Di cosa parliamo quando si parla di sintomo?

In questo articolo esploreremo che cosa si intende per "sintomo" nell'ottica del modello Cognitivo - Costruttivista, sottolineandone il significato per la persona e la sua funzionalità.

27 OTT 2023 · Tempo di lettura: min.
Di cosa parliamo quando si parla di sintomo?

Il termine "sintomo" è un qualcosa di ben noto e con cui tutti ci siamo ritrovati ad avere a che fare: che si parli di un semplice raffreddore o di qualcosa di più grave, ognuno di noi sa che cosa sia un sintomo. In medicina si può tranquillamente sostenere che il sintomo sia una sorta di campanello di allarme di un qualcosa che non sta funzionando nel nostro organismo, come ad esempio una febbre che ci indica un'infezione in corso o un mal di stomaco che segnala un'indigestione.

Il vero problema quindi non è il sintomo, ma ciò che lo causa. Secondo il modello Cognitivo Costruttivista è proprio in riferimento a questo presupposto che il sintomo acquista un senso: un segnale di qualcosa che non sta più funzionando, che porta sofferenza e che pertanto deve essere indagato.

In psicologia esistono numerosi sintomi più o meno conosciuti e con i quali la maggior parte della popolazione ha avuto a che fare almeno qualche volta, o con i quali molte persone si trovano a combattere costantemente. È innegabile infatti che molto spesso i sintomi possono impattare negativamente sulla qualità della vita delle persone, portando a situazioni difficili e compromettendo il funzionamento dell'individuo.

Cos'è realmente un sintomo?

In medicina questo viene definito come la manifestazione di uno stato patologico avvertita soggettivamente dal malato che porta quasi inevitabilmente a una sensazione di disagio e/o sofferenza. Secondo il modello Cognitivo – Costruttivista il sintomo può essere definito come la modalità più opportuna attraverso la quale la persona ha imparato a "funzionare" in virtù delle sue esperienze passate e il modo migliore in cui egli riesce a mantenersi in equilibrio, rimanendo in una situazione di "cambiamento non cambiamento" (i.e. cambiamento omeostatico). In quest'ottica dunque il sintomo è un qualcosa dotato di senso e di significato e con uno scopo preciso: evitare di minacciare e invalidare le parti di sé più nucleari, cioè quelle parti sentite come fondamentali per la propria identità.

Il cambiamento omeostatico – e quindi il sintomo - permette di evitare un'invalidazione delle dimensioni nucleari (Cionini, L., 2013). Ma perché il cambiamento fa così paura? Semplicemente perché, in natura, ogni organismo tende all'omeostasi, cioè al mantenimento delle proprie caratteristiche strutturali al variare delle condizioni ambientali. L'accettabilità del cambiamento dunque dipende da quanto questo viene avvertito come minaccioso nei termini delle sue potenzialità disgreganti rispetto all'immagine di sé (Cionini, L., 2013).

Cos'è realmente un sintomo?

Per quanto dunque possa apparire paradossale il sintomo assume per la persona una vera e propria funzione protettiva, che porta senza dubbio ad esperire un malessere che è però di fatto preferibile al dolore che si avvertirebbe qualora il sintomo venisse bruscamente rimosso. In conclusione il sintomo può essere considerato come la punta dell'iceberg sotto alla quale spesso si trova la vera problematica del paziente: per questa ragione, secondo il modello Costruttivista, il vero obiettivo non è lavorare direttamente sul sintomo quanto comprendere la funzione che esso ha per la persona, ed è proprio su questo presupposto che si basa il lavoro nel "qui e ora" del setting terapeutico. Una psicoterapia dunque non dovrebbe semplicemente avere come obiettivo la diminuzione o l'eliminazione della sintomatologia, proprio perché una sua mera eliminazione difficilmente risolverà il vero problema (Jaurès, J., 2009).

Il sintomo svanirà quando non avrà più una funzione nel mantenimento dell'equilibrio, ma per poter arrivare a questo obiettivo sarà necessario indagare il come e il perché questo si è costruito, esplorando assieme la storia di vita dell'individuo, le esperienze pregresse e come egli ha imparato a "funzionare" e muoversi nel mondo anche – e soprattutto – in virtù delle relazioni significative instaurate nell'arco di vita. Comprendendo la funzione che il sintomo ha avuto sarà infine possibile per il paziente cominciare a vedere la sintomatologia non solo come qualcosa che ha portato solamente dolore e sofferenza, ma anche come qualcosa di funzionale e che ha avuto un senso per lui, proteggendolo e guidandolo quando non c'erano altre vie da intraprendere.

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Scritto da

Dott.ssa Eleonora Coleschi

Bibliografia

  • Cionini, L. (2013). La psicoterapia cognitivo-costruttivista. In Modelli di psicoterapia (pp. 133-213). attuale-CAROCCI EDITORE SPA, VIA SARDEGNA 50, ROME, ITALY, 00187.
  • Jaurès, J. Dire, fare, imparare: un modello di formazione alla psicoterapia in ottica cognitivo-costruttivista di Lorenzo Cionini, Clarice Ranfagni.

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