Come vivere (e non sopravvivere) in quarantena e in altri momenti di difficoltà: 3 ingredienti + 1

Come si può vivere (e non sopravvivere) in quarantena o in altri momenti di difficoltà restituendo al tempo il suo valore e la sua dignità? 3 utili consigli (+1).

17 GEN 2022 · Tempo di lettura: min.
Come vivere (e non sopravvivere) in quarantena e in altri momenti di difficoltà: 3 ingredienti + 1

Visto il periodo che stiamo attraversando e l'alta percentuale di contagi che quotidianamente si registra, molti tra noi in questo momento staranno vivendo in quarantena o, comunque, risentono delle infinite ripercussioni della pandemia (a livello sociale e relazionale, lavorativo, psicologico…).

Io dalla condizione di quarantena sono uscita da poco: ho contratto il covid in forma lieve, quasi asintomatica, grazie anche, suppongo, alle tre dosi di vaccino che ho ricevuto. In questa esperienza di vita ho potuto osservare quali fossero gli atteggiamenti e i comportamenti utili per vivere al meglio lo stato di isolamento e malattia e voglio condividere con voi quelli che ho compreso siano i 3 ingredienti principali (+1) per vivere bene la quarantena e altri momenti difficili (e anzi, addirittura, trarne giovamento).

1) Partiamo dal primo, una parola che ad alcuni starà antipatica per quanto è stata usata e abusata, che ci ritroviamo sempre nelle bacheche dei nostri social: resilienza. Ma, ahimè, non trovo concetto che rappresenti meglio la risorsa che in primis è necessario attivare per fronteggiare le difficoltà.

Resilienza è un concetto che mutuiamo dall'ingegneria e dalla fisica e ha a che fare con la capacità di un materiale o di un sistema di resistere a un urto e di non deformarsi. Psicologicamente la resilienza è, appunto, non tanto la nostra capacità di resistere a un momento difficile, quanto quella di adattarci e rispondere in maniera creativa, proattiva, aperta, riuscendo anche a trarre vantaggio dalla difficoltà. Essere resilienti implica un riadattamento della nostra persona, un'apertura (mentale ed emotiva) che ci mette nelle condizioni non solo di superare la situazione problematica ma anche di riuscire a trarne insegnamento, crescita, arricchimento.

La resilienza è un'abilità che ha delle componenti innate, prima tra tutte il tratto definito "Openness to experience" (apertura all'esperienza, apertura mentale) nel modello Big Five (McCrae & Costa,1997), che descrive la capacità dell'individuo di ricercare attivamente nuove esperienze, apprezzare le attività fuori dalla routine, tollerare e desiderare di esplorare situazioni non familiari (l'opposto della tendenza a stare nella zona di comfort o ad essere molto convenzionali, pragmatici, realisti, con pochi interessi). Quindi c'è una predisposizione ad essere resilienti, ma la bella notizia è che la resilienza è anche una competenza che possiamo coltivare, in diversi modi.

In primis, per essere resilienti bisogna avere fiducia in se stessi e fiducia in generale, nella vita. È fondamentale quindi avere anche un atteggiamento ottimistico. Bisogna inoltre possedere abilità di problem solving, capacità che presuppone che davanti a un problema si sappia attivare l'istanza della personalità definita "Adulto" da Eric Berne, ossia lo stato in cui la persona riesce a cogliere i dati del qui ed ora, le informazioni sulla situazione attuale utili al fine di trovare soluzioni piuttosto che stare sul problema. Occorre anche avere buone competenze relazionali e coltivare la rete sociale, perché sentire di avere un supporto esterno è un fattore che aumenta tantissimo la nostra resilienza: non ci sentiamo soli, sentiamo di poterci appoggiare a qualcuno qualora ne avessimo bisogno. A proposito della capacità di chiedere aiuto, spesso a studio con i miei pazienti ridiamo su questo, perché il luogo comune vorrebbe che una persona che chiede supporto si debba sentire in qualche modo debole mentre è vero esattamente l'opposto: ciò che rende una persona forte è anche la sua capacità di chiedere aiuto e di sfruttare il sostegno altrui, e tra poco lo vedremo anche rispetto a quello che è il secondo ingrediente che rende possibile il superare le situazioni difficili.

Altre caratteristiche e risorse che possiamo allenare per migliorare la nostra resilienza sono in particolare due: la creatività (in ogni modo in cui noi immaginiamo di poterla esprimere e soprattutto coltivando i nostri talenti) e il "locus of control interno". Secondo quest'ultimo costrutto psicologico noi possiamo avere un locus of control interno o esterno, in base a dove tendiamo a riporre il luogo di responsabilità di ciò che accade nelle nostre vite. Dunque, se sono dotata di locus of control interno, tendo ad attribuirmi la responsabilità di tutto ciò che accade nella mia vita, nel bene e nel male; al contrario, se ho un locus of control esterno, tendo ad attribuire ad eventi e persone esterne la responsabilità di tutto ciò che accade nella mia vita, di positivo e di negativo. Quest'ultimo è più l'atteggiamento della vittima. Occorre quindi uscire dalla modalità di vittima ed entrare in quella di creatori della nostra vita.

2) Il secondo ingrediente per me altrettanto fondamentale per vivere momenti di difficoltà e che si integra con quello della resilienza è il fattore relazioni.

Un autore che io amo tantissimo, Gregory Bateson disse: «In principio è la relazione». Noi siamo animali relazionali per eccellenza.

Su questo aspetto mi soffermerò in un prossimo articolo in quanto è un argomento molto bello e affascinante, che richiede una speciale trattazione. Per ciò che concerne la tematica che stiamo trattando, in una situazione come può essere quella della quarantena ma anche altre situazioni difficili della nostra vita, quella di saper coltivare le relazioni diventa una risorsa importante.

Bè, state leggendo in un articolo trovato online… Viviamo ormai in un'epoca digitale in cui relazionarsi è sempre più semplice anche a distanza e in non presenza. Utilizziamoli bene a questo punto social network, smartphone e strumenti vari di comunicazione: per stare nelle relazioni, coltivarle e crearne di nuove!

Durante la mia quarantena questo mi ha aiutato tantissimo. Ho trascorso la vigilia di Capodanno in videochiamata con i miei familiari. Quotidianamente il mio cuore è stato "nutrito" dall'infinita serie di "buongiorno" su Whatsapp e di messaggi di cura e affetto da parte di chi (familiari, amici, parenti, pazienti) desiderava lo aggiornassi sulle mie condizioni di salute e anche dalla grande rete di sostegno che si è attivata. Mi sono lasciata coccolare.

Tornando al modello della personalità di Berne, in questi momenti è importante attivare l'altra nostra istanza, il Genitore Affettivo: quando stiamo male, in una condizione di malattia, c'è una forte vulnerabilità ed è per questo che ora più che mai c'è bisogno di far sì che la nostra parte accudente si prodighi. Ancora meglio è se a questo nostro stato interno andiamo ad associare il genitore affettivo delle persone che ci vogliono bene e che si vogliono prendere cura di noi, e lo fanno in svariati modi: con un messaggio di affetto, con un'attenzione, con una proposta di aiuto… Ho ricevuto tantissime proposte di aiuto e sostegno durante la quarantena: da chi voleva portarmi cibo a casa, a chi si offriva di fare per me la spesa, a chi mi chiedeva se avessi bisogno di qualcosa, di informazioni mediche… e tutto questo è arrivato da veramente tutte le persone che conosco! È stato anche un feedback su come fino ad oggi ho coltivato le mie relazioni e sulla loro qualità, feedback che ha partecipato a rafforzare il mio senso di autoefficacia e la mia autostima. E qualora non si fosse soddisfatti della quantità o della qualità delle proprie relazioni? A maggior ragione un periodo difficile o di isolamento può portarci a riflettere su questo aspetto della nostra vita e a predisporci al cambiamento, dunque a realizzare ciò che occorre per migliorare. Durante la quarantena si può, per esempio, decidere di rinvigorire vecchie amicizie o relazioni trascurate o di crearne di nuove con la partecipazione a eventi online, gruppi social, community ecc.

Coltivando i propri interessi e talenti e condividendoli nella rete sociale online è possibile creare nei periodi di isolamento nuove amicizie che possono essere mantenute e approfondite in seguito anche dal vivo.

3) Arriviamo al terzo fattore che rende vivibile e piacevole un periodo di quarantena o difficoltà: la crescita personale.

Inizialmente ci si potrebbe chiedere: come trascorro le mie giornate? Chiaramente la tentazione a Netflix e a maratone infinite di film e telefilm o ad altri tipi di distrazioni e passatempi "tossici" è forte… ma se abbiamo un po' di amore per noi stessi saremo capaci di non cadere in questo tranello e di sfruttare invece questo tempo per coltivare i nostri talenti.

«È nostro dovere fare qualunque cosa serva a esprimere il nostro genio naturale. Vivete in maniera autentica e prestate attenzione ai piccoli miracoli che ogni giorno porta con sé.[…] Siate grati per ogni istante, non esitate quando si tratta delle vostre ambizioni, smettetela di sciupare il tempo in cose assurdamente banali e rendete una priorità il reclamare la creatività, l'ardore e il potenziale quiescente dentro di voi. […] Possiamo condurre vite piene di energia, gioia, pace e significato. Trascurare questa forza nascosta in noi, equivale a creare un terreno di crescita per il dolore del potenziale inutilizzato, per la frustrazione del coraggio non abbracciato e per la letargia della padronanza del proprio talento» (R. Sharma, 2019).

Condivido pienamente quanto espresso da Sharma perché anche io ritengo che lo stare lontano dal nostro talento, che poi sarebbe l'espressione del nostro vero sé, ci conduca a ciò che poi si manifesta come malessere e disagio psichico, come dolore. Dolore che spesso crea un vuoto, vuoto che spesso andiamo a riempire nei modi sbagliati: con le dipendenze, con le distrazioni futili che non ci arricchiscono, con tanti comportamenti a volte anche compulsivi. Quel malessere che spesso non comprendiamo è dato dal fatto che non ci esprimiamo nel nostro genio, nella nostra luce, nel nostro potenziale (lo lasciamo inespresso) e, chiaramente, la nostra anima di questo soffre.

Quindi occorre sfruttare questi giorni di quarantena, malattia o difficoltà (qualunque essa sia) per stare sui nostri talenti, sui nostri bisogni di crescita e autorealizzazione, per riscoprire e coltivare ciò che abbiamo sempre amato ma anche per esplorare nuove abilità o risorse che rimanevano in noi sopite, inespresse. Se non abbiamo mai cucinato e ci piacerebbe imparare a farlo, proviamo a metterci ai fornelli. Se non abbiamo mai disegnato e ci sentiamo attratti dall'espressione artistica, proviamo a dipingere un quadro… Ecco: è necessario dedicare il nostro impegno a tutto ciò che riempie e nutre in qualche modo il nostro vero sé e che poi ci fa ritrovare e sentire addirittura migliori.

4) Arriviamo infine al fattore "+1" che per me è trasversale e da sfondo a tutti gli altri: la gratitudine.

"Grazie" è tra le parole che amo di più, una delle mie preferite del vocabolario. Mi piace dire grazie alla vita, a un'alba o a un tramonto di cui ho la fortuna di godere, a un amico che fa una cosa bella per me (ma anche solo perché è, perché esiste). È bello dire grazie ai propri cari, alla famiglia e ringraziare ogni giorno la vita perché ce l'abbiamo una famiglia, nel bene e nel male. Sono grata a chi mi ama, a chi mi accetta così come sono, con la mia luce e nelle mie ombre.

E il momento più importante, il passaggio fondamentale dentro di me, è stato quando ho imparato a dire grazie a me stessa, per quando esprimo al meglio le mie risorse e il mio potenziale ma anche per il coraggio e la forza con cui supero i miei limiti e i momenti difficili; e ancor di più quando sono riuscita a dire grazie a chi mi ha fatto del male: lo ringrazio per avermi insegnato a contattare il dolore, a scoprire parti di me che non conoscevo, a sviluppare nuove risorse, ad accettare, attraversare e superare le delusioni, a ridefinire i miei confini, le relazioni, me stessa. Lo ringrazio per avermi dato la possibilità di esplorare e conoscere la mia rabbia, di imparare a perdonare... e a lasciare andare.

Perché il rancore incatena, la gratitudine libera.

La gratitudine è un'emozione gentile e potente insieme, che apre l'anima, il cuore e la mente di chi la nutre e la esprime e, contemporaneamente, di chi la riceve. Credo sia il regalo più umile e sincero che possiamo fare a noi stessi e al nostro prossimo.

Nel periodo di quarantena e nei momenti difficili possiamo essere grati perché nonostante la difficoltà possiamo comunque svegliarci la mattina. Possiamo essere grati per tutto ciò che abbiamo nella nostra vita, per le relazioni che abbiamo e per quelle che (se non ne abbiamo) possiamo costruire, per i talenti che possediamo e per quelli che, se rimasti inespressi, possiamo coltivare…Nutrire gratitudine ci permette di rimanere, anche in un periodo difficoltà, in un atteggiamento di apertura alla vita ,di ottimismo, di fiducia, che ci aiutano oltretutto a guarire prima e più facilmente.

Io ringrazio la vita: intanto per essere ancora viva e poter essere qui a parlare con voi della mia esperienza di covid e, tutto sommato, la ringrazio anche per quello che mi ha dato con questa esperienza, perché mi ha messo nelle condizioni di vivere dei giorni in cui ho potuto riflettere di più su me stessa, stare più a contatto con le mie emozioni e con i miei bisogni, staccare dalla routine, uscire dalla zona di comfort, fare problem solving, accrescere le mie capacità di resilienza e anche coltivare la mia crescita personale, stare sui miei talenti, le mie passioni, riscoprire il piacere di ore e ore immersa nella lettura, nella scrittura… e per tanto altro dico: grazie!

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Scritto da

Dott.ssa Lucia Bruciafreddo

Bibliografia

  • Verso un'ecologia della mente, G. Bateson, Adelchi 1977
  • Il club delle 5 del mattino, R. Sharma, Tre60 2019

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