Anatomia della rabbia

Molti pensano che manifestare rabbia sia una buona cosa perché considerano soltanto il sollievo immediato di "togliersi un peso dallo stomaco".

6 GEN 2017 · Tempo di lettura: min.
Anatomia della rabbia

Molti pensano che manifestare rabbia sia una buona cosa perché considerano soltanto il sollievo immediato di "togliersi un peso dallo stomaco".

Ma capire la natura dalla rabbia e la funzione che essa svolge nel nostro adattarci alle minacce, può aiutare a dimostrare perché, nella maggior parte delle situazioni, la rabbia fa più male che bene (sia a chi l'agisce che a chi la subisce), e le difficoltà possono e devono essere risolte con metodi più efficaci.

La rabbia ci dà la sensazione di una pressione a fare qualcosa, pressione che persiste fino all'atto conclusivo che la allevia, ma è meglio comprenderla, piuttosto che agire in base ad essa; eccezion fatta, ovviamente, per quei casi in cui agire per rabbia può essere indispensabile per sopravvivere, come nel caso di una moglie che subisce maltrattamenti dal marito e deve ricorrere alla rabbia per proteggersi.

In questo contento utilizzo il termine rabbia per designare un'emozione specifica (quella che ci mette in allarme sull'eventualità di un'azione aggressiva o che prepara alla difesa), anziché gli atti violenti che vi sono associati, la spinta verso la lotta anziché la lotta, ricordando che si può attaccare senza essere arrabbiati, e si può essere arrabbiati senza attaccare.

Quando scoppia un litigio in una coppia (come tra 2 o più persone qualsiasi), la progressione è questa: dapprima i partner hanno l'impressione di aver subito un torto, poi si arrabbiano, poi avvertono l'impulso di attaccare, infine attaccano. Questa sequenza può essere interrotta in ogni stadio: si può correggere l'idea di essere vittima di maltrattamenti, dissipare la rabbia, reprimere l'impulso di attaccare.

Un partner al culmine della rabbia ha una percezione talmente negativa dell'altro, che ciò che questi dice è interpretato in modo fortemente prevenuto. La sua disposizione di spirito tende ad accentuarne tratti e atti negativi, e ad ignorare quelli positivi. Questi giudizi distorti ed esagerati rispecchiano il suo modo di vedere le cose in quel dato momento, non la visione che ne ha di solito, quando non è arrabbiato.

Quando ci si calma si vedono le cose in modo diverso!

Utilizzare la rabbia per influenzare i comportamenti degli altri, poi, ha spesso risultati negativi perché non ne cambia gli atteggiamenti, ma può reprimerli solo temporaneamente: appena la minaccia rientra, riaffiora anche il comportamento insopportabile.

Ma come opera la rabbia?

L'emozione in sé consiste di sentimenti di disagio e tensione. Le sensazioni fisiche che provengono dalla mobilitazione del sistema muscolare e del sistema nervoso autonomo (aumento improvviso della pressione sanguigna, acceleramento delle pulsazioni, irrigidimento muscolare) si mescolano con i sentimenti di rabbia e rendono difficile distinguere tra i due aspetti (fisico ed emotivo).

In quanto strategia di sopravvivenza, la rabbia è paragonabile al dolore. Di fatto il termine inglese rabbia (anger) deriva da una radice denotante turbamento, afflizione o dolore. Come il dolore, la rabbia turba il nostro stato di equilibrio per avvisarci di qualche guaio, per metterci in guardia contro una minaccia.

In quanto insita nella reazione primordiale di lotta - e - fuga, l'ostilità è radicata nei fondamentali meccanismo di sopravvivenza, ma agire in base a questo impulso primitivo può portare alla distruzione dei rapporti. Malgrado il carattere impellente della rabbia e la spinta ad alleviarla intraprendendo un'azione ostile contro l'offensore, non dobbiamo cedere all'impulso di attaccare: con il tempo la rabbia svanisce o con essa anche il desiderio di colpire.

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Scritto da

Dott.ssa Anna Gullà

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