La bellezza della ordinaria straordinarietà

Quanto è importante passare dall'esclusività del "talento" alla diffusa valorizzazione delle Persone. Vediamo insieme cosa succede in questa azienda manifatturiera.

11 MAG 2023 · Tempo di lettura: min.
La bellezza della ordinaria straordinarietà

L'Amministratore Delegato di una media azienda manifatturiera, molto preoccupato per le conseguenze dell'aumento dei costi delle materie prime e dell'energia sul bilancio annuale, è convinto che, per arginare gli effetti di questa "tempesta perfetta", sia assolutamente necessario sostituire il Direttore Acquisti che, a suo parere, non è riuscito ad adottare una adeguata strategia al riguardo.

Decide di confrontarsi con il Direttore Generale e il Direttore HR per poi passare all'azione. Fra le due opzioni, quella di valutare la promozione di una persona interna all'organizzazione caldeggiata dal Direttore HR e quella invece di ricercare la figura all'esterno preferita dall'Amministratore Delegato e dal Direttore Generale, è quest'ultima a prevalere. Si affida quindi la ricerca ad una nota società di Head Hunting che dopo qualche tempo presenta ai vertici aziendali una rosa di possibili candidati. Viene inserito un giovane quarantenne, con un curriculum da vero "talento", laurea in una prestigiosa università, master, esperienza in aziende di prim'ordine e soprattutto proveniente da una diretta concorrente. In verità all'Amministratore Delegato non par vero essere riuscito a soffiare questo "talento" al suo diretto concorrente, che ha ottenuto ottimi risultati nella gestione dei processi di acquisto.

Dopo alcuni mesi, il neo Direttore Acquisti, chiede un confronto all'Amministratore Delegato, alla Direzione Generale e Direzione HR: "Dopo tre mesi si è dimessa la mia Responsabile Acquisti, persona molto valida: mi ha confessato che la sua aspettativa era di occupare il mio posto. Non ha più motivazione. Ma la cosa peggiore è che ho trovato tutta la funzione Acquisti priva di stimoli, poco propositiva, con carenze anche nelle competenze tecniche. Mi sento come una cattedrale nel deserto: quello che ho trovato è in profonda contraddizione con le opportunità che voi avete invece fornito al mio ruolo. Io voglio considerare questa situazione come una sfida, ma voglio avere la possibilità di condividere un progetto di sviluppo e valorizzazione dei miei collaboratori con la Direzione HR. Dobbiamo passare da una logica di uomo solo al comando ad una logica di team, di inclusione, di condivisione, di talentuosità diffusa."

Al Direttore HR quelle parole non sembrano vere, sono musica per le sue orecchie e mentre il coraggioso e assertivo neodirettore parla, ripensa a quanto si è speso per avviare processi di sviluppo che coinvolgessero un'ampia platea di dipendenti, purtroppo senza esito perché per i vertici aziendali c'è sempre qualche altra priorità.

Cos'è la guerra dei talenti?

Che spunti di riflessione possiamo trarre da questa storia? Senza dubbio possiamo pensare alla famosa "guerra dei talenti" e a come oggi sia necessario un approccio completamente diverso nelle politiche di gestione delle Persone nelle Organizzazioni.

La "guerra dei talenti" è stata coniata da tre consulenti della McKinsey verso la fine degli anni '90, un periodo in cui si delineava una nuova forma di business in cui l'innovazione sostenuta dall'esplosione dell'Information Technology caratterizzava il passaggio dall'economia industriale a quella della conoscenza.

Solo i talenti avrebbero potuto guidare questo processo. C'era bisogno di persone straordinarie, dotate di competenze, di know-how tali da determinare un esclusivo vantaggio competitivo per la propria azienda. A ben vedere la guerra dei talenti richiama i punti forti, le peculiarità uniche del singolo individuo, che costituirebbero il vantaggio competitivo dell'azienda che lo assume.

Cos'è la guerra dei talenti?

Oggi stante la complessità della realtà in cui agisce ogni forma di business, con le sfide che questo comporta, specialmente per le Persone e per chi ha l'onore e l'onere di affiancarle e gestirle, ha ancora senso interpretare il Talent management secondo una logica centrata sulle distintive capacità del singolo? Non ha più senso focalizzare gli sforzi verso un obiettivo di maggior diffusione del "talento" fra tutti i protagonisti dell'Organizzazione?

Per ottenere risultati, diventa sempre più importante valorizzare e sostenere lo sviluppo non solo di quelle pochissime persone considerate in azienda dei veri talenti, a cui tutto è dovuto, dalla formazione di qualità, ai pacchetti retributivi differenzianti costruiti ad hoc per mantenerli il più possibile in azienda, ma favorire processi di sviluppo delle competenze di tutte le Persone in campo, declinandoli secondo le specificità di ciascun ruolo. Oggi dove neppure il vertice aziendale può agire individualmente da direttore d'orchestra perché lo spartito è tutto da costruire attraverso uno sforzo condiviso, diventa sempre più strategico un approccio che tenga in considerazione tutte le Persone dell'Organizzazione, indipendentemente dal livello di "talentuosità" di ognuno. Anzi, si rende necessario diffondere questa talentuosità fra tutti gli attori dell'organizzazione.

Il filosofo Michael J. Sandel quando parla di "arroganza meritocratica" in poche parole ci evidenzia tutti i rischi che comporta il considerare il nostro successo come diretta e unica conseguenza del nostro merito: un dirigente di "talento" può attribuire il suo successo esclusivamente ai suoi meriti? Senza il suo team avrebbe potuto ottenere i risultati che lo hanno reso un dirigente di successo? Difficile…

Nel bel film "Sully", che narra la storia vera dell'ammaraggio del volo US Airways 1549 nel fiume Hudson, New York, avvenuto nel 2009, il Capitano Chesley Sullenberger, detto Sully, interpretato da Tom Hanks, così risponde ad una componente della commissione di inchiesta che gli riconosce di aver fatto ciò che era giusto, attribuendogli tutto il merito del buon esito dell'operazione: "Non sono d'accordo, (…) non sono solo io, ma tutti noi (…), tutti i passeggeri, il pronto intervento e il controllo traffico, gli equipaggi dei traghetti e i sommozzatori…l'abbiamo fatto insieme, siamo sopravvissuti". Il Capitano Sully sarebbe riuscito a salvare tutti i passeggeri se fosse stato l'unico "talento" in gioco?

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Scritto da

Dott. Massimiliano Bergomi

Bibliografia

  • MIchaels, E., Handfield, G. H., Axelrod, B. (2002). La guerra dei talenti. Come sedurre e trattenere i manager di qualità. MIlano, Italia: Etas

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