Non so se sbaglio a lasciare il mio fidanzato o faccio la cosa giusta (II parte)
Gentili dottori, vi ringrazio per le vostre risposte. Volevo esporvi le mie riflessioni seguendo l'invito a farlo di alcuni di voi ai quali non sapevo come rispondere se non postando un'altra domanda.
Vi aggiorno che ho deciso di prendermi una settimana di distacco solo per me, l'ansia stava arrivando di nuovo a livelli alti e avevo bisogno di restare da sola. A volte ho l'impressione di essere un bambino che vuole toccare il fuoco e che soffre sia ad attraversare le fiamme per le bruciature che provoca, sia a rinunciarvi dovendo sottrarsi anche al suo tepore per non soffrire. Al momento sento che le 'bruciature' sono state troppe e quindi mi sono allontanata.
Stando un po' da sola con me l'ansia non è sparita, anche se sono consolata dal fatto di non vederlo, perché ormai ogni volta che lo facevo era sempre peggio, pensavo solo ai problemi in maniera pressante. Nella solitudine anche in soli due giorni, sto percependo la reale misura del mio malessere. Ho veramente bisogno di uno psicologo, mi sento ridotta all'ombra di me stessa, in macerie e completamente da ricostruire. Non ero mai arrivata a un punto del genere, mi sento veramente smarrita. Da persona forte, positiva e aperta verso la vita, ora non so nemmeno gestire gli eventi più piccoli della quotidianità senza sentirmi stanca. L'ansia non da tregua, è ingombrante e mi pesa sull'animo. Al momento non ho le risorse economiche per farlo perché sto dedicando tutte le energie a finire di scrivere la mia tesi di laurea con l'obiettivo di tornare a lavorare. Ho sempre cercato di attivarmi per risollevarmi da situazioni critiche anche chiedendo aiuto quando necessario, ma in questo momento ho un ostacolo pratico da superare, e spero di avere la forza di oltrepassarlo in breve tempo.
Il distacco al momento mi parla soprattutto di me ed è sconsolante ciò che provo. Mi guardo allo specchio dell'anima e non mi riconosco più e la cosa mi rende triste. Obiettivamente non ho le forze di prendermi cura della relazione, perché sento di non averle nemmeno per me stessa.
Lui mi ha detto che per la mia felicità è disposto a non rivedermi mai più se è questo che mi farà stare meglio, se significa la mia serenità ma considerare di affrontare anche il dolore della separazione è ugualmente difficile. Il problema reale è che mi sento troppo debole per qualsiasi cosa. Ho bisogno di un sostegno psicologico e dover aspettare ancora per averlo è un'idea che mi provoca un'angoscia ulteriore. Ho paura di non sopportare a lungo tutto questo, mi sento come se mi stessi 'dissolvendo' nell'acido corrosivo del mio malessere.
Per quanto riguarda la mia percezione di lui e della relazione, so che è molto difficile proseguire, per non dire impossibile. Il mio fidanzato è una persona buona e questo è assodato, ma è anche una persona estremamente insicura e con una bassa autostima che si appoggia troppo sugli altri (e si rispecchia in ogni ambito della sua vita questa insicurezza). Vive in un mondo tutto suo in cui si tiene al riparo dalla realtà e dai giudizi negativi, che teme tantissimo. Ha già una bassa autostima, ma così facendo non fa altro che peggiorare la sua situazione. Non si rende conto dei propri limiti e quindi non può migliorarsi. Ho compreso che i nostri conflitti nascevano perché lui non vuole mettersi in discussione, quando gli esprimevo una critica su un comportamento o un'abitudine che mi facevano soffrire o preoccupare, lui si sentiva colto in fallo e non riusciva ad ammettere di sbagliare, perché troppo frustrante pensare di essere mancante in qualcosa. Nei momenti successivi era iper critico su se stesso, senza clemenza nemmeno per sé, ma dopo preferiva riaccomodarsi nel suo mondo perfetto, non pensare a cose impegnative, non affrontare le difficoltà sperando i problemi si risolvessero da soli. Guardandolo a distanza... mi sembra che abbia un handicap relazionale enorme, che superficialmente non si nota, ma che osservando bene, mi spaventa. Come si può essere tanto inconsapevoli e riuscire a vivere così senza in realtà entrare in contatto profondo con il mondo e con gli altri? Mi da l'impressione di essere estremamente fragile anche se impermeabile all'ascolto e in parte quindi protetto superficialmente. L'amore era per lui un paracadute per la sua situazione esistenziale, apparentemente frenetica ma in realtà vuota di progetti concreti di crescita personale.
Stavo lì ad essere responsabile di tutti e due, sperando si decidesse a rimboccarsi le maniche e invece non facevo che sobbarcarmi un superlavoro che non toccava a me né potevo reggere fino a superare ogni sopportazione umana. Mi chiedo perché l'abbia fatto. Per senso di protezione? E intanto quella che si sente a pezzi e ha l'ansia sono io, non lui. Sono entrata in quel suo mondo fatto di amore zuccheroso e colorato, ma irreale. Io percepivo la distorsione ed è stato frustrante, perché volevo rimanere coi piedi per terra e spingevo per restarci mentre lui spingeva nel senso opposto verso un mondo che non esisteva fatto solo di cose idilliache e perfette (ma illusorie).
A me non importa mettere in discussione tutto di me stessa, voglio stare bene, tornare una persona serena e appagata della vita. Nel mentre trovo le risorse per contattare uno psicologo, cosa mi consigliate di fare per resistere nella mia condizione? Qual è la cosa migliore che potrei fare?