso fra i due bisogni (quello dell'adulto e quello del bambino);
  • problem solving, laddove il bambino persista sta all'adulto definire il problema, individuare e valutare possibili soluzioni e trovare quella accettabile per entrambi;
  • trovare sentimento primario nella rabbia.

Interessante è vedere come la strategia del problem solving attraverso le sue fasi sopra indicate, può essere applicata anche fra bambini quando entrano in conflitto; in questi casi l'educatore piuttosto che fungere da arbitro dovrebbe sollecitare la creatività dei bambini stessi a trovare un accordo. Quando le regole e gli accordi sono un prodotto stesso dei bambini, essi saranno più inclini a rispettarle e a prendersene la responsabilità.

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Scritto da

Federica Ferrari

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Bibliografia

  • "Non si può fare l'educatore e non fidarsi" (da Lettere di don Milani, 1970, pp. 237-238.
  • "La mente di chi per avere ciò che gli abbisogna, non lavora, ma comanda, si atrofizza e languisce" (da Educazione alla libertà, M.Montessori, 1975, pp 49-50).

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