Relazione finita per mia iniziativa, ma non mi sembra di stare meglio

Inviata da CM · 4 feb 2024 Autorealizzazione e orientamento personale

Sono una ragazza di 21 anni. Pochissimo tempo fa ho deciso di troncare con il mio ragazzo dopo quasi un anno di relazione, la mia prima in assoluto. Non perché non provassi più nulla nei suoi confronti o per via di un tradimento (è un ragazzo bravissimo che stimo molto e a cui voglio ancora molto bene), ma perché certe dinamiche che si sono venute a creare negli ultimi tempi mi hanno creato disagio mentale e fisico (ansia, mancanza di appetito, lieve nausea) per quasi un mese; ci ho messo tempo a identificarle e, quando ce l’ho fatta, probabilmente perché le ho elaborate dopo e sono venute fuori tutte insieme, mi hanno travolto.

Tra queste dinamiche, rientravano il suo scarso coinvolgimento attivo, la sua poca propositività nelle nostre uscite/attività e la scelta di mettere da parte o non comunicare apertamente le sue preferenze (nonostante io insistessi sempre per conoscerle) in virtù di un’accondiscendenza a tutti i costi (salvo poi, a distanza di tempo, sentirgli mollare una battuta o una mezza frase che mi faceva capire che quell’attività, fosse dipeso da lui, non l’avrebbe mai fatta spontaneamente), e in generale l’esternazione da parte sua di paure o paranoie infondate che giravano intorno all’idea di perdermi o che io fossi troppo per lui o che mi annoiassi a starci insieme (veniamo da contesti abbastanza diversi e avevamo pochi riferimenti culturali in comune, non un problema all’inizio, ma a lungo andare abbastanza frustrante).

L'esito di tutto ciò è stato quello di avvertire la maggior parte del carico della relazione (anche di quei momenti o quelle scelte che dovrebbero essere improntati alla leggerezza, alla spensieratezza e alla semplicità) su di me. Forse ancora più che questo, mi ha terrorizzato il pensiero che dopo un anno lui non si sentisse libero di essere se stesso con me – e quindi l’idea di stare con una persona costruita, uno "sconosciuto", nonostante il mio impegno per ascoltarlo e farlo sentire in uno spazio sicuro. Quando ci siamo confrontati, lui mi ha spiegato che il suo eccesso di accondiscendenza non era dovuto a un mio modo sbagliato di pormi, ma a un trauma che si portava dietro dalla sua precedente relazione; al che mi ha chiesto, solo nel caso avessi voluto, di dargli un’altra chance, con la promessa che sarebbe cambiato e avrebbe cercato di essere più se stesso, senza farsi troppe paranoie inutili. Io però non me la sono sentita, sia perché nelle settimane precedenti ci sono stata parecchio male (e prima di lui non ho mai sofferto di cose del genere), sia perché quel cambiamento gliel’avevo già chiesto qualche mese prima e non è mai arrivato veramente. Ne ho dedotto che chiedergli ancora di cambiare non sarebbe stato proporgli un compromesso, ma imporgli un sacrificio che (almeno per ora) non mi è sembrato "attrezzato" ad affrontare realmente.

Oggi non so dire se provo ancora qualcosa per lui o se è solo nostalgia o paura di rimanere da sola. Certo, speravo che il sentimento da solo fosse sufficiente per risolvere queste problematiche, ma non voglio una relazione in cui sia tutto pesante e cervellotico (uno “psicanalizzarsi” a vicenda continuo) e in cui mi devo mettere costantemente in discussione fino a stare male. A posteriori mi sento di aver fatto tutto il possibile per lui e per noi e di aver preso la decisione più corretta nei confronti di entrambi. Ma allora perché, invece di essere sollevata (da una parte sì lo sono, ma non completamente), sono impantanata in un misto di tristezza, rabbia nei suoi confronti, delusione, il senso di colpa per aver perso la persona giusta (?) per delle cose che forse per altri potrebbero essere risolvibili, il retropensiero subdolo di non aver fatto comunque abbastanza? C’è qualcosa che posso fare nel concreto per vivere meglio questa situazione e andare avanti?

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