Come aiutare mio figlio a essere felice
Aiutare i propri figli adolescenti a liberare la loro forza creativa.
E' proprio nella fase evolutiva dell'adolescenza, in cui soffia forte il vento dei cambiamenti, e si giocano partite fondamentali per la costruzione di quella capacità di produrre benessere, che determina poi l'inclinazione alla felicità da adulti.
Il compito dell'adulto è aiutarli a liberarla. Se i giovani diventano la copia dei loro genitori, se assorbono passivamente i loro modelli facendoli propri, tale forza creativa si paralizza. In prima istanza, concorrere alla felicità di un figlio adolescente è comprendere che la ribellione che attua nei confronti del mondo dei "grandi" è un processo per lui irrinunciabile, per la possibilità in futuro di farne parte, dando a esso un contributo autonomo e originale.
Se è sempre tranquillo, pacato e magari bravissimo a scuola, con pochi amici spenti come lui, occorre preoccuparsi!!
Se invece è attivo, con tanta voglia di fare cose nuove e sempre pronto a progettare, se cerca l'impossibile e non si ferma davanti agli ostacoli che incontra per realizzarlo, allora significa che sta mettendo a frutto l'energia della stagione che sta vivvendo.
Se vogliamo aiutarlo, al posto di giudicarlo, asociale o disattento ecc.. impegnamoci a osservarlo in un altro modo, comprendendo che il compito di ogni generazione è distruggere e sostituire i modelli di quella precedente.
Un figlio deve opporsi al padre e alla madre, soprattutto deve sognare. E uno strumento eccellente per indurlo al sogno è, per esempio, raccontargli delle favole, anche alle medie e al liceo: leggere le gesta degli eroi dell'Illiade o dell'Odissea può aiutarli a fantasticare, a guardare a se stessi come a una possibilità infinita che cerca la sua via di relizzazione.
La scuola, come la famiglia, dovrebbe essere il luogo per tirare fuori le diversità, non per omologare i comportamenti a un modello considerato "vincente". Solo così sarà possibile incoraggiare gli adolescenti a trovare la strada per sviluppare il seme di unicità che è in ciascuno di loro e in ciascuno di noi.
Quanto è stato detto non significa non impartire le regole di cui un figlio ha bisogno. Un no "costruttivo" va pronunciato con certezza e soprattutto va motivato, al fine di non essere recepito come rifiuto o prevaricazione. Dire sempre di sì non favorisce il benessere dell'adolescente, anzi, non entrare mai in conflitto con il genitore lo fa sentire allo sbando, alla mercè di se stesso. Un tale atteggiamento impedisce al ragazzo di provocare, fare la guerra, opporsi al mondo adulto, quindi assumere una posizione di autonomia rispetto a esso.
- Esistono infatti espressioni verbali a rischio, che scatenano irritabilità. Come la domanda "C'è qualcosa che non mi dici?" va a invadere la riservatezza con cui il ragazzo cerca di proteggere il proprio spazio intimo.
- La premmessa di un perfezionismo mai sazio che favorisce una sicura frustrazione "Si può fare di più".
- L'aggressiva affermazione "te l'avevo detto!" che mortifica i primi tentativi di autonomia, provocando indecisione e astio.
- Frasi come; " Di te non ci si può fidare...Tuo fratello sì che ci da soddisfazioni...Sei proprio una deusione..."
La comunicazione felice è invece quella che fa sentire un figlio accolto e non aspettato al varco; ascoltato, ma non invaso.
Un semplice "Come stai?" per esempio, indica in modo diretto che ci sta a cuore il loro benessere, così come l'ammissione di un "Non capisco..." evidenzia che anche le naturali incomprensioni che nascono non sono sufficienti a spezzare il dialogo.
Inoltre è molto importante trovare spazi di piacere comuni, che consentono al genitore di uscire dal proprio ruolo normativo e al figlio di sotterrare, anche se solo temporaneamente, l'ascia di guerra. "Facciamo questa cosa insieme?" può diventare un momento di condivisione che fortifica il rapporto.
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