Sfatiamo i pregiudizi! Ecco cosa succede dallo psicologo
Esistono ancora pregiudizi rispetto al rivolgersi ad uno psicologo. Vediamo allora cosa succede dallo psicologo.
Esistono ancora dei pregiudizi rispetto al ricorrere all'aiuto di uno psicologo, pregiudizi che ancora precludono a molte persone di ricevere un aiuto concreto e professionale. Ma da cosa originano? I pregiudizi prendono vita dalla non conoscenza e dalla paura legata all'ignoto. Allora cerchiamo di fare chiarezza partendo dai pregiudizi più comuni.
Dallo psicologo vanno i matti
Si sente ancora ancora dire che le persone che si rivolgono allo psicologo sono "fragili", "problematiche", "gravi", "matte".
Questa posizione racconta di un immaginario che non ha più ragione d'essere e che sembra oggi servire (inconsciamente?) per rinforzare una idea narcisistica di noi che vorremmo vederci come invincibili, efficienti, efficaci, indipendenti. Ricordiamo quanto detto da Franco Basaglia: "visto da vicino, nessuno è normale".
Allora chi va dallo psicologo? Dallo psicologo va chi vuole mettere in atto un cambiamento finalizzato al miglioramento della qualità della propria vita. Chi si rende conto di stare attraversando una situazione difficile che fatica a gestire e, magari, è pervasa da sintomi (ansia, depressione, dipendenza, problemi umorali,…) che stanno influenzando tutto il terreno di vita (amore, lavoro, amicizia).
Se vai dallo psicologo tu racconti i tuoi problemi e lui sta zitto. Allora puoi fare da solo!
Un altro pregiudizio è legato all'idea che la seduta veda il paziente raccontare tutta la sua vita di fronte ad un terapeuta muto ed inespressivo.
NO! Lo psicologo è un professionista della relazione e, come tale, desidera entrare in relazione con il suo paziente.
È vero che ci sarà uno spazio di ascolto del paziente e che il focus sarà su di lui, ma ci sarà anche un confronto con il terapeuta. Lo scopo dello psicologo, infatti, è quello di ragionare sulle difficoltà del paziente e cercare con lui (insieme a lui) nuove strategie di fronteggiamento.
Alfred Adler definiva paziente e terapeuta una coppia creativa che lavora insieme per comprendere e superare le difficoltà.
La psicoterapia dura in eterno!
È difficile stabilire a priori il tempo di una psicoterapia. La psicoterapia è un percorso e, come tale, risente di tanti fattori.
Immaginiamoci di dover fare una passeggiata in montagna: se siamo allenati andremo velocemente, se, invece, siamo alle prime armi saremo più lenti. A volte ci fermeremo ad ammirare quanta strada abbiamo già fatto, altre volte sarà la stanchezza o il dolore alle gambe a chiederci di rallentare. Ogni persona ha un andamento diverso ma tutti possono arrivare alla meta.
L'obiettivo di una psicoterapia è quello di rendere autonomi, indipendenti, in grado di affrontare la vita da soli. Sarebbe quindi impensabile che non avesse una fine.
E comunque il paziente, in qualsiasi momento, può decidere l'interruzione della psicoterapia comunicandolo al terapeuta che farà una restituzione del percorso fatto sino a quel momento insieme.
Lo psicologo ti "lava il cervello", ti fa fare quello che vuole lui!
A questo potremmo rispondere con una celebre frase di Carl Rogers: "Praticare la psicoterapia, non significa fare qualcosa al soggetto, né convincerlo a fare qualcosa per sé; si tratta di liberarlo perché possa crescere e svilupparsi in modo normale, e di rimuovere ostacoli in modo che possa andare avanti".
Le informazioni pubblicate da GuidaPsicologi.it non sostituiscono in nessun caso la relazione tra paziente e professionista. GuidaPsicologi.it non fa apologia di nessun trattamento specifico, prodotto commerciale o servizio.
PUBBLICITÀ
PUBBLICITÀ