Reazione e gestione dello stato di emergenza

L'artico è stato estrapolato dal mio lavoro di tesi di laurea e aggiornato in riferimento all'attuale stato di pandemia mondiale.

1 GIU 2021 · Tempo di lettura: min.
Reazione e gestione dello stato di emergenza

Disastro è una parola composta dal prefisso dis- (che esprime valore negativo) e dalla parola astro, quindi "cattiva stella".

Il primo a proporre una definizione di tale fenomeno fu il sociologo Fritz, secondo il quale: «disastro è un evento concentrato nel tempo e nello spazio, nel quale una società subisce gravi danni e perdite tali da impedire lo svolgimento delle funzioni sociali essenziali» (cit. in Lavanco, 2003: p. 11).

Questa definizione è stata sottoposta a numerosi aggiustamenti legati al fatto che, un disastro non è sempre delimitato in un tempo o in uno spazio ben precisi..

Si arriva quindi alla conclusione che, la caratteristica essenziale che deve possedere un evento, per essere definito disastro, è il suo impatto traumatico collettivo e di conseguenza, il fatto di suscitare reazioni collettive, sia a livello pratico (comportamenti collettivi, azioni sociali), che a livello emotivo ed immaginario.

Una pandemia (dal greco pandemos, "tutto il popolo") è una malattia epidemica che, diffondendosi rapidamente tra le persone, si espande in vaste aree geografiche su scala planetaria, coinvolgendo di conseguenza gran parte della popolazione mondiale, nella malattia stessa o nel semplice rischio di contrarla.

Il comportamento individuale, che si può avere in situazioni d'emergenza, raramente si traduce in un comportamento collettivo come somma dei singoli comportamenti.

In particolari situazioni una collettività legata ad una precisa situazione spazio-temporale, diventa una specie di organismo autonomo, dotato di un proprio comportamento rispetto agli individui che la compongono.

Molto spesso infatti, i singoli individui, assumono atteggiamenti imprevedibili e per essi inspiegabili, influenzati da qualcosa di irrazionale determinato dal comportamento degli altri.

Per esempio, nonostante numerosi studi, non è possibile individuare una regola generale che sovrintenda al comportamento della folla, in quanto sono diversi i motivi che portano all'assembramento delle persone, a loro volta diverse per caratteri sociali, religiosi, politici, ecc.

Anche il disastro, in quanto situazione anomala, scatena reazioni particolari, definite comportamenti reattivi, non sempre razionali e coerenti.

Tali comportamenti si distinguono in:

  • collettivi, se si manifestano in gruppi o intere comunità;
  • individuali, quando si manifestano in individui isolati, generalmente fragili.

Chi vive un periodo di emergenza collettiva, anche se supera l'evento senza subire danni, riporta in forma più o meno lieve danni non visibili ma non per questo meno profondi e dolorosi.

Questi danni sono traumi che colpiscono la psiche, dovuti sia alla paura prodotta dall'evento che alla paura che lo stesso possa ripetersi.

Tali insulti psichici possono generare:

  • reazioni emotive esagerate: si manifestano subito dopo l'evento (reazioni immediate), ma possono presentarsi anche dopo alcuni giorni (reazioni tardive). Sono reazioni normali, di breve durata ed improvvise, che quando scompaiono non lasciano conseguenze;
  • reazioni nevrotiche: si manifestano con crisi d'ansia o crisi isteriche con gli stessi sintomi delle nevrosi post traumatiche;
  • reazioni psicotiche gravi: si manifestano con stati di confusione mentale e nelle forme più gravi con stati deliranti; il soggetto perde la percezione del proprio stato di salute e l'istinto di conservazione.

Il dopo catastrofe può modificare l'equilibrio dei rapporti tra le vittime, sia nell'ambito famigliare, che nei rapporti interpersonali e di gruppo.

Vivere un evento traumatico e tragico, da un lato può rafforzare i rapporti all'interno della famiglia, tra un gruppo di conoscenti o amici; dall'altro li può modificare, fino a esasperarli ed interromperli.

I rapporti migliorano perché si è stati vittime dello stesso evento catastrofico, si sono condivise e superate grandi difficoltà, si è stati solidali con scambi reciproci di aiuti materiali e conforti morali.

Le cause di tensioni e fratture nei rapporti interpersonali possono essere: la convinzione che gli altri non diano abbastanza, che ciò che danno è sbagliato, l'impressione di non essere in grado di dare ciò che gli altri si spettano. L'insorgere di difficoltà nelle relazioni famigliari ed interpersonali, può provocare reazioni quali: la diminuzione dell'efficienza nelle attività lavorative, l'aggressività, l'abbandono delle attività favorite, l'incremento dell'uso di tabacco e di alcool, l'uso di sostante psicotrope.

È necessario che le vittime di una catastrofe, superata l'emergenza dell'immediato post catastrofe, affrontino al più presto la nuova realtà, anche se cruda, al fine di accettare l'evento. Questo processo può avvenire spronando noi stessi a fare l'inventario dei danni subiti, iniziare a uscire sentendo la differenza con il periodo precedente, calcolare la perdita economica, valutare gli effetti dello stress lavorativa se si è stati impegnati come personale necessario alla gestione della pandemia, partecipare al funerale delle vittime.

La solidarietà reciproca, cioè l'aiuto anche emozionale di altre persone, porta sollievo in quanto condividere sentimenti con chi ha avuto la stessa esperienza, è importante per accettare l'evento stesso.

Non tutte le vittime di una catastrofe scelgono di impegnarsi a favore degli altri. Molte scelgono, come mezzo per controllare le proprie emozioni, l'intimità, preferendo rimanere soli, con la famiglia o con gli amici più intimi.

La vittima, noi tutti, dobbiamo essere in grado di decidere se stare o no con gli altri.

Se l'attività o l'apatia assumono dimensioni esagerate, diventano fattori negativi che ritardano il miglioramento psicologico e il reinserimento nella vita quotidiana.

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Scritto da

Dr.ssa Chiara Di Vanni

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Bibliografia

  • C. Castelli, F. Sbattella, Psicologia dei disastri. Interventi relazionali in contesti d'emergenza (Roma, 2003).
  • C. Di Vanni, Tesi di Laurea "Umorismo e disastri" (Palermo, 2007).
  • G. Lavanco, Culture di gruppo (Milano, 2002).
  • G. Lavanco, Psicologia dei disastri. Comunità e globalizzazione della paura (Roma, 2007).

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