La personalità anancastica e Piet Mondrian

Tutti noi abbiamo bisogno di ordine, di capire come muoverci nell'ambiente circostante, di conoscere il modo in cui le cose e gli oggetti si compongono, si costituiscono intorno a noi.

25 OTT 2021 · Tempo di lettura: min.
La personalità anancastica e Piet Mondrian

Osservando questi quadri di Piet Mondrian si potrebbe pensare che essi siano di facile realizzazione, di facile comprensione. Nessuno avanzerebbe l'ipotesi che, proprio tra queste rette e questi colori primari si manifesti tutta quella che è la complessità della vita, delle paure e delle angosce più profonde di un uomo.

Eppure, conoscendo il percorso artistico nonché la vicenda umana di quest'uomo, si potrebbe cominciare ad intuire che queste tele rappresentino il tentativo di intravedere, quasi microscopicamente, un ordine preciso nelle cose, negli oggetti, nella natura umana.

Ciò che l'artista olandese cerca di compiere, prima di ogni altra cosa, è dare un senso alle cose, un ordine rigoroso a quello che si muove intorno a lui, al caos del disfacimento, dell'informe.

È utile sapere che tutti noi abbiamo bisogno di ordine, di capire come muoverci nell'ambiente circostante, di conoscere il modo in cui le cose e gli oggetti si compongono, si costituiscono intorno a noi. Tutti abbiamo bisogno di riferimenti precisi, che perdurino e rimangano stabili.

Mondrian però, potrebbe tranquillamente riderci beffardamente in faccia, aggiungendo che quanto detto non impedisce ad una mela, dopo due/tre giorni, di cambiare e putrefarsi; né che il comodino smetta di impolverarsi generando sporcizia; o che il quadro in soggiorno sia leggermente più storto di ieri e che la pelle, rispetto ad un anno fa, sia più raggrinzita e ricca di batteri.

Ciò che i quadri di Mondrian tentano di alleviare allora è quel disordine interno che fa percepire, vivere e sentire costantemente il disfacimento, un movimento continuo di precarietà, paura e angoscia. Ma non solo.

Ciò che queste tele tentano di alleviare è pure un disordine esterno in cui i batteri e la polvere, nel loro comparire dappertutto, ci ricordano che niente si salva, niente riesce a rimanere e a perdurare: gli oggetti, coi loro microbi e il loro movimento, dimostrano che le cose sono mobili, sfuggenti, inaffidabili, pericolosi, anche se fingono un'apparenza inoffensiva.

Si potrebbe così affermare che Piet Mondrian sia una personalità anancastica, termine che in latino fa riferimento all'ineluttabilità di alcuni gesti, di alcuni pensieri, che pur stremando di fatica la persona, sono messi in pratica per fare ordine in mezzo al disordine.

Quante volte, nel nostro piccolo, seppur certi di averlo fatto, abbiamo pensato di non aver chiuso la leva del gas, di aver lasciato la macchina aperta, di aver dimenticato le luci accese? Per quanto incredibile possa sembrare, questi esempi sono collegabili proprio a questo genere di pensieri che non ci lasciano in pace e che ci inducono a tornare sui propri passi per andare a verificare, spingendoci quasi a credere, sotto il livello della coscienza, che la leva del gas sia animata da una vitalità nascosta, da un intrinseco dinamismo che ci obbliga e ci affligge a sorvegliare, aggiustare, perfezionarel'ordine delle cose, proprio come Piet Mondrian, proprio come quando decise di vivere in una casa priva di verde, priva di piante e qualsiasi cosa potesse far riferimento alla natura.

Tuttavia, la mela che marcisce, la polvere che si posa sulle cose, la pelle che si raggrinzisce, altro non sono che immagini che rimandano inevitabilmente alla natura e dunque alla morte: essa si insinua ovunque e nessuno più di una personalità come quella che caratterizza l'anancastico lo sa bene.

La carne umana è, per natura, abitata e destinata alla morte: il sesso, le funzioni intestinali, la malattia, l'invecchiamento sono l'esempio massimo di questo disfacimento, di questa minaccia costante alla vita.

Per tale ragione la sensazione costante che muove la vita di un anancastico è quella del pericolo, quella dell'insicurezza, quella dell'ansia, quella delle "fissazioni", dei pensieri ricorrenti e ripetitivi.

Tuttavia è pur vero che questa parola - "fissità" - rimanda l'idea di immobilità, di stallo e, come nota bene il fenomenologo Lorenzo Calvi, poco si addice ad una personalità ingarbugliata come quella dell'anancastico. Per tale ragione è proprio quest'ultimo che preferisce parlare di "fremito" poiché in ogni momento, in ogni istante l'anancastico mette alla prova i fondamenti su cui si basa l'essenza della vita: le amicizie, gli amori, le simpatie, gli interessi, le opportunità, le idee. L'incertezza a cui sottostà non concede l'illusione di un sentimento duraturo. Quello dell'anancastico è lo sforzo estenuante di ordinare l'indeterminato, verso un obiettivo semplicemente impossibile da raggiungere e che per tal ragione mai riuscirà a rilassarlo.

Le tele di Mondrian, così intese, si caratterizzano per una complessità senza precedenti. scrive . Sembrano i reticoli di cui si compongono gli oggetti, i tessuti, la struttura oltre la quale non c'è più niente.

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Scritto da

Dott. Aldo Monaco

Bibliografia

  • Calvi L: Il fremito della carne e l'anancastico. Contributo alla comprensione degli ossessivi e dei fobici, in A. Ballerini e B. Callieri (a cura di): Breviario di psicopatologia. La dimensione umana della sofferenza mentale. Feltrinelli, Milano, 1996; ora col titolo: La dura vita dell'anancastico, in Calvi, 2005,pp. 91-97
  • Deleuze, Differenza e ripetizione (1968), Raffaello Cortina Editore, Milano 2018.
  • Von Gebsattel, Il mondo dell'anancastico (1938), in: E. Minkowski, V. von Gebsattel, E. Straus, Antropologia e psicopatologia, Editoriale Anicia, Roma 2013.

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