Cosa succede nella stanza dello psicoterapeuta?

​Il momento in cui ci rendiamo conto che potremmo avere bisogno di uno psicoterapeuta può spaventarci...

19 OTT 2021 · Tempo di lettura: min.
Cosa succede nella stanza dello psicoterapeuta?

Il momento in cui ci rendiamo conto che potremmo avere bisogno di uno psicoterapeuta può spaventarci e provare ad immaginare cosa accade in una psicoterapia può rendere il tutto ancora più difficile. Questa reazione è del tutto comprensibile proprio perché dallo psicoterapeuta si espongono i temi più intimi della nostra vita. Per rendere meno spaventosa l'idea di dover andare dallo psicoterapeuta proverò a raccontare cosa avviene solitamente in un percorso psicoterapeutico.

Quando andiamo dal nostro medico di base, a grandi linee sappiamo già cosa accadrà. Racconteremo il nostro malessere e lui ci dirà cosa fare per attenuare o guarire i sintomi riportati. Se i sintomi sono poco chiari, il medico ci prescriverà delle analisi con l'obiettivo di indagare le cause di quest'ultimi, al fine di individuare la giusta terapia farmacologica.

Dallo psicoterapeuta succede un po' la stessa cosa: si racconta il malessere che si sta vivendo, si individuano le cause che lo determinano e infine le modalità per uscirne più forti di prima. Ma questo senza l'utilizzo dei farmaci, che sono prerogativa dello psichiatra.

Quello che però rende più complicato il percorso è la consapevolezza di dover affrontare temi molto personali, che in qualche modo ci fanno sentire allo scoperto e con le difese abbassate.

Un bravo psicoterapeuta è un professionista in grado di accogliere con rispetto i pensieri e le emozioni senza giudicare.

In un percorso di psicoterapia serio, si dà importanza ad ogni singola parola, nulla viene dato per scontato e il clima che si cerca di costruire con il paziente è basato sulla collaborazione.

Paziente e terapeuta lavorano a quattro mani sullo stesso progetto. Il paziente è infatti l'esperto della propria storia di vita, mentre lo psicoterapeuta è l'esperto degli strumenti che permettono di cambiare in meglio il proprio modo di vivere.

In merito al clima di collaborazione mi piace molto la metafora del puzzle: la persona porta i pezzi della sua vita e lo psicoterapeuta aiuta a riorganizzarli e a rimetterli insieme.

Le prime 4 fasi di una psicoterapia

Solitamente un percorso di psicoterapia inizia già dalla prima telefonata, quando la persona interessata chiama per fissare un primo appuntamento. Personalmente dedico sempre del tempo a questo momento, lasciando che la persona mi racconti cos'è che l'ha spinta a chiamarmi. Durante la telefonata cerco di dare già qualche indicazione su come avverrà il primo incontro. Ricevere più informazioni solitamente può aiutare chi è agitato a gestire la preoccupazione di cosà accadrà nel primo colloquio. Questa prima fase si conclude fissando la data e l'orario del primo incontro.

La seconda fase di una psicoterapia solitamente dura circa 3/4 incontri. In questa fase si raccolgono tutte le informazioni che ruotano intorno al problema e vengono effettuate domande di questo genere:

  1. Cos'è che ti fa soffrire?
  2. Quali emozioni provi?
  3. A chi o a cosa ne attribuisci la responsabilità?
  4. Come ti sei mosso per uscirne?

Queste domande hanno più di una funzione e ci permettono di:

  1. porre la nostra attenzione su emozioni, pensieri e comportamenti legati al problema;
  2. capire quali nessi ci sono tra il problema riportato, il modo di pensare della persona e i comportamenti che mette in atto per fronteggiare la situazione problematica;
  3. comprendere se il problema è legato a situazioni specifiche. Raccontare situazioni specifiche in cui si è manifestato il problema, aiuta a definirlo e ci mette sulla buona strada per comprenderne la causa. Essere specifici è importante perché la sofferenza emotiva, come l'ansia e la tristezza, si presentano con carattere vago ed astratto. Ricordando situazioni specifiche in cui ci si è sentiti in un certo modo, aiuta a dare una spiegazione dei propri comportamenti;
  4. comprendere come è nato il problema e cosa lo mantiene presente nella vita del paziente;
  5. formulare delle ipotesi sul funzionamento del problema. È importantissimo condividere le ipotesi con il paziente per essere certi di aver compreso nel profondo ciò che è stato raccontato. Se L'ipotesi è corretta si inizia una riflessione più profonda permettendo a paziente e terapeuta di collaborare affrontando insieme il problema.

Un esempio di ipotesi effettuata con il paziente potrebbe essere:

"Lei mi dice che nell'ultima settimana non è riuscita ad uscire di casa e che solo al pensiero di uscire le viene una forte agitazione. Inoltre, mi dice che maggiore è il tempo che trascorre fuori casa e maggiore è il senso di malessere e la paura di sentirsi male. Mi chiedo quindi se possiamo collegare questa forte agitazione con la paura di sentirsi male in un luogo lontano dalla sua abitazione, dove nessuno potrebbe soccorrerla. Può essere questo il motivo per cui l'ansia aumenta quanto più tempo deve restare fuori casa? "

O anche

"In ogni relazione intima che ha avuto fin ora ha trovato sempre qualcosa che non le piaceva e ne è seguita la fine del rapporto. Potremmo pensare che la ricerca dell'uomo ideale sia un modo per evitare un coinvolgimento di lunga durata con qualsiasi uomo?"

Quando il quadro diventa abbastanza ricco effettuo sempre la concettualizzazione del caso. La concettualizzazione si basa su tutte le informazioni raccolte e su tutte le ipotesi fatte dallo psicoterapeuta e confermate dal paziente.

Con la concettualizzazione del caso abbiamo la possibilità di:

  • mettere in relazione tutti i problemi riportati;
  • spiegare perché la persona ha sviluppato queste specifiche difficoltà;
  • capire perché lo stile di vita adottato per fronteggiare il problema non fa altro che mantenerlo presente.

Nella terza fase, grazie alla concettualizzazione del caso, si decidono con il paziente gli obiettivi che si vuole raggiungere. Capire come il problema si è strutturato e come si alimenta ci aiuterà a stabilire come raggiungere gli obiettivi posti, mentre essere consapevole delle proprie risorse ci permetterà di affrontare questo percorso in modo positivo.

Con un esempio di dialogo tra paziente e terapeuta, proverò ad aiutarti a comprendere meglio come nasce e come si struttura un obiettivo:

T: "Mi ha raccontato che per lei restare a casa vuol dire sia essere sicura che non le potrà accadere nulla di male ma anche non poter più incontrare gli amici, viaggiare, andare a lavoro... Insomma fare attività che in qualche modo la fanno sentire bene. Mi dice anche che tutte queste limitazioni fanno aumentare un senso di tristezza. Quale potrebbe essere un obiettivo che le permetterà di cambiare questa situazione? "

P: "Io so solo che vorrei tornare a fare le cose che facevo prima. Ma è difficile perché appena esco di casa ho l'ansia e vorrei solo tornare a casa."

Nel dialogo emerge in modo chiaro che tra gli obiettivi più importanti per la paziente c'è il desiderio di tornare a fare ciò che faceva prima (lavoro, avere relazioni amicali, fare viaggi...). Questo può essere il macro-obiettivo da perseguire, quello che io chiamo la montagna da scalare. Ma, per raggiungere la vetta di una montagna, abbiamo bisogno di procedere per tappe. Sarebbe infatti infruttuoso ed estremamente faticoso porsi degli obiettivi troppo ambiziosi per i quali non abbiamo ancora gli strumenti adatti per raggiungerli.

L'importante è procedere con gradualità.

Tenendo ancora in considerazione il dialogo riportato, un primo obiettivo potrebbe essere trovare un metodo per mantenere basso il livello di ansia. Un secondo obiettivo potrebbe essere quello di sperimentare le strategie di gestione dell'ansia facendo delle brevi commissioni fuori casa.

Il paziente non viene mai lasciato solo ad affrontare questi obbiettivi.

Lo psicoterapeuta è sempre presente ad ogni passo che viene compiuto, pronto a sostenere il paziente nel suo percorso verso il cambiamento.

Nella quarta fase si inizia a lavorare sugli obiettivi individuati precedentemente. Inizia ora la parte più corposa della psicoterapia che ha una durata temporale maggiore rispetto alle altre fasi. La durata viene determinata dal tipo di obiettivo che si decide di raggiungere. Più l'obiettivo è ambizioso e più tempo ci vorrà per raggiungerlo. La durata di questa fase è anche determinata dalla motivazione del paziente. Più si è predisposti alla collaborazione più velocemente si raggiungerà il proprio obiettivo.

Attraverso incontri settimanali di un'ora si troverà la modalità migliore per sostituire quel "modus operandi" che non ci permette di uscire dal tunnel della sofferenza. Si potrà quindi discutere, costruire e mettere alla prova un nuovo modo di vivere, all'interno di un contesto protetto che ci permette di ridurre i rischi di rimanere scottati da un cambiamento repentino.

" Solo se ci mettiamo in discussione possiamo essere premiati dal cambiamento che desideriamo."

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Scritto da

Dott.ssa Alessandra Di Domenico Psicologa -Psicoterapeuta

Bibliografia

  • Mancini ,F. e Perdighe, C. (2010). Elementi di psicoterapia cognitiva. Giovanni Fioriti Editore, Roma.
  • Ruggiero, G e M. e Sassaroli S: (2017). Il colloquio in psicoterapia cognitiva. Tecnica e pratica clinica. Raffaello Cortina Editore, Milano.

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