Salve a tutti. Credo di provare qualcosa per la mia psicologa. Non so se sono io che voglio vederla così, ma comunque fin dal primo incontro mi ha folgorato tanto per l'aspetto quanto per il suo essere. Fin dall' inizio disse di sentire che tra noi c'era una forte intesa, parecchi punti in comune e che era "pronta a mettersi in gioco emotivamente con me". Sin da questo primo incontro e sino ad ora mi ha accolto e congedato, dopo la seduta, con abbracci ampi e forti. Una volta, io nell'abbracciarla avevo gli occhi chiusi, lei parve stringersi di più dicendo: "scusami, mi è venuto spontaneo farlo". Nell' ultima seduta parlando, sono venute fuori le nostre date di nascita e se ricordo bene dovrebbe avere 6 anni meno di me. Quando parla mi perdo nel suo sguardo distraendomi quasi completamente, e lei si accorge di ciò, infatti mi ha chiesto un paio di volte a cosa pensavo, ed io ho risposto altro. Inoltre provo una specie di formicolio allo sterno e un'emozione calda che mi avvolge. Insomma non so cos'è ma di sicuro mi piace moltissimo, è una bella ragazza, è gioviale, mi ha da subito consentito di darle del tu. L'orientamento ideologico è lo stesso credo (io sono un democratico). Infine, non capisco da cosa dipenda il fatto che quasi sempre alla fine di queste sedute, provo una profonda tristezza. Non ne vengo a capo e non so se sia meglio per entrambi che io sia davvero infatuato oppure no. Vorrei solo capire, ma credetemi: sogno di essere il suo compagno e di vivere nel suo mondo, frequentare i suoi luoghi. Per me sarebbe la perfezione! La ragione sembra dirmi che è meglio non pensarci più; le mie emozioni sapete cosa dicono. Un grazie a chi mi risponderà! Ciao
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23 GIU 2016
· Questa risposta è stata utile per 7 persone
Gentile Mario,
è molto probabile che tu stia amplificando l'empatia della collega (che mi sembra eccessiva) fino a sognare ad occhi aperti!
Va bene mettere a proprio agio i pazienti con una breve iniziale fase sociale, va bene consentire il "tu", va bene la gentilezza e l'empatia ma accoglierli e congedarli con un abbraccio mi sembra fuori luogo e in certi casi, come ad es. il tuo, può rivelarsi fuorviante e sbagliato : la stretta di mano è più che sufficiente anche perchè, quando serve per la terapia, il paziente può essere accarezzato e abbracciato anche con lo sguardo, con le parole adatte e con il tono di voce.
Ciò detto, anch'io ritengo che dovresti aprire in seduta il tema su queste emozioni che provi e soprattutto sulla tristezza che ti prende a fine seduta per poter avere interessanti feedback dalla tua psicologa.
Un cordiale saluto.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).
24 GIU 2016
· Questa risposta è stata utile per 4 persone
Caro Mario
posso molto bene comprendere le sue emozioni e il suo stato d'animo che, fin da subito, ha avuto questa "folgorazione" nell'impatto con la sua psicologa.
Quando il paziente arriva per il primo incontro nello studio è in una condizione di fragilità e di difficoltà tale che subito "proietta" sul terapeuta i suoi bisogni emotivi assorbendo (come una spugna) quello che gli viene dato.
Dal canto suo il terapeuta deve saper dosare sapientemente i gesti e le parole perché quello che fa e dice è della massima importanza.
Diciamo che si tratta di mettere a proprio agio il paziente e di accoglierlo emotivamente ma, un confine certo deve esserci fin da subito.
Nella situazione che lei descrive manca questo "confine certo", non solo è mancato fin da subito, ma sembra che la terapeuta volga ad oltrepassarlo con questi "abbracci esagerati" e strette quasi intime.
Diciamo che la collega, essendo giovane e carina, viene ben recepita da lei!
Se fosse stato un terapeuta uomo ad es. lei avrebbe accettato queste effusioni?
Non credo proprio.
Lo spazio della terapia risulta essere come "invaso" da elementi che distraggono e non c'entrano.
Credo che la percezione della tristezza a fine seduta sia dovuto ad un comprendere (inconsciamente) che le cose non stanno andando proprio nel verso giusto.
A mio parere dovrebbe parlarne del tutto apertamente con la Dott.ssa e ristabilire giusti confini ai fini di una terapia efficace.
Un caro saluto
Dott. Silvana Ceccucci psicologa psicoterapeuta.
23 GIU 2016
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Buongiorno Mario, pur con tutte le, immaginabili, difficoltà sarebbe sicuramente utile condividere con la sua terapeuta ciò che prova e pensa di lei. Questo è un "materiale clinico" attuale e molto vivido che può essere utilizzato sia rispetto a come gestisce ora le relazioni, sia rispetto a come ha cominciato a gestirle ed ha trovato l'attuale modalità come la più funzionale, per lei in questo ambito della sua esistenza. Dunque, come vede, è molto utile. Tuttavia, devo essere onesto: fatte salve le buone intenzioni e la professionalità deontologica della collega, almeno da come lei Mario, ha descritto tale relazione clinica, ho percepito una forte ambiguità nella relazione stessa. All' interno di una psicoterapia, però, l'ambiguità (diretta, indiretta, primaria, secondaria, etc. etc.) è proprio un qualcosa, è mia convinzione, da evitare, quasi come la peste (anche se alcuni colleghi potrebbero utilizzarla, per breve tempo, ma in modo strategico, per ottenere alcuni tipi di informazioni; ma, eventualmente, solo per questo, momentaneo e chiaro, obiettivo); dunque, condivida, prima possibile, queste sue emozioni nei suoi confronti; non so per quale motivo lei abbia scelto di iniziare una terapia, ma per qualunque motivo (fosse anche quello di migliorare la sua gestione delle relazioni con il sesso opposto), il nascondere o evitare alcuni sensi di Sè, proprio in psicoterapia, non permette, generalmente, di instaurare una relazione funzionale al raggiungimento di una sua migliore qualità di vita percepita.
Buona fortuna
dott. Massimo Bedetti
Psicologo/Psicoterapeuta
Costruttivista-Postrazionalista Roma
23 GIU 2016
· Questa risposta è stata utile per 6 persone
Caro Mario,
capita spesso in psicoterapia che ci si possa invaghire del proprio/della propria terapeuta, non è patologico in quanto si trattano tematiche molto importanti per sé e soprattutto perché si sperimenta una relazione empatica di interesse, supporto e condivisione di obiettivi e questo attiva inevitabilmente delle emozioni. Non abbia paura a raccontare ciò che sta vivendo alla sua psicologa, sicuramente sarà davvero utile al percorso clinico che state facendo insieme.
23 GIU 2016
· Questa risposta è stata utile per 6 persone
Caro Mario,
molti possono essere i motivi che possono spingere un paziente ad invaghirsi del suo terapeuta, trovo ad ogni modo che sarebbe utile sviscerare queste questioni in terapia parlandone direttamente con la psicologa. Da quanto scrive sembrerebbe infatti che tutto questo non si stia rivelando utile o quantomeno non renda particolarmente facile focalizzarsi sul lavoro terapeutico... anche questa é una questione da considerare all' interno della vostra relazione terapeutica facendo un punto della situazione.
Rimango a disposizione, un caro saluto